Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Bella Akbar! La sinistra italiana si è bevuta il cocktail iraniano Newsletter di Giulio Meotti
Testata: Newsletter di Giulio Meotti Data: 29 aprile 2025 Pagina: 1 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Bella Akbar! La sinistra italiana si è bevuta il cocktail iraniano»
Riprendiamo l'articolo di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Bella Akbar! La sinistra italiana si è bevuta il cocktail iraniano".
Giulio Meotti
“E questo è il fiore del partigiano”: un terrorista con fucile d’assalto, keffiah e mimetica nelle strade di Roma.
È passato anche questo 25 aprile che doveva essere festeggiato con “sobrietà” nel lutto nazionale per il Papa. Ma più che della liberazione, è sembrata la festa della sottomissione.
Ci siamo sorbiti per due anni la bufala del pacifismo e del “no alle armi” dopo che un giorno di Ottobre i tagliagole di Hamas hanno massacrato centinaia di civili inermi. Come si fa a convivere con la necessità di dover nascondere e mistificare le proprie opinioni? Giù la maschera. Le piazze italiane per il 25 aprile sono state guidate da quelli che Michel Onfray ha chiamato “i nuovi collaborazionisti”.
A Milano c’erano imam, muezzin, canti arabi, invocazioni ad Allah, manifestanti agghindati col passamontagna e bandiere dei terroristi. Dunque il 25 aprile ora è la festa dell’islamizzazione.
Ma il sindaco di Milano Beppe Sala non aveva giudicato troppo “politica” la decisione di colorare Palazzo Marino di arancione in segno di solidarietà con i fratellini Bibas, rapiti, strangolati e mutilati dagli stessi che hanno appena marciato nelle strade di Milano? Intanto, da Torino a Bergamo, le giunte di sinistra accettavano i soldi di Marocco e Qatar per costruire nuove moschee con minareti.
I cortei sono proseguiti con le preghiere musulmane di strada. Benvenuti in Italiastan. “Allahu Akbar” ha urlato la manifestazione. Dove sono le prese di distanza degli antifascisti, delle autorità politiche e degli editorialisti della Repubblica?
Nei campus dei ricchi occidentali abbiamo visto le stesse scene.
Studenti in preghiera alla University of California (UCLA) a Los Angeles
Nelle strade non mancano neanche le foto di terroristi in carcere.
Così al 25 aprile hanno portato anche la bandiera verde di Hamas.
Anche vedere le bandiere col fucile e il Corano a Roma faceva una certa impressione.
Ma ancora di più queste strane ragazze vestite di rosa, che gli islamisti impalerebbero senza pensarci due volte, che brandivano cartelli con scritto: “Il 7 ottobre non è terrorismo, ma resistenza”.
Roma
A Cagliari hanno sfilato anche con la foto di Yahya Sinwar, il capo di Hamas.
Siamo alla saldatura tra un woke violento e il jihadismo post-strutturalista con bandiera di Hamas e Hezbollah.
Ricordiamo la preghiera islamica organizzata all’Università di Torino, dove nel 2003 fecero un volantinaggio con lo slogan “Dieci, cento, mille Nassiriya”. Fedeli musulmani, studenti e studentesse, in maggioranza di origine straniera proveniente da Pakistan, Turchia e Egitto, ma anche italiani, che hanno trasformato l’università in una moschea e tenuto un comizio per la Jihad.
A leggere la prima pagina della Stampa, con il commento dell’ineffabile Elena Loewenthal, e poi di Vladimiro Zagrebelsky, sembra che il problema dell’imam all’università fosse che un religioso aveva profanato il “tempio della laicità”, anziché la gravità dei contenuti del religioso islamico. Gian Giacomo Migone, già cofondatore del PDS e presidente della Commissione Esteri del Senato dal 1994 al 2001, sempre dalle colonne de La Stampa scrive contro il questore di Torino “accecato dal bisogno di condannare e vietare le funzioni di rito musulmano dell’imam Brahim Baya”.
Senza considerare le tre studentesse con la kefiah che realizzano un video con la scenografia stile Isis. Siamo all’Università di Torino. Parafrasando un noto apologo, chi è comunista a vent’anni, diventa un capitalista a trenta. A meno che non voler far carriera a Gaza, ma è da escluderlo.
Eppure, sanno di essere la classe dirigente di domani, così stanno facendo allenamento alla menzogna come stile di vita. Non vanno forse a lezione da docenti universitari che urlano che “gli stupri di massa di Hamas sono una bufala”?
Il problema è che viviamo in tempi di grande, drammatica confusione, e temo a cominciare da un Papa che pregava davanti al Presepe con la kefiah e che ora è pianto da Hamas.
Il papa dell’odio antioccidentale, quel grande e sinistro filosofo di Michel Foucault, si precipitò in Iran per abbracciare l’apocalisse islamista di Khomeini come “non semplicemente una religione, ma un intero modo di vivere… una gigantesca polveriera al livello di centinaia di milioni di uomini”.
Michel Foucault e la rivoluzione islamica in Iran
“Come un piromane che esulta per un incendio boschivo, Foucault ha illustrato una peculiare malattia intellettuale occidentale già vista all’opera nel caso del comunismo e vista di nuovo in risposta all’11 settembre: il fascino per l’incendio e la mega-morte”, lo definisce Richard Landes in Enraged Millennialism: Global Jihad.
Il 25 aprile bastava uscire di casa per vedere i fuochi attizzati dai nostri piromani progressisti.
E basta andare sull’archivio del New York Times: racconta, giorno dopo giorno, il sostegno della sinistra iraniana alla Rivoluzione islamica di Khomeini nel 1979. E sappiamo com’è finita. Tutti i leader del Tudeh, il partito di sinistra iraniano, apparvero in video, prima individualmente e poi collettivamente, in una “tavola rotonda" in cui confessarono i propri crimini, lodando l’Islam e proclamando la superiorità del governo islamico sul marxismo-leninismo ateo. Poi furono tutti messi al muro.
Promesse di apocalisse, imam eccitati, discorsi di guerra e slogan di autosradicamento: progressisti che sognano un altro cimitero, stavolta in Occidente, e dal fiume al mare.
La newsletter di Giulio Meotti è uno spazio vivo curato ogni giorno da un giornalista che, in solitaria, prova a raccontarci cosa sia diventato e dove stia andando il nostro Occidente. Uno spazio unico dove tenere in allenamento lo spirito critico e garantire diritto di cittadinanza a informazioni “vietate” ai lettori italiani (per codardia e paura editoriale).
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