Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Israele prepara la resa dei conti Analisi di Amedeo Ardenza
Testata: Libero Data: 06 maggio 2025 Pagina: 12 Autore: Amedeo Ardenza Titolo: «Israele attacca lo Yemen e prepara la resa dei conti con Hamas a Gaza «Civili spostati verso sud»»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 06/05/2025, a pag. 12, con il titolo "Israele attacca lo Yemen e prepara la resa dei conti con Hamas a Gaza «Civili spostati verso sud»", la cronaca di Amedeo Ardenza.
Dopo il missile sull'aeroporto Ben Gurion, Israele bombarda lo Yemen. Ma intanto prepara la vera resa dei conti: quella con l'Iran.
La guerra fra Israele e quella parte di mondo arabo e islamico aizzato dall’Iran è arrivata al 577° giorno. Ieri la Israeli Air Force (Iaf) ha bombardato il porto yemenita di Hodeida controllato dai ribelli Huthi al soldo di Teheran, rispondendo all’attacco missilistico del giorno prima da parte degli Huthi contro l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv. Il missile caduto nei pressi del terminal 3 dello scalo aveva provocato il ferimento di otto persone e causato una serie di cancellazioni dei voli da e per Israele da parte di numerose compagnie aree. Negli scorsi mesi la Iaf aveva colpito Hodeida altre cinque volte in risposta agli oltre 400 lanci di missili da parte degli Huthi.
Come annunciato ore prima del gabinetto di sicurezza guidato dal primo ministro Benjamin Netanyahu, le operazioni contro il gruppo terrorista legato all’arco sciita sono state coordinate con le forze armate degli Stati Uniti, impegnate da alcuni mesi contro gli Huthi per ripristinare la libertà di navigazione nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden. Le incursioni aeree contro Hodeida sono seguite ad alcuni attacchi degli americani contro obiettivi degli Huthi a Sa’ana, la capitale dello Yemen. Secondo Al Jazeera, i media affiliati agli Huthi hanno affermato che un totale di nove siti sono stati colpiti a Hodeida mentre 30 jet da combattimento sarebbero stati coinvolti nell’operazione.
L’alleato più meridionale dell’Iran sta dunque impegnando israeliani, americani e britannici al tempo stesso.
Mentre negozia con gli Usa riguardo al futuro del proprio programma nucleare, Teheran continua con la sua politica di guerra per procura, lontano dai propri confini, mentre il regime controlla il territorio e usa il pugno di ferro contro gli oppositori. Una strategia che negli ultimi giorni ha mostrato nuove crepe: passata per il momento la fase della contestazione politica nelle città, gli ayatollah e i Guardiani della Rivoluzione (Irgc) sono alle prese con un’ondata di esplosioni e incendi a infrastrutture energetiche e impianti produttivi che sorprende per durata e capillarità, segno evidente di un’operazione di sabotaggio dall’interno.
Dopo le detonazioni a catena nei giorni scorsi nel porto di Shahid Rajaee (nel sud del paese), in una fabbrica di cartone a Karaj (vicino a Teheran), di un impianto petrolchimiche di Qom (nel centro del paese), di una fabbrica di motociclette a Mashhad (nel nord), ieri un incendio è scoppiato in un magazzino di munizioni appartenente dell’Irgc a Kazeroon (nel sud dell'Iran), secondo il quotidiano londinese Kayhan, noto per la sua opposizione al governo iraniano.
E ieri la polizia di Netivot, nel sud di Israele, ha rinvenuto un ordigno esplosivo di fabbricazione iraniana nei pressi del kibbutz Alumim, uno dei teatri il 7 ottobre 2023 dei massacri di civili perpetrati da gruppi di terroristi. La bomba, scrivi il Jerusalem Post, era rimasta nella zona dopo gli attacchi di quel “sabato nero”. Gli artificieri della polizia hanno disinnescato l’ordigno che una volta di più dimostra come, che arrivino dallo Yemen, dal Libano o da Gaza, gli attacchi contro Israele sono frutto di un piano ordito dagli iraniani.
ANCORA UNA SETTIMANA
Il governo di Gerusalemme appare tuttavia molto determinato a dare una spallata definitiva a Hamas, l’alleato palestinese degli ayatollah. Tra una settimana il presidente americano Donald Trump è atteso in visita nella regione; una visita che, rivolto sempre al JPost, un alto esponente della Difesa israeliana ha definito «una finestra di opportunità» per la conclusione di un accordo fra Israele e Hamas sulla liberazione dei 59 ostaggi (ma non più di 24 sarebbero in vita) trattenuti da oltre un anno e mezzo, e sul disarmo del gruppo terroristico gazawi. «Se non ci sarà accordo, inizierà con grande intensità l’operazione Carri di Gedeone che non si fermerà fino a quando tutti i suoi obiettivi saranno raggiunti». Proprio in queste ore l’esecutivo ha messo apunto un piano per l’invasione di Gaza: l’idea è quella di spostare tutta la popolazione civile dal nord al sud della Striscia dove dovrebbe partire un piano di assistenza umanitaria. Si tratterebbe in sostanza dell’implementazione del “piano generale” per distruggere una volta per tutte l’infrastruttura del terrore messa in piedi da Hamas nel nord dell’enclave palestinese – un piano più volte avanzato dagli israeliani e più volte bloccato sul nascere dall’amministrazione Biden. Nella nuova fase dell'invasione, Israele, che domenica ha allertato migliaia di riservisti, aumenterebbe in modo significativo il proprio controllo sul territorio gazawi, arrivando fino al 40% della Striscia.
Anche in caso di un nuovo accordo con Hamas, Israele manterrebbe una zona di sicurezza dentro Gaza per proteggere il perimetro del proprio confine.
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