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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Libero Rassegna Stampa
06.05.2025 Non scordiamo la lezione di Pim Fortuyn ucciso 23 anni fa
Commento di Daniele Capezzone

Testata: Libero
Data: 06 maggio 2025
Pagina: 1
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: «Non dobbiamo dimenticare la lezione dell’olandese Pim Fortuyn, ucciso 23 anni fa»

Riprendiamo da LIBERO di oggi 06/05/2025, a pag. 1, con il titolo "Non dobbiamo dimenticare la lezione dell’olandese Pim Fortuyn, ucciso 23 anni fa", l'editoriale di Daniele Capezzone. 

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

Pim Fortuyn, leader storico olandese, fondatore di una prima lista alternativa all'establishment e assassinato in questo giorno 23 anni fa, da un estremista ecologista. Fu il primo a lanciare seriamente l'allarme sull'islamizzazione, all'indomani dell'11 settembre. E lo fece da libertario, non era un conservatore. L'hanno dimenticato tutti, purtroppo.

Sembra ieri, e invece è passato tanto tempo: oggi, 6 maggio, sono trascorsi ventitré anni dall’assassinio nel 2002 (guarda un po’: da parte di un estremista ambientalista) di Pim Fortuyn, che tra l’altro è sepolto in Italia, nel cimitero di Provesano, a San Giorgio della Richinvelda. Portiamo un fiore sulla sua tomba, se capitiamo da quelle parti: se lo merita davvero, e ricordarlo farà bene anche a noi.
Chi era Fortuyn? È stato l’eccezionale leader olandese, fondatore di una lista – poi sfaldatasi dopo la sua morte – capace di movimentare la politica dei Paesi Bassi, e da lui condotta a impensabili successi elettorali.
In tanti, in patria e fuori, cercarono di appiccicargli l’etichetta del mostro. E la demonizzazione, in Italia, colpì (perfino in luoghi teoricamente insospettabili) chiunque osasse proporre una lettura diversa del suo fenomeno. A mio avviso, infatti, Fortuyn incarnò uno schema tutto diverso rispetto alla caricatura estremista che i suoi odia tori gli appiccicarono in vita e post mortem. Era chiaramente un uomo di destra, certo: e però - ecco il punto - fautore di una linea liberale e laica. La sua vera lezione sta nel modo in cui condusse le campagne contro l’immigrazione incontrollata e contro l’estremismo islamico: non adducendo ragioni razziste, che anzi respingeva con sdegno, ma proprio in nome delle ragioni della tolleranza olandese, in nome della cultura e del sistema di valori occidentali, in nome della constatazione del rifiuto di integrarsi delle comunità islamiste più radicali, in nome della necessità di non cedere al fondamentalismo ma di contrapporre a esso le bandiere occidentali della libertà, della democrazia, del rispetto di ogni scelta personale. Aveva previsto al millimetro ciò che sarebbe successo nel tempo: non solo un’invasione “quantitativa”, ma il concreto pericolo di un’iniezione di intolleranza e fondamentalismo islamista, al punto da mettere a rischio le nostre società.
Tanto che le sue parole sembrano particolarmente adatte ai fatti della cronaca di queste ore.
Magistrali le sue campagne contro il multiculturalismo, inteso come (impossibile e dannosa) integrazione di comunità, lasciando a queste comunità spazi e territori sottratti alla legge (o affidati a una legge diversa, cioè ai precetti dell’islamismo estremista). E a maggior ragione azzeccata la sua insistenza sull’integrazione individuale, e quindi sul necessario rispetto, da parte di chi arriva, di regole e principi liberali.
Poi, su un altro piano, Fortuyn aveva compreso prima di altri un punto che oggi è chiaro alla gran parte dei partiti liberalconservatori occidentali: l’elettorato che è aperto in economia ha ottime chances di essere liberale e non chiuso, o comunque tollerante, anche sul terreno delle libertà personali. I Paesi Bassi sono certamente diversi dall’Italia, ma scelte di questo tipo vanno affermandosi quasi ovunque nei partiti occidentali di centrodestra: dunque, pure qui da noi, non avrebbe senso restare inchiodati a posizioni confessionali o dogmatiche (peraltro, come attestano innumerevoli analisi e sondaggi, minoritarie nell’elettorato), ed è invece più saggio caratterizzarsi per un approccio più liberale e aperto.
C’è da temere che quasi nessuno ricorderà questo anniversario e la singolare, originalissima, per molti versi solitaria figura di Fortuyn. Una ragione di più per farlo qui.

 

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