Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Chi tocca l’Islam, muore Newsletter di Giulio Meotti
Testata: Newsletter di Giulio Meotti Data: 31 gennaio 2025 Pagina: 1 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Chi tocca l’Islam, muore»
Riprendiamo il commento di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Chi tocca l’Islam, muore".
Giulio Meotti
Salwam Momika, attivista cristiano iracheno, rifugiato in Svezia, è stato assassinato durante una diretta social. Aveva bruciato una copia del Corano, come atto dimostrativo ed era stato protagonista di tante altre manifestazioni anti-islamizzazione che avevano attirato l'attenzione e l'odio dei fondamentalisti di tutto il mondo. Si sentiva protetto dalla Svezia multiculturalista: errore.
Salwan Momika, il rifugiato cristiano iracheno che nel 2023 bruciò una copia del Corano in Svezia, è stato assassinato a colpi d’arma da fuoco dentro al suo appartamento nella città di Sodertalje durante una diretta social. Cinque arresti. “Sto mettendo in guardia il popolo sui pericoli di questo libro, hanno ucciso i cristiani e preso i loro beni”, diceva Momika.
Povero illuso. Come ha appena scritto un coraggioso giornalista di sinistra, “ridiamo del Papa e del suo gregge, mai di Maometto e dei suoi seguaci”.
Poco prima di morire in auto con gli uomini della sua scorta, il vignettista svedese Lars Vilks, che aveva “offeso l’Islam” con un disegno, mi aveva raccontato la sua esistenza di sorvegliato speciale. “Vivo in una località segreta, con cinque poliziotti e un elicottero che mi segue. Se entri nella loro lista non ne esci più”. Oppure ne esci da morto.
A Momika poteva andare anche peggio. Poteva finire come la coppia di cristiani in Pakistan: una donna incinta, madre di tre figli, e il marito, falsamente accusati di aver bruciato pagine del Corano, gettati in un forno di mattoni e arsi vivi.
Forse Momika sapeva che sarebbe finito così anche lui. Era scappato da un paese in guerra, ma la guerra di civiltà l’aveva seguito in Europa. Perché era senza protezione, come un morto che cammina? Il giorno dell’omicidio, Momika doveva andare in tribunale, accusato di “incitamento all’odio”.
Il governo svedese ora evoca una “potenza straniera” dietro all’assassinio. Io ne avrei in mente un paio.
L’Iran a settembre ha chiesto la testa di Momika, mentre la città irachena di al Kufa, dove era nato Momika, aveva promesso una taglia di due milioni di dollari a chiunque lo avesse ucciso. Lo stesso Iran (eletto intanto alla guida del Forum dei diritti umani dell’Onu) dove “due uomini sono stati giustiziati per aver offeso il Corano”.
Momika è stato ucciso lo stesso giorno in cui un’altra ragazza israeliana lasciava Gaza, schiacciata dalla folla e dai terroristi. La Ummah non è un gran bel posto per gli “infedeli”.
Il premier svedese aveva parlato della “più grave crisi dalla Seconda guerra mondiale” sul rogo del Corano. Una crisi come non si vedeva da quando gli islamisti presero sul serio Benedetto XVI a Ratisbona: in Iraq staccarono la testa a padre Iskander, in Somalia uccisero suor Lionella e nella turca Malatya incaprettarono e uccisero gli stampatori di Bibbie.
Una volta è il romanzo di uno scrittore anglo-indiano, poi un discorso del Papa, poi un Corano a Stoccolma, poi delle vignette francesi, poi una ragazza cristiana nigeriana…E non importa quante volte l’Occidente chieda scusa. Persino in campo cattolico, il responsabile per il dialogo con l'Islam della Compagnia di Gesù, Tom Michel, attaccò Benedetto XVI: “Il Papa ha seminato mancanza di rispetto nei confronti dei musulmani. Noi cristiani dobbiamo ai musulmani delle scuse”.
Un consiglio comunale di Londra ha persino deciso di non consentire l’allestimento di una Chanukiah (il candelabro ebraico) fuori dal municipio “per paura che possa infiammare le tensioni tra le comunità”, leggi i musulmani.
“La Svezia voleva diventare una superpotenza morale, ma ora è un caso disperato morale” scrive Ayaan Hirsi Ali sull’uccisione di Momika. “Questo è l'ennesimo avvertimento all'Occidente. Non placare l'intolleranza. Comprare pace o tranquillità incoraggia solo gli aggressori”.
La Svezia (e l’Europa) si trovano di fronte a un dilemma di loro stessa creazione e che si è accumulato nel corso di molti anni. Credevamo seriamente nella coesistenza pacifica tra Islam, libertà e democrazia nel grande pentolone multiculturale? I roghi del Corano, per i quali volevano fare una legge ad hoc, erano solo catalizzatori della contraddizione che già esiste. L’Islam aveva detto all’Europa: “Questa è casa nostra”. Lo intendono letteralmente. “Ci hai fatto entrare, e dove i musulmani mettono piede, la terra diventa islamica. Ecco come funziona l’Islam”.
E la mente europea non sopporta la contraddizione multiculturale né lo sforzo di vedere questo conflitto nel bianco degli occhi, specie quando ad accenderlo è un rifugiato con la bandiera israeliana e con quella del suo popolo siriaco-aramaico, l’antico sole alato assiro ripreso dal cristianesimo. Crollato l’impero ottomano, queste genti nord irachene subiscono la pulizia etnica dei turchi ricordata come sayfo (spada) che fa centinaia di migliaia di morti.
Una legge europea a protezione del Corano è il sogno dell’Organizzazione per la conferenza islamica, che rappresenta i paesi islamici di tutto il mondo e che ha aperto un ufficio al Parlamento Europeo.
Intanto in Francia, dove oggi i social sono a festa per l’uccisione di Momika, nei giorni scorsi un insegnante di storia in un’ora di educazione civica ha mostrato tre caricature che prendono in giro la religione cattolica, quella musulmana e quella ebraica. Un'iniziativa che non è piaciuta a una studentessa islamica che qualche giorno dopo è tornata dal suo insegnante raccontandogli che “uno studente di un liceo voleva venire ad ucciderlo”. Al professore minacciato è stata concessa una protezione della polizia. Per non finire come Momika.
Altro che Corano. In Svezia sono già oltre: “Artista iraniana accusata di offendere l’Islam e censurata”. Si chiama Sadaf Ahmadi e il Comune di Borås ha cancellato le sue opere di corpi femminili con il chador. Il responsabile della cultura della città ha detto: “Abbiamo fatto una valutazione complessiva e i fattori che hanno interagito sono la situazione generale della politica di sicurezza e trattandosi di un indumento musulmano rischia di portare l'opera a essere interpretata allo stesso modo dei roghi del Corano”.
Chiaro?
Si sono sottomessi e lo dicono anche senza arrossire. Il responsabile della cultura di Expressen, Victor Malm, scrive: “Se i manager della cultura e gli altri burocrati che hanno potere sulla Svezia cominciano a ragionare, non avremo bisogno di leggi sulla blasfemia. I mullah hanno già ottenuto ciò che vogliono”.
A Rotterdam, in Olanda, non hanno forse cancellato un'opera su Aisha, una della mogli di Maometto, prima di riscrivere la Divina Commedia salvando Maometto dalle pene dell’inferno dantesco? In Inghilterra, il Victoria and Albert Museum non ha ritirato i ritratti di Maometto e il film The lady of Heaven sulla figlia di Maometto non è stato messo al bando dai cinema del Regno Unito? In Germania, la Deutsche Opera non ha cancellato l'Idomeneo di Mozart, sempre perché c'era Maometto? E Salman Rushdie non ha forse spiegato che “oggi non ripubblicherebbero I versetti satanici”?
Ricordiamo cosa è successo alla Kettlethorpe High School nel West Yorkshire inglese? La scuola ha sospeso quattro bambini per aver graffiato accidentalmente un Corano. La polizia lo registra come un “incidente di odio”, ignorando le minacce di morte fatte contro i ragazzi. La madre di uno di loro spiega che il figlio di 14 anni è dovuto fuggire di casa a causa delle minacce. Un imam si è presentato a scuola, chiedendo tolleranza zero per “la mancanza di rispetto del sacro Corano... cui sacrificheremo le nostre vite”. “È assolutamente pietrificato”, ha detto la madre all'incontro con il preside, gli islamici e la polizia: “Ma non voglio che nessuno sia perseguito a causa della stupidità di mio figlio e dei suoi amici”. Agghiacciante. Una madre implora per il figlio, come un ostaggio nelle mani di Hamas, mentre la scuola e la polizia sono più preoccupate di proteggere i sentimenti feriti dei musulmani.
Momika sapeva di avere i giorni contati. Che non sarebbe finita bene. Che gli islamici radicali non perdonano.
I disordini sul Corano hanno diviso la popolazione in due campi: quelli che credono che la Costituzione debba essere applicata, che la libertà di espressione difesa e che chi vive in Svezia accettare di essere in una società democratica e non nella sharia, e quelli che credono che i roghi siano “provocazioni inutili” che dovrebbero essere vietate perché “offendono i musulmani” che reagiscono con la violenza e la società può diventare più “serena” se la legislazione si adegua alle richieste islamiche. Un classico approccio europea alla vita: “Vogliamo solo pace e tranquillità e nessun problema”.
E così chiudono gli occhi sulle città invase dai pro Hamas: in Svezia con Greta Thunberg si marcia al grido di “Sinwar non lasceremo che tu muoia”.
Quando sono state bruciate le Bibbie nessuno ha messo a ferro e fuoco le città. Quando sono state incendiate le sinagoghe e i libri sacri ebraici non c’è stata protesta violenta.
Il paese intanto è a pezzi, letteralmente.
Un’altra bomba è esplosa in una casa a Stoccolma. Ci sono già stati 30 attacchi bomba in Svezia dall’inizio del 2025. Un gruppo di poliziotti del New Jersey si è recato a Stoccolma per scoprire di più sugli attentati. “Sono rimasto scioccato dall’uso di granate in Svezia”, ha detto Rick Fuentes, ex sovrintendente della polizia di stato del New Jersey. “Non ho mai sentito o visto niente del genere”.
Non almeno nei paesi che si credono in “pace”.
Forse questo non è nemmeno “terrorismo” classico come lo intendiamo noi. La Svezia è stata invasa da bande musulmane che usano esplosivi l’una contro l'altra.
Jihad e criminalità sono legate, spuega L’Expressen: “Nel processo in corso contro i fratelli Tyresö Elias e Rasmus Johansson per piani terroristici, sono emersi stretti legami con una rete criminale. Johansson era interessato anche a uno dei roghi del Corano annunciati da Momika. Si sospetta che i giovani appartenenti alle gang abbiano pianificato attacchi contro le ambasciate israeliane a Stoccolma e Copenaghen”.
Intanto le esplosioni in tutto il paese sono diventate un evento quotidiano, tanto che ormai la stampa nazionale le riporta a malapena. Nel 2024 ci sono stati un totale di 124 attentati dinamitardi in Svezia e, dato il numero di esplosioni segnalate solo nei primi giorni del 2025, si tratta di una tendenza in crescita.
C’era un tempo in cui persino il premier in teoria “moderato” Carl Bildt si vantava che la Svezia era una “superpotenza umanitaria” quando accolse 163.000 migranti solo nel 2015, un record pro capite in Europa. Ora Bildt dice che la Svezia “dovrebbe aiutare i migranti ad andarsene”.
Sheri Berman, liberal, docente alla Columbia University di New York ed esperta di Svezia, al quotidiano Svenska Dagladet spiega: “Lo sviluppo demografico della Svezia è incredibile. Questa è un'esperienza di dimensioni storiche. Pensare che questo tipo di cambiamento possa avvenire senza problemi è irrealistico. È un’esperienza demografica di dimensione storica e questa nuova diversità può minare l’omogeneità di un paese”.
Un paese diventato un campo minato. A dieci anni dall’inizio di quell’esperimento senza precedenti, il paese dell’accoglienza è irriconoscibile.
Le prigioni in Svezia sono al collasso e ora le autorità vogliono mandare i criminali a scontare la pena all’estero. Il governo svedese ha avvertito che per sradicare l’epidemia di crimini violenti “ci vorrà un decennio o più”, come ha detto il ministro della Giustizia Gunnar Strömmer al Financial Times.
Il ministro Ebba Busch ha acceso un dibattito nazionale e internazionale in seguito ai suoi commenti sull’integrazione musulmana e sulle pratiche della sharia: “L’Islam deve adattarsi ai valori svedesi. I musulmani che non si integrano devono lasciare il paese. Delitti d'onore, decapitazioni, lapidazioni di donne e la legge della Sharia non hanno posto qui in Svezia”.
Si sbaglia e Momika ne ha fatto le spese.
Racconta Tino Sanandaji, famoso economista svedese di origine curdo-iraniana, che “nel periodo 1985-2015 l'immigrazione per asilo in Svezia è stata quattro volte superiore pro capite rispetto ad altri paesi dell'Europa occidentale, così che la quota della popolazione di origine non occidentale è passata dal 2 per cento al 20 per cento della popolazione totale”.Oggi, un cittadino svedese su cinque è nato al di fuori della Svezia e tre quarti dei nati all'estero sono nati al di fuori dell'UE. In un anno la Svezia ha registrato oltre 350 attentati riusciti o sventati e 363 sparatorie (53 vittime e 109 feriti), i numeri più alti in tutta Europa in un paese che un tempo aveva il minor numero di crimini con armi da fuoco pro capite.
“L’Islam dominerà in Svezia entro 50 anni”. A dirlo non è un politico di destra, ma la rifugiata somala Mona Walter. In Somalia, Mona non era religiosa, ma in Svezia è stata costretta dalla sua comunità ad andare in moschea e indossare l'hijab. “Per molti anni ho cercato di convincere gli svedesi a capire l'obiettivo islamico: prendere il controllo del loro paese. Gli svedesi sono convinti che le leggi svedesi saranno sempre applicabili nel loro paese. Ma chiedi a un inglese se 30 anni fa avrebbe pensato che la Gran Bretagna avrebbe avuto tribunali della sharia legali. Nessuno avrebbe pensato che fosse possibile. L'obiettivo finale è che la sharia domini tutta la Svezia. Questo è l'obiettivo a lungo termine e l'Islam ha molta pazienza”.
In un forte scenario migratorio (quello attuale), in una generazione un terzo della Svezia sarà islamica.
Momika ci aveva avvertito: non riguarda il Corano, ma la sottomissione delle nostre società. Momika aveva scritto: “Se non difendiamo la civiltà occidentale, le generazioni future ci malediranno”.
Le nostre chiacchiere sul “rispetto” sono come la dichiarazione del generale David Petraeus del 2011. Quando in Florida a un provocatore venne l’idea di bruciare un Corano, Petraeus disse: “Mette a rischio la guerra ai Talebani”. Intervennero anche star del cinema come Angelina Jolie. La guerra ai Talebani l’abbiamo persa, Angelina in Afghanistan non ha più messo piede e abbiamo perso anche la libertà di espressione in Europa.Da quando il grande Papa-filosofo ci mise in guardia, siamo rimasti intrappolati nell’aula magna di Ratisbona, assediata da taglialingue occidentali travestiti da preti multiculturali e tagliagole islamici col dito nella spoletta della bomba.
Chiunque abbia capito cosa sta succedendo in Occidente ha un po’ di paura.
La newsletter di Giulio Meotti è uno spazio vivo curato ogni giorno da un giornalista che, in solitaria, prova a raccontarci cosa sia diventato e dove stia andando il nostro Occidente. Uno spazio unico dove tenere in allenamento lo spirito critico e garantire diritto di cittadinanza a informazioni “vietate” ai lettori italiani (per codardia e paura editoriale).
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