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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Il Giornale Rassegna Stampa
23.01.2025 Coloni, aiuti e armi: la Casa Bianca c’è e fa tirare a Israele un sospiro di sollievo
Commento di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 23 gennaio 2025
Pagina: 12
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Coloni, aiuti e armi: la Casa Bianca c’è e fa tirare a Israele un sospiro di sollievo»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 23/01/2025 a pag. 12 il commento di Fiamma Nirenstein dal titolo: "Coloni, aiuti e armi: la Casa Bianca c’è e fa tirare a Israele un sospiro di sollievo".


Fiamma Nirenstein

Fra i primi ordini firmati da Trump, anche la revoca delle sanzioni ai "coloni", lo sblocco degli aiuti militari ad Israele. E finalmente anche la fine del finanziamento Usa all'UNRWA, la fucina di terroristi palestinesi dell'ONU. L'America c'è ancora e Israele tira un respiro di sollievo.

Il gioco facile dello snobismo internazionale circa la psiche e il comportamento di Donald Trump si arresta sulla soglia di Israele. Come è naturale in una democrazia, parte dei giornalisti e degli intellettuali si mostra diffidente, ma in genere il respiro di sollievo è grande: è stato sorprendente vedere Trump condividere la scena dell’inaugurazione con numerosi parenti dei rapiti e coi rapiti liberati, esclamare la determinazione di riportarli a casa fino all’ultimo, mostrare un accorato dispiacere perché Doron, appena restituita, ha avuto due dita amputate dai selvaggi di Hamas. Trump è un miracolo per Israele, resta l’uomo che ha portato l’ambasciata a Gerusalemme nel 2017 e i Patti d’Abramo nel 2020. È lo scampato pericolo da Kamala Harris che aveva promesso di salvaguardare il diritto alla difesa dello Stato ebraico solo “se” avesse accettato un cessate il fuoco a qualsiasi condizione, per rimediare alle accuse di aver affamato Gaza.

Trump ha forse chiesto a Israele il tavolo pulito all’inaugurazione, il suo inviato Steve Witkoff si è preso il merito dell’accordo firmato: ma la leadership israeliana dice che la decisione era presa da tempo, e che ha deciso quando Hamas ha dovuto accettare, anche per le minacce di Trump ma soprattutto perché indebolita e isolata, un cessate il fuoco fino al prossimo stadio rinunciando alla fine della guerra. Trump si è tirato indietro alla domanda se l’accordo reggerà: può darsi che si tratti della consapevolezza che l’accordo c’è se Hamas non lo rompe, e Israele vorrà allora riprendere il combattimento. Trump ha ripetuto che Hamas non deve sopravvivere come padrone di gaza, e lo ha ripetuto il suo team governativo, tutto: il consigliere di Stato Marco Rubio, il consigliere nazionale per la difesa Mike Waltz, il ministro della difesa Pete Hegseth, il nuovo ambasciatore a Gerusalemme Mike Huckabee, la nuova ambasciatrice all’ONU Elise Stefanik e altri. Per esempio sull’appartenenza a Israele della Giudea e la Samaria, che fu destituita di ogni legalità e della sua stessa storia da una mozione dell’ONU del 23 dicembre 2016 per iniziativa di Obama, riaprono una difficile discussione, e da oggi le espressioni “coloni” e “colonie”, “West Bank” o “territori occupati” dovranno essere rimessi in gioco. Sono molto espliciti i cinque “executive orders” appena varati: il numero 14115 cancella le sanzioni che Biden aveva applicato, a un gruppo di “settler” giudicati fuori legge: l’ordine ripristina il diritto di Israele a giudicare i suoi dentro e fuori i “territori” ed è molto importante per la fiducia che viene ripristinata sulla sua etica e il suo giudizio. Gli altri executive orders rifiutano le risoluzioni dell’International Criminal Court e dell’International Court of Justice, che hanno accusato Israele di genocidio e di crimini contro l’umanità e ordinato di arrestare il suo Primo Ministro e il suo Ministro della Difesa, oltre a indurre una caccia ai soldati all’estero. Ancora: è sospeso l’aiuto economico a varie istituzioni ritenute pericolose, fra cui l’UNRWA; è stata ordinata la deportazione degli studenti stranieri scoperti a sostenere idee e organizzazioni terroriste, come Hamas, l’Isis, Al Qaeda; è sollevato l’embargo dalla consegna di armi importanti, come bombe di profondità. SI ripristina il diritto all’autodifesa e di stabilirne la legittimità come prerogativa solo di Israele. Così, si allude all’obiettivo centrale per un nuovo Medio Oriente: la eliminazione del pericolo iraniano.

Hic Rodhus, alla fine: se Trump vuole che i Patti di Abramo, finalmente con la presenza dell’Arabia saudita, tornino a splendere con la sua firma, la strada sembra quella; ma l’Iran, alleato della Russia, cerca di sdoganarsi come convertito e il suo uranio arricchito come destinato a uso civili. Lo si è visto anche ieri in una intervista pubblica dell’ex ministro degli esteri Jawad Zarif all’Economic Forum di Davos. Dall’appeacement verso l’Iran è uscito il 7 di ottobre. Trump certo ci pensa su; per essere veramente amico di Israele, alla fine il catalogo è questo.   

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