Riprendiamo l'articolo di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "I nostri ecologisti sono come i bambini nel pianeta delle scimmie".

Giulio Meotti

“Il presidente aveva scelto di chiudere una decina di centrali nucleari nella speranza di accaparrarsi qualche voto ambientalista. Bruno non era ostile agli ecologisti, ma li considerava nel complesso dei pericolosi imbecilli, soprattutto riteneva assurdo fare a meno dell'energia nucleare”.
Così scrive Michel Houellebecq nel romanzo Annientare. Sembra il ritratto della classe dirigente europea alle prese con uno dei più grandi blackout in tempo di pace che abbiamo mai conosciuto.
La Spagna avrebbe dovuto essere il caso di successo in Europa in materia di energia verde. Con enormi quantità di rinnovabili nella rete elettrica, la Spagna avrebbe salvato il pianeta.
Non li ricordate i giornali italiani?
“Spagna regina delle rinnovabili: producono il 60 per cento dell’energia” (Sole 24 Ore).
“Energia, in Spagna il costo va sottozero grazie alle rinnovabili” (La Repubblica).
Beppe Grillo, il nostro “cinese”, esultava: “Spagna, la rivoluzione verde che fa calare le bollette”.
Ma il migliore di tutto era un anno fa El Pais, il giornale dei socialisti spagnoli: “Martedì, il sistema elettrico spagnolo ha avuto un dolce antipasto del banchetto rinnovabile che lo attende nei prossimi anni. Per nove ore, tra le 10:00 e le 19:00, la produzione verde è stata più che sufficiente a coprire il 100 per cento della domanda”. Ora capisco perché il grande intellettuale e filosofo Fernando Savater era stato cacciato dal Pais.
Prima si passa al verde, poi al nero, come la vita notturna a Pyongyang.

E così siamo ripiombati al XIX secolo, come se fossimo stati scorticati della nostra orgogliosa tecnologia, tornando alle caverne e andando al supermercato come se stessimo cacciando con una lancia. Il blackout di 60 milioni di persone sembra l’autoprofezia di un Occidente Titanic a crescita demografica zero, energeticamente al collasso, surclassato dalle economie asiatiche e dall’immigrazione extraeuropea.
“L’ambiente merita di meglio di Greta e delle pale eoliche che deturpano il paesaggio”, ha detto Alain Finkielkraut su Le Figaro.
Laudato si’ e non ho mai avuto niente contro eolico e solare, gas, nucleare, fracking e altre fonti di energia. Il progresso è bello e costa.
Il problema è che un paese industriale avanzato, come era la Spagna, non può basarsi soltanto su tecnologie medievali come l'eolico e il solare (per il 2030 volevano essere all’80 per cento rinnovabili, che ora suona come lo Sri Lanka che voleva diventare il “primo paese 100 per cento bio”).
Saranno rinnovabili, ma non sono affidabili. E lo sanno tutti, compresi i fanatici (spesso interessati) che le promuovono.
Nessuno può dire ancora cosa sia successo nel blackout iberico, ma questo disastro può essere stato prodotto solo da una potenza straniera (difficile) o da un premier socialista nei sotterranei della Moncloa (probabile).
Spinti da zelo ideologico, i governi di sinistra del PS portoghese e del PSOE spagnolo avevano abbracciato le rinnovabili, smantellando con entusiasmo le infrastrutture che un tempo garantivano sovranità e stabilità energetica.
Due mesi fa, rivela El Mundo, la Red Eléctrica spagnola ha riconosciuto il rischio di blackout. Il problema è che nessuno o quasi crede a un cigno nero, neanche quando ne vede uno. Specie se ha gli occhi foderati di ideologia.
Il 27 aprile 2025, la Spagna ha alimentato la rete elettrica al 100 per cento con energia rinnovabile, con gli ecologisti che hanno applaudito.
Tra le 12:30 e le 12:35 del 28 aprile, la produzione solare è diminuita di 10,2 GW, quella nucleare di 3,87 GW e quella eolica di 1,357 GW. Questa improvvisa perdita di produzione ha creato uno squilibrio insostenibile nella rete. La rete è crollata, gettando il paese nel caos.
Purtroppo, come ha scritto il Nobel per la fisica 2022 John Clauser, “sul clima siamo inondati di pseudoscienza, cattiva scienza e disinformazione scientifica”.
La gente non sa come funziona l'energia o come funziona qualsiasi cosa, non solo il microonde ma nemmeno la mela di Newton, quindi sostituisce la scienza con la superstizione. E quando un governo trasforma il nucleare nel teschio sulla boccetta di veleno di una strega e dice “net zero”, la gente applaude (il clima non è l’“ultima religione occidentale” come spiega nel suo nuovo libro il filosofo tedesco Peter Sloterdijk?). E così, dalla flat tax, l’Europa è passata alla fart tax.
E un sistema acclamato per la sua “sostenibilità” è collassato.
Per mutuare dalla celebre formula di August Babel sull’antisemitismo, un certo ecologismo sembra essere diventato il socialismo degli imbecilli (la scorsa settimana la stessa Spagna ha deciso di smettere di vendere proiettili a Israele per difendersi dai terroristi).
La verità è che da molto tempo in Europa abbiamo una “politica energetica” che non riguarda l'energia, ma semplicemente la politica. E l’ideologia. Siamo in balia di una folata di vento che va e viene, o di un sole con una faccia che appare e scompare.
E non è soltanto la penisola iberica.
“Quando il vento non soffia in Germania”, titolava il Wall Street Journal il giorno del blackout. “La Germania ha investito centinaia di miliardi di euro nella sua transizione energetica nel corso degli anni, così tante che nessuno è in grado di quantificarne l'importo preciso. Eppure, la quota di energia eolica e solare nel mix energetico del paese nel primo trimestre di quest'anno è diminuita, di molto. Indovinate cosa è andato storto. Febbraio e marzo sono stati insolitamente privi di vento, sia sulla terraferma che in mare aperto. La mancanza di pioggia ha comportato una resa inferiore per l'energia idroelettrica. Marzo è stato più soleggiato del solito, il che ha contribuito ad aumentare la produzione di energia solare rispetto all'anno precedente. Ma stiamo parlando della Germania a marzo. Le ore di luce relativamente brevi a una latitudine settentrionale hanno fatto sì che questo aumento non fosse sufficiente a compensare il calo della produzione eolica. La Germania è più avanti sulla strada delle energie rinnovabili rispetto a molte altre grandi economie. Il suo caos energetico è sufficiente a far capire a tutti gli altri che non è un esempio da seguire”. E non è un caso che nel 2000 la campagna anti-nucleare in Germania fu lanciata da Gerhard Schröder, finito nei consigli di amministrazione di svariate società di stato russe, come Gazprom.
Da qualche mese, la Germania ecologista è tornata a bruciare idrocarburi.
A gennaio si raccontava del collasso dell’eolico in Inghilterra. Fortune scrive: “Proprio mentre l'Europa aveva più bisogno di energia, il vento nel Mare del Nord ha smesso di soffiare, costringendo i mercati energetici a lottare per le riserve di gas per riscaldare le case e alimentare le imprese. Questo ha avuto conseguenze costose. I paesi europei stanno mettendo da parte quote destinate a limitare le emissioni di carbonio e ripensando alla chiusura delle centrali a carbone per colmare il vuoto lasciato dal vento”.
Aveva ragione François de La Rochefoucauld: “L'ipocrisia è un omaggio che il vizio rende alla virtù”. Ma presa in dosi massicce, l’ipocrisia può essere fatale per una civiltà. E come un'astronave che arriva sul pianeta delle scimmie, il 28 aprile ci siamo risvegliati in un terzomondismo strano e ridicolo.
È impossibile estrarre energia dagli adesivi e non si vive di dinamo su biciclette femministe. Intanto la Cina, che ha emissioni come tutti i paesi sviluppati messi assieme, se la ride di gusto.

Due anni fa, i ministri europei dell'ambiente si sono riuniti a Valladolid, in Spagna, per una riunione sul clima. All'ordine del giorno, la "politica della bicicletta" per ridurre l'uso di veicoli alimentati a combustibili fossili. Non stavano scherzando. La ministra spagnola per la transizione ecologica, Teresa Ribera, membro del Partito Socialista, nel dare il via ai lavori ha pedalato in bicicletta per le strade mentre si dirigeva alla conferenza. Non c’era blackout e le telecamere erano accese. Il messaggio era fantastico: “Pedalate come me e salvate il pianeta”.
Il proletariato non ci credeva davvero. Il video della pedalata "verde" della ministra la mostra scortata da due auto della scorta. Oltre a causare ingorghi stradali, la sua “impronta di carbonio” era il doppio di quella richiesta.
In ritardo, ma buona Giornata della Terra al buio e piatta.