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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio Rassegna Stampa
07.05.2025 Per Sansal e noi
intervista di Giulio Meotti a Kamel Bencheikhdal

Testata: Il Foglio
Data: 07 maggio 2025
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Per Sansal e per noi»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 07/05/2025, a pagina 1/4, il intervista di Giulio Meotti a Kamel Bencheikhdal titolo: "Per Sansal e per noi"

Informazione Corretta
Giulio Meotti
Kamel Bencheikh. Indigénisme et héritage des Lumières - Tribune Juive
Kamel Bencheikh: “Se lo abbandoniamo, anche in Europa si bruceranno i libri, lo scrittore è il sassolino nella scarpa di certa sinistra”. Sansal è lo specchio crudele delle ambiguità della sinistra europea: mentre un uomo libero marcisce in cella all’ombra di una spietata dittatura, troppi preferiscono il silenzio alla verità. Difenderlo è un dovere morale, non un’opzione ideologica

Roma. Boualem Sansal è in carcere in Algeria da 168 giorni. E le preoccupazioni continuano a crescere. Lo scrittore franco-algerino, critico del regime edell’islamismo politico di Abdelmadjid Tebboune, è stato condannato a cinque anni di carcere. Il comitato che lo sostiene ieri ha messo in guardia dai “rischi per la sua sicurezza”, dopo aver ricevuto “informazioni serie e coerenti” che segnalavano minacce dirette a Sansal. “I conflitti interni al regime algerino non sono estranei a questa messa in pericolo del nostro connazionale”, ha scritto il comitato, chiedendo all’Eliseo di intervenire. Lo scrittore ottantenne, malato di cancro, è sostenuto dalle due figlie, che a metà aprile hanno pubblicato una lettera aperta indirizzata a Emmanuel Macron.

Ma l’appello a Macron delle figlie di Sansal, che vivono a Praga, finora è rimasto senza risposta.

All’Assemblea nazionale la sinistra si è intanto divisa sul voto di una risoluzione che chiede la liberazione del romanziere algerino, di cui Neri Pozza a giugno pubblicherà “Vivere. Il conto alla rovescia”. Il Partito socialista lo sostiene con i gollisti, i macroniani e i lepenisti, mentre la France insoumise ha votato contro la liberazione.

Dal giorno dell’incarcerazione di Sansal, lo scorso 16 novembre, non ne è passato uno senza che Kamel Bencheikh si battesse per la liberazione del suo amico, anche con i suoi editoriali sul Monde. “Boualem Sansal è una voce di luce che è stata imprigionata” dice al Foglio Bencheikh, che ha appena pubblicato il libro “L’islamisme ou la crucifixion de l’occident: Anatomie d’un renoncement”. “Mettendo a tacere Sansal, un intero popolo viene messo a tacere, un popolo di uomini e donne integri che si rifiutano di inchinarsi a dogmi e tiranni. Boualem rappresenta la fratellanza senza confini, la libera intelligenza, l’uomo che ha fatto della parola un’arma contro l’oscurantismo. Difenderlo non significa solo difendere uno scrittore; significa difendere l’universale, la possibilità per tutti di dire ‘io’ di fronte alla folla”.

La prossima settimana, Bencheikh sarà a Praga per il Premio internazionale per la libertà di espressione. “Porterò il suo nome lì, come una torcia a cui non è permesso di morire in una cella. E lo farò anche come fondatore e membro del consiglio di amministrazione del Comitato di sostegno a Boualem Sansal, perché l’amore per un uomo libero è una forma di lealtà verso il genere umano”.

Eppure, c’è tanto silenzio a sinistra sulla sua prigionia, dalla politica agli intellettuali. “Per codardia, per confusione morale, per quella tragedia di lunga data della sinistra, che troppo spesso si chiude in se stessa e si presenta con aria spaventata. Ama le lotte lontane, 

le cause che ne lusingano l’immagine, ma abbassa lo sguardo non appena deve nominare il nemico tra coloro che ritiene di dover proteggere, a rischio di essere percepita come ‘islamofoba’. Boualem è il sassolino nella sua scarpa, la prova vivente che si può essere algerini, laici, amanti della libertà, eppure odiati dagli islamisti. Quindi, guarda dall’altra parte, e così facendo, tradisce le proprie promesse”.

Corriamo grandi rischi con questo islam politico. “Il rischio di cancellazione”, ci dice Bencheikh. “Non la cancellazione delle nostre differenze, ma la cancellazione di ciò che ci permette di vivere insieme: la libertà di coscienza, l’uguaglianza tra donne e uomini, il diritto di ridere, di criticare. L’islam politico avanza sotto mentite spoglie; colonizza le menti prima di incidere sulle leggi. Divide, intimidisce, compra complicità, costruisce muri tra le persone. Se chiudiamo un occhio, permetteremo che sul nostro suolo nasca ciò che Boualem sta combattendo laggiù: un mondo in cui i libri vengono bruciati e le donne abbassano lo sguardo”.

Per questo l’occidente deve svegliarsi dal letargo. “Sì, e da una debolezza mascherata da belle parole: dialogo, tolleranza, inclusione. Ma non c’è dialogo possibile quando l’altro si rifiuta di scendere a compromessi, non c’è tolleranza per chi vuole imporre l’intollerabile, e l’inclusione ha senso solo se avviene all’interno di un quadro comune, non attraverso eccezioni. L’occidente cerca la pacificazione come un bambino cerca la tenerezza, ma dimentica che alcuni non portano pace, ma sottomissione. L’amore per la libertà a volte richiede rabbia; la pace senza giustizia è solo una vergognosa capitolazione”.

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