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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Newsletter di Giulio Meotti Rassegna Stampa
07.05.2025 Abbiamo distrutto il nostro modo di vivere
Newsletter di Giulio Meotti

Testata: Newsletter di Giulio Meotti
Data: 07 maggio 2025
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Abbiamo distrutto il nostro modo di vivere, lo abbiamo chiamato 'progresso' e chi si lamenta è 'reazionario'»

Riprendiamo l'articolo di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Abbiamo distrutto il nostro modo di vivere, lo abbiamo chiamato 'progresso' e chi si lamenta è 'reazionario'".


Giulio Meotti

Il multiculturalismo si è tramutato in islamizzazione e nessuno se ne è accorto. Il caso di Birmingham è esemplare. La città inglese ha ormai perso la sua identità occidentale.

Tutti sanno che il multiculturalismo e l’immigrazione di massa stanno cambiando volto alle città europee e non certo in meglio. Ma se lo dici vieni etichettato come “reazionario”, o peggio.

In Germania sembra che il problema principale ora sia designare l’AfD come una minaccia alla democrazia (c’è già qualche stato che vorrebbe direttamente metterla al bando e con loro un elettore tedesco su cinque nemico dello stato) mentre si nascondono sotto il tappeto i problemi che ne hanno già raddoppiato i voti, in Inghilterra si impedisce a un famoso scrittore critico dell’immigrazione di entrare nel paese e in Francia i giudici non vogliono lasciar correre Marine Le Pen alle prossime elezioni presidenziali.

Ma impedire alle persone di formarsi un’opinione e di poterla esprimere alle urne, specie quando in gioco c’è il loro modo di vivere, non sembra una scelta molto saggia.

“Birmingham, tanfo e invasione di ratti: la città sommersa da 17mila tonnellate di immondizia”.

Anche La Repubblica si è accorta che il multiculturalismo è fallito e che non profuma.

Cosa è successo a Birmingham, un milione e mezzo di abitanti, la seconda più grande città inglese e la più ampia autorità locale d'Europa con 101 consiglieri comunali, per finire in bancarotta e sui quotidiani e le tv di tutto il mondo, come la CNN?

Lo spiega Matt Goodwin:

“Una città in cui meno della metà dei residenti è ormai bianca, uno su tre è musulmano, la stragrande maggioranza degli alloggi popolari è andata a persone che non sono nate nel Regno Unito, uno su sette rifiuta apertamente un'identità britannica o inglese e più di uno su cinque vive in famiglie in cui gli adulti non parlano inglese come lingua principale”.

Di Birmingham ha appena parlato Ayaan Hirsi Ali in America.

Risultato? Fallimento totale. Questo è un terremoto di civiltà e ora si meravigliano che Nigel Farage stia scalzando Labour e Conservatori. Intanto politici islamici stanno conquistando la scena inglese, anche su piattaforme basate sulla sharia e la segregazione dei sessi.

La città di Birmingham ha speso 50 milioni di sterline in dipendenti pubblici che dovevano promuovere “diversità equità inclusione”. La città a guida laburista ha buttato diversi milioni in un progetto per cambiare nome alle strade che riflettessero il credo progressista, come “Diversity Grove” o “Equality Road”.

E visto che i netturbini scioperano contro Israele, ora il governo deve mandare l’esercito a raccogliere i rifiuti.

Di rifiuti tanti, ma di “diversità” se ne vede ben poca in città.

La città è stata portata al fallimento dalla causa intentata dalle dipendenti donne che reclamavano parità salariale. Dichiarando bancarotta, la città di Birmingham ora assicura solo i servizi essenziali e si è affidato all’intervento del governo centrale per ripianare il buco di bilancio. In nome della “lotta al sessismo”, ora le donne della città si ritrovano senza servizi per le donne e la maternità. Si chiama woke.

Nelle strade di Birmingham, davanti ai brand del commercio, si pubblicizza la conversione all’Islam.

“Il wokismo è una malattia autoimmune” scrive il filosofo israeliano Gadi Taub. “Attacca la nostra capacità di difendere i nostri valori. Il suo relativismo morale prima afferma l'uguaglianza di tutte le culture, poi lascia entrare i valori anti-occidentali attraverso la porta di una tolleranza sconfinata. Infine, capovolge la moralità facendo leva sul senso di colpa occidentale per proibire qualsiasi critica alle ideologie razziste, misogine, anti-gay, antisemite e anti-occidentali, purché provengano da gruppi designati come vittime dell'Occidente”.

E bisogna essere davvero ciechi per non vedere quello che succede. O per dirla con la giornalista inglese Melanie Phillips, “le élite britanniche sono nella completa negazione sull’islamizzazione dell’Occidente”.

Ancora si ricorda la sorpresa con cui la città di Birmingham accolse le parole di un commentatore di Fox News che parlò della prima città islamica del Regno Unito. Da allora, appena dieci anni fa, molto è successo.

I bambini musulmani a Birmingham hanno superato i cristiani.

Le chiese stanno diventando moschee (gli inglesi hanno chiuso 3.500 chiese in dieci anni, quindi ci sarà tanta offerta immobiliare).

Nelle moschee gli imam spiegano come si lapidano le donne.

E all’università, gli ebrei non sono più benvenuti: “Morte ai sionisti”, come in Iran.

Se non è una città fallita, al di là dei ratti e del tanfo, gli assomiglia molto.

E a Birmingham nel 2005 ci furono i primi moti da immigrazione in tutta Europa.

“Nel quartiere popolare di Small Heath, nella zona orientale della città, il 95 per cento della popolazione è musulmana” racconta Le Figaro. “Alcuni negozi hanno diversi orari di chiusura corrispondenti a quelli delle preghiere quotidiane...Le librerie sono religiose. Le agenzie di viaggio garantiscono vacanze 'Muslim friendly' con destinazioni dove ai clienti – in particolare alle clientela femminile – si offre l'accesso a strutture con spazi non misti e piscine in cui le donne possono nuotare e 'preservare la modestia’”.

Un’altra area è Sparkhill, racconta il Telegraph: “Nell'ultimo pub rimasto a Sparkhill, se le insegne della Guinness non fossero sufficienti, la scritta dipinta in oro sopra la porta dovrebbe esserlo: ‘Autorizzato a vendere alcolici di ogni tipo’. Chiaro, quindi. ‘C'erano 23 pub a Sparkhill e questo è l'ultimo rimasto’, afferma il proprietario Mark McDwyer. La moschea Salah Al-Shahrazuri è una delle cinque di Sparkhill”.

Se dunque andate nella seconda città più grande della Gran Bretagna dovete ricordarvi di non essere a Kabul o a Karachi.

E no, non è un'affermazione xenofoba. È semplicemente una descrizione. Ed è una descrizione con cui la maggior parte delle persone sarebbe d'accordo, anche se pochi oseranno dirla ad alta voce.

Strade fiancheggiate da negozi con insegne in urdu o arabo. Hijab, burqa, la chiamata alla preghiera che echeggia nei quartieri un tempo noti per i pub. Questa è la disintegrazione culturale spacciata per progresso. Camminando per le strade, si può vedere tutto con i propri occhi.

Londra è ancora la Mecca dei turisti e la città delle cartoline. Ma Birmingham è lo specchio più onesto della nazione in decadenza. Se la Gran Bretagna sta finendo, Birmingham è la radiografia completa che mostra dove si è diffuso il cancro.

Ma il degrado non è solo economico. È, senza mezzi termini, di civiltà. L'integrazione, un tempo promessa della Gran Bretagna multiculturale, si è trasformata in una farsa.

Mi immagino l’anziana coppia della classe operaia inglese la cui strada di Birmingham è diventata irriconoscibile, i loro negozi locali sostituiti da macellerie che vendono solo cibo halal, i loro servizi medici invasi, la loro cultura considerata “obsoleta”, la loro vecchia chiesa diventata una madrassa.

Alla fine del XIX secolo Birmingham era considerata la “città governata meglio al mondo”

Un tempo, Birmingham era il cuore pulsante della Gran Bretagna, l'officina del mondo. Ora è un caso di studio sul declino. Un luogo dove l'ambizione risuonava in ogni rotaia, dove le fabbriche ruggivano e i quartieri popolari brulicavano di attività. Ora tutto questo è scomparso. Ciò che rimane è un guscio vuoto, una città che ha perso la sua identità. La frammentazione religiosa ha sostituito l'unità civica.

Ora ci sono più di 200 moschee a Birmingham. E sebbene la libertà di culto sia un valore prezioso, non può sopravvivere nel vuoto. I consigli della Sharia ora operano in città, emettendo sentenze su questioni come il divorzio e l'affidamento che aggirano i tribunali britannici.

E ciò che accade a Birmingham non rimarrà a Birmingham. È il futuro verso cui molte altre città europee – l'Occidente, in generale – stanno camminando nel sonno. La domanda è se qualcuno sia disposto ad ammetterlo e se la gente continuerà a fingere che le cose non siano poi così male.

No, non va tutto bene. Birmingham ce lo dice. A gran voce e in più di una lingua, dall’inglese all’urdu, dall’arabo all’indiano. Ma chi vuole più sentire e capire?

La newsletter di Giulio Meotti è uno spazio vivo curato ogni giorno da un giornalista che, in solitaria, prova a raccontarci cosa sia diventato e dove stia andando il nostro Occidente. Uno spazio unico dove tenere in allenamento lo spirito critico e garantire diritto di cittadinanza a informazioni “vietate” ai lettori italiani (per codardia e paura editoriale).

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