Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Testata: Libero Data: 29 aprile 2025 Pagina: 9 Autore: Dario Mazzocchi Titolo: «Kiev sfida Putin: «Sia tregua di un mese»»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 29/04/2025, pag. 9, con il titolo "Kiev sfida Putin: «Sia tregua di un mese»", il commento di Dario Mazzocchi.
Dario Mazzocchi
Una tregua di tre giorni, giusto per la parata della Vittoria del 9 maggio? Putin la propone, così come aveva proposto la tregua di Pasqua (che poi ha violato). In Ucraina poche illusioni: se la Russia vuole la pace, rispondono da Kiev, sospendano le operazioni subito, invece che attendere il 9 maggio. E invece che tre giorni, la tregua duri un mese. Ma la Russia, ovviamente, non vuole la pace e difficilmente rispetterà una tregua.
Una tregua di tre giorni, dall’8 al 10 maggio, in concomitanza con le celebrazioni per il Giorno della vittoria che segna la fine della Seconda guerra mondiale: è la proposta avanzata ieri da Mosca per le operazioni militari in Ucraina e che ha innescato una serie di dichiarazioni che nelle intenzioni puntano ad un cessate al fuoco, ma che dovranno trovare conferma nei prossimi giorni. È stato lo stesso presidente russo Vladimir Putin a fissare sul calendario la sospensione dei combattimenti per tre giorni: da una parte ha detto di attendere un gesto reciproco da Kiev, dall’altra ha avvisato che le truppe russe risponderanno a qualsiasi violazione.
«Tutte le azioni militari sono sospese per questo periodo e la Russia ritiene che l’Ucraina debba seguire l’esempio», ha riportato il Cremlino, ricalcando l’annuncio fatto in occasione di Pasqua, quando poi i due eserciti schierati si scambiarono le accuse di molteplici trasgressioni della tregua. «In caso di violazioni da parte ucraina, le forze armate russe risponderanno in modo adeguato ed efficace», proseguiva la nota istituzionale che tendeva a rimarcare l’intento «umanitario» della decisione. La risposta di Kiev è giunta con le parole del ministro degli Esteri, Andriy Sybiga: «Se la Russia vuole davvero la pace, dovrebbe cessare immediatamente il fuoco», ha ribattuto. «Perché aspettare fino all’8 maggio? Se la guerra potesse essere fermata ora e la tregua mantenuta per 30 giorni, sarebbe un vero passo avanti, non solo un gesto per la parata», ha rilanciato Sybiga facendo riferimento alla sfilata militare nella Piazza Rossa di Mosca per ricordare la vittoria sulla Germania di ottant’anni fa.
L’ispirazione propagandistica dietro l’offerta moscovita la si intravede dalle dichiarazioni di Putin durante un intervento a San Pietroburgo in cui ha ringraziato i deputati russi per aver assicurato la vittoria in Ucraina: «Sostengono le truppe in prima linea e i veterani e molti di loro si sono personalmente uniti alle fila dei volontari e dei difensori della Patria». A ciò si aggiungono le considerazioni del ministro degli Esteri di Mosca, Sergey Lavrov, che sempre ieri ha avuto un colloquio telefonico con Marco Rubio, segretario di Stato americano. Per Lavrov è imperativo che vengano riconosciuti come russi i territori ucraini occupati, in tutto o anche solo in parte, dalla Crimea alle regioni di Kherson e Zaporizhzhya.
Da Washington, nel frattempo, sono giunte le indicazioni della Casa Bianca, attraverso la portavoce Karoline Leavitt, che ha espresso il pensiero Donald Trump, «sempre più frustrato» tanto con Putin quando con Volodymyr Zelensky: il presidente degli Stati Uniti, ha precisato Leavitt, «vuole una tregua permanente» per «fermare le uccisioni e lo spargimento di sangue». Un Trump ottimista che si possa raggiungere un accordo, ma che allo stesso tempo «sta mantenendo un approccio realistico: entrambi i leader devono sedersi al tavolo e negoziare una via d’uscita». Nelle ore precedenti, Trump aveva comunque giudicato più positivo l’approccio di Zelensky, ritenendolo disposto a rinunciare alla Crimea, uno dei nervi scoperti in questa fase di trattative tra Washington e Kiev che dovrebbe concludersi in parte in settimana, per quanto riguarda l’accesso ai materiali rari. «Sta lavorando sodo, vuole fare qualcosa di buono per il suo Paese», aveva aggiunto il presidente americano. Le manovre militari però non restano ad attendere gli sviluppi. Il Wall Street Journal in particolare ha riportato che gli ingeneri russi stanno lavorando per espandere le basi militari nei pressi della città di Petrozavodsk, a 160 chilometri del confine con la Finlandia, dove creare un nuovo quartier generale in chiave anti – Nato, mentre prosegue il reclutamento di nuovi soldati e la costruzione di una linea ferroviaria nelle zone di confine. E se Mosca ha garantito la riconquista totale del Kursk, Zelensky ha fatto sapere che l’Ucraina mantiene le proprie posizioni nella regione russa dove, come emerso ieri, la Corea del Nord aveva schierato i suoi soldati la scorsa estate a sostegno russo, in base al trattato di mutua difesa tra le due nazioni.
La prima conferma ufficiale dalle autorità di Pyongyang sulla presenza di sue truppe, già documentata con testimonianze e immagini, è arrivata attraverso l’agenzia di stampa di stato KCNA: una disastrosa spedizione di circa 10.000 uomini, a dispetto delle parole di Valery Gerasimov, capo di Stato maggiore di Mosca, che sabato ne aveva lodato l’eroismo e l’alta professionalità.
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