venerdi 09 maggio 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



Clicca qui






Bet Magazine Rassegna Stampa
09.05.2025 Francia: quale futuro per gli ebrei?
Commento di Ilaria Myr

Testata: Bet Magazine
Data: 09 maggio 2025
Pagina: 10
Autore: Ilaria Myr
Titolo: «Francia: quale futuro per gli ebrei?»

Riprendiamo da BET Magazine di maggio 2025, a pag. 10, con il titolo "Francia: quale futuro per gli ebrei?", il commento di Ilaria Myr

Doveva essere una manifestazione "contro il razzismo", ma a Parigi, lo scorso 22 marzo, è andato in scena il solito antisionismo, con bandiere e slogan palestinesi. 

 

Centinaia di bandiere palestinesi, vendute in banchetti sparsi nelle città. Molte persone con kefiah in testa o al collo, che gridano “Abbasso lo Stato, i fascisti e i poliziotti”, “Sionisti-fascisti, siete voi i terroristi”, “Israele assassino, Macron collabo”. Cartelli con immagini di bambini palestinesi uccisi dalle bombe e bambole di plastica ricoperte di (finto) sangue. Sullo sfondo, i boulevards francesi, le piazze, lo spazio pubblico invaso dai vessilli pro-pal.

Doveva essere una manifestazione contro il razzismo quella che si è svolta in molte città francesi il 22 marzo, che nelle volontà degli organizzatori – i sindacati, le organizzazioni antirazziste e il partito di estrema sinistra La France Insoumise (LFI) – avrebbe richiamato centinaia di migliaia di persone.

Quella che è andata in scena è invece una sfilata di appena 90.000 persone in tutto il Paese, in cui dominavano le bandiere palestinesi ed erano totalmente assenti quelle francesi. (Ma è forse molto diverso qui in Italia? A ogni corteo, che sia contro il governo e le sue leggi, o per la difesa dei diritti dei lavoratori, le bandiere palestinesi ormai sono onnipresenti, nonostante non abbiano alcun legame con il motivo per cui si scende in piazza…). Una manifestazione che sarebbe dovuta essere contro l’odio, intrisa invece proprio di odio e violenza: contro chi? Contro il governo francese, la polizia, i “fascisti”. E, ovviamente, i “sionisti”, cioè gli ebrei. A conferma che per molti si può essere antirazzisti e antisemiti insieme.

Eppure, l’antisemitismo non è forse una forma di razzismo? Non per i manifestanti, che non l’hanno mai menzionato (nonostante la crescita esponenziale nel paese di episodi dal 7 ottobre a oggi) e che anzi hanno urlato contro Israele, arrivando anche ad attaccare un uomo che portava un cartello con la foto di Kfir Bibas e a strappare i volantini con immagini degli ostaggi ancora a Gaza. Ma non hanno neanche mai citato i palestinesi che, rischiando la vita, scendono nelle strade di Gaza per protestare contro Hamas e chiedere la fine della guerra e la liberazione degli ostaggi. Un’ipocrisia, questa delle piazze e università occidentali (comprese quelle italiane) “propalestinesi”, che viene criticata dagli stessi abitanti di Gaza, che sui social condannano la volontaria miopia di chi dice di essere dalla loro parte, ma di fatto sostiene il suo oppressore, Hamas.

Coincidenza (o forse no?) inquietante: lo stesso pomeriggio, a Orléans il rabbino Ariè Engelberg viene aggredito da un sedicenne a morsi e insulti davanti al figlio di nove anni mentre escono dalla sinagoga.

«Per me il sionismo è il nemico numero uno dell’umanità – dice un manifestante a Parigi, in un video girato sui social -. Sono i sionisti, cioè gli ebrei, che manipolano i media. Ed è Israele, con gli Stati Uniti, che ha creato Hamas».  «Si può essere sionisti e antisemiti, si può essere antisemiti e antisionisti, si può giocare con tutti questi termini – dichiara convinta una signora sulla cinquantina passata. – Ci sono alcuni che sono antisemiti, che sono contenti che gli ebrei partano per Israele, quindi sono sionisti. Si possono mettere insieme queste parole come si vuole». E l’ignoranza, come si vede, regna sovrana.

Alla domanda «perché Israele secondo lei ha rotto il cessate il fuoco», un signore – con addosso una maglietta con un pugno su cui è disegnata una bandiera palestinese – rimane in silenzio, per poi dire «Non sono aggiornato sui fatti di attualità». Mentre una donna sulla trentina, con figlio nel passeggino e kefiah al collo, alla domanda «Hai sentito parlare dei bambini con i capelli rossi (i Bibas, ndr) di cui tanto si è detto sui media?», risponde candida «No, mai sentito». E un giovane ammette con sufficienza di non sapere che l’Onu aiuta i gazawi attraverso l’Unrwa e di «non conoscere abbastanza l’argomento e non sapere neanche definire che cosa sia il sionismo».

E che dire, poi, della partecipazione attiva al corteo di Parigi di Elias d’Imzalène, leader del collettivo Urgence Palestine, a cui era già stata inflitta una condanna a cinque mesi di carcere con la condizionale per aver invocato una “intifada” a Parigi lo scorso settembre? Il 12 marzo, quest’uomo dalla lunga barba nera ha stretto innumerevoli mani, tutto sorridente.

La France Insoumise di Mélenchon

LFI e le immagini degli anni più bui

Tutto ciò, in realtà, non è stato affatto una sorpresa. Innanzitutto, vista la vocazione populista di LFI (La France Insoumise), era immaginabile che un tema come il razzismo venisse manipolato e sfruttato in chiave politica. Ma era soprattutto prevedibile che molti francesi, che avrebbero sfilato volentieri contro il razzismo, abbiano deciso di non farlo dopo che il 21 marzo era uscita sul profilo X di LFI un’immagine in bianco e nero, realizzata con l’Intelligenza Artificiale, del conduttore televisivo e radiofonico ebreo tunisino Cyril Hanouna, con le sopracciglia aggrottate e lo sguardo aggressivo, che invitava a “manifestare contro l’estrema destra, le sue idee e i suoi ambasciatori” (Hanouna è infatti molto vicino all’imprenditore conservatore Vincent Bollorè). Un’immagine purtroppo molto evocativa dei codici visivi della propaganda antisemita nazista, e in particolare della locandina di uno dei film emblematici del cinema hitleriano, Süss l’ebreo (1940), lungometraggio di Veit Harlan, uno dei più illustri registi del regime nazista insieme a Leni Riefenstahl, ritirato dalla distribuzione dalla fine della Seconda guerra mondiale. Nel film, che parla di Joseph Süss Oppenheimer, un ebreo di corte vissuto nel Württemberg all’inizio del XVIII secolo, il protagonista è ritratto come un ladro sedizioso e criminale, le cui azioni servono a giustificare al popolo tedesco le misure antiebraiche dell’epoca. Alla sua uscita, fu un grande successo in Germania, con dieci milioni di spettatori.

«È una caricatura che ci riporta alle ore più buie (…). Non c’è dubbio, è stata fatta deliberatamente -, ha commentato pochi giorni dopo Hanouna nel suo programma sull’emittente radiofonica Europe 1-. Ciò che pone un problema enorme è che hanno ritoccato i miei lineamenti per farli combaciare con la locandina di un film antisemita del 1940».

Disagio e manipolazione

L’immagine è stata ritirata dal profilo social di LFI il giorno dopo, ma intanto il sasso è stato lanciato, provocando polemiche e malumori. Marine Le Pen si è detta «indignata» per quelle che ha definito «foto che sono ovviamente riferimenti a vignette antisemite», e anche il presidente del Senato, Gérard Larcher, ha dichiarato che le immagini erano «insopportabili» e «intollerabili», arrivando ad affermare che LFI «a volte usa forme di espressione di un partito antisemita».

«Mille altre immagini avrebbero potuto rappresentare l’estrema destra. LFI ha scelto un ebreo e gli ha dato un naso adunco», ha dichiarato l’Union des étudiants juifs de France. Mentre Yonathan Arfi, presidente del Consiglio di rappresentanza delle istituzioni ebraiche in Francia (CRIF) ha dichiarato: «Non c’è bisogno di conoscere la storia per capire che questa iconografia è tipicamente antisemita».

Ma anche all’interno dei sindacati organizzatori della manifestazione non sono mancati disagio e delusione, tanto che Sophie Binet, segretaria generale della Confédération générale du Travail (CGT), temendo che questo incidente potesse oscurare il messaggio politico della marcia, qualche giorno prima dell’evento ha denunciato i «manifesti altamente offensivi con una dimensione antisemita inaccettabile», promettendo che «molte associazioni che combattono l’antisemitismo […] saranno in prima fila con i sindacati, che hanno dato il via a queste manifestazioni». In modo ancora più veemente, la co-delegata del sindacato Solidaires, Julie Ferrua, ha dichiarato all’AFP che gli Insoumis stavano «rubando la priorità agli organizzatori e dirottando le manifestazioni».

Eppure, davanti a queste incontestabili accuse, LFI ha risposto attaccando. «Per carità, dateci tregua, concentratevi su ciò che si dice veramente – ha protestato il leader di LFI Jean-Luc Mélenchon -. Non siamo antisemiti, e non abbiamo nulla a che fare con il razzismo», e ha poi zittito un giornalista che lo intervistava, accusando i media di «trasmettere la propaganda delle reti di estrema destra (i canali CNews, Europe 1 e Le JDD sono di proprietà di Bolloré, ndr), che si pavoneggiano perché ci accusano ancora una volta», e ha accusato i suoi detrattori che «hanno in casa collezioni di manifesti di estrema destra lasciati loro dai nonni. Noi non abbiamo quei manifesti, non ne siamo a conoscenza». Nessun rammarico o tentativo di scusarsi, quindi, ma solo un tiepido riconoscimento di “goffaggine nella forma” del messaggio di invito alla manifestazione, e soprattutto una strumentalizzazione politica, al grido di “è la destra fascista che ci attacca”.

Dal canto suo, Cyril Hanouna ha subito avviato un’azione legale contro LFI, che ha portato il tribunale giudiziario di Nanterre a condannare il partito a pagare 3.500 euro a Hanouna per violazione dei “diritti di immagine”.

Un male cresciuto in seno alla sinistra

Anche qui, però, niente di nuovo sotto il sole. Da quando è uno dei protagonisti della scena politica francese, il leader di La France Insoumise Mélenchon è stato più volte accusato di fomentare l’antisemitismo nelle sue infuocate dichiarazioni contro Israele e per la Palestina, che trovano un’audience privilegiata nel folto elettorato musulmano.

Ma non è solo LFI il problema. «Il manifesto di Cyril Hanouna è il risultato di un quarto di secolo di errori, ma anche di eccessi, da parte di una parte della sinistra che si è dimostrata incapace di comprendere il ritorno dell’antisemitismo e la sua gravità», ha scritto su Le Monde lo storico francese Robert Hirsch, autore tra gli altri del libro La Gauche et les juifs. E se Mélenchon arriva a dire che loro di LFI “non conoscono i manifesti di estrema destra” degli anni ’30 di stampo antisemita, la situazione è grave. «O non conosce le caricature antiebraiche del passato, a cui nessuno può credere, o ritiene che non sia vietato usare immagini antisemite. È una questione seria», conclude Hirsch.

Più di 200 intellettuali francesi hanno sollevato la stessa questione il 21 marzo, alla vigilia della manifestazione, con un editoriale su Le Monde, in cui condannano l’uso dell’antisionismo “come pretesto per l’antisemitismo” e chiedono alla Repubblica Francese di “proteggere gli ebrei inserendo l’antisionismo nella sua legge come nuova forma di antisemitismo”, scrive il gruppo dei firmatari. Agli ebrei, però, tutto ciò è chiaro già da tempo, soprattutto a quelli di sinistra, che sono arrivati a pubblicare, il 1 marzo, un editoriale su Le Monde (qui sotto), per denunciare l’indifferenza e il silenzio da parte dell’estrema sinistra verso l’incremento esponenziale e violento dell’odio contro gli ebrei in Francia, che ha già causato molti morti.

“Noi, ebrei di diverse convinzioni politiche, ma tutti appartenenti all’ampia famiglia della sinistra, desideriamo esprimere il nostro sgomento e la nostra indignazione per l’antisemitismo che sta fiorendo tra coloro che, in passato, erano o avrebbero potuto essere nostri alleati” si legge nell’articolo pubblicato il 1 marzo su Le Monde, firmato da diversi intellettuali, fra cui Daniel Cohn-Bendit, ex deputato al Parlamento europeo, e la storica Annette Wieviorka.

“Di fronte alle svastiche e ai graffiti antisemiti spruzzati sulle finestre e sulle cassette delle lettere, non abbiamo trovato altro che silenzio, negazione e indifferenza da parte dell’estrema sinistra. Gli abusi contro i civili e gli ostaggi israeliani non sembrano smuovere questo stesso movimento di sinistra, che pure si professa difensore dell’umanità – continua –. Siamo stupiti che l’esplosione antisemita che si sta verificando nel nostro Paese dal 7 ottobre 2023 (1.570 atti per i quali è stata presentata una denuncia l’anno scorso, cioè più di quattro al giorno) non preoccupi coloro che di solito si esprimono contro il razzismo (…). Ci eravamo abituati a vedere i social network trasformarsi in fogne di odio antiebraico, ci eravamo rassegnati alle battute nauseanti che passano per umorismo. Ma nulla ci aveva preparato, noi ebrei di sinistra, alla diserzione di intellettuali e pensatori di buona coscienza e virtù che, invece di lottare con noi per la pace, ci hanno isolato e stigmatizzato, non esaminando i presupposti delle loro scorciatoie e amalgami. La parola ‘sionista’ è diventata un insulto. Solo agli ebrei ‘antisionisti’ viene perdonato di essere ebrei. (…) Siamo ormai l’unica minoranza che, se esprime il suo sentimento di esclusione, si sente esclusa. Siamo ormai l’unica minoranza che, se esprime il suo sentimento di esclusione e protesta contro la stigmatizzazione, viene accusata in cambio di sfruttare la sua sofferenza; siamo l’unica minoranza ignorata o ridicolizzata dal movimento politico che dovrebbe difendere gli esclusi. (…) Ci stupisce che i progressisti, che denunciano il terrificante numero di morti e feriti civili a Gaza, un numero che grava su di noi quanto su di loro, dimentichino di denunciare Hamas. (…) Sia chiaro: questa sinistra non vuole la pace. Si nutre di odio e alimenta l’odio. Fomenta il rifiuto e le divisioni, orgogliosa della sua virtù semplicistica e della sua lettura univoca di una storia complessa. Questa sinistra non sa più interrogare la realtà e non sa più dare risposte ai suoi sconvolgimenti. (…) Con il pretesto dell’’antisionismo’, alimenta l’antisemitismo e accelera sotto i nostri occhi il trionfo mortale degli estremi. Ancora una volta, gli ebrei si trovano al centro della crisi della Repubblica (francese, ndr) e dei suoi valori universali. Non hanno voluto giocare questo ruolo, ma va detto che il futuro morale e politico della nostra società è ancora una volta messo in gioco dalla questione ebraica”.

Per inviare a Bet Magazine la propria opinione, telefonare: 02/483110225, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


bollettino@tin.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT