venerdi 02 maggio 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



Clicca qui






Libero Rassegna Stampa
19.10.2024 Israele sta vincendo
Commento di Daniele Capezzone

Testata: Libero
Data: 19 ottobre 2024
Pagina: 1/17
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: «Israele sta vincendo, esperti e analisti in lutto»

Riprendiamo da LIBERO di oggi 19/10/2024, a pag. 1/17, con il titolo "Israele sta vincendo, esperti e analisti in lutto", l'editoriale di Daniele Capezzone. 

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

Festa in Israele dopo l'uccisione di Yahya Sinwar, il boia del 7 Ottobre. Israele sta vincendo tutte le sue battaglie, con buona pace degli analisti che davano già per persa la sua guerra.

Se non si trattasse di questioni tragicamente serie e di massima gravità, si potrebbe perfino sorridere delle incredibili acrobazie, anzi delle vere e proprie arrampicate sugli specchi, in cui si sono dovuti produrre da 36 ore - quei politici, quei commentatori, quegli analisti che, pontificando sempre e sbagliando tutto lo sbagliabile, avevano stabilito alcuni “teoremi”: che non avesse senso il proseguimento dell’azione israeliana a Rafah, che servisse un “cessate il fuoco”, che Ha mas non sarebbe stata né battuta né battibile, e che Sinwar non sarebbe stato catturato o eliminato. Ovviamente la realtà (e la tenacia di Netanyahu) si è incaricata di smentirli punto su punto.
E allora come si fa? Elementare, Watson. Con la stessa faccia e la medesima prosopopea di sempre, ci si ripresenta (in prima pagina oppure in tv) negando l’evidenza e confezionando almeno sei escogitazioni lessicali per confondere lettori e telespettatori. Vediamole una per una.
La prima: ci sono i cantori della “complessità” (li si potrebbe chiamare: “i complessisti”), che sono impegnati a spiegarci quanto le cose restino difficili, oscure, imperscrutabili. E certo che la situazione resta complicata, questo lo capisce anche un bambino: ma con il piccolo dettaglio che Israele sta stravincendo la guerra, e lo sta facendo proprio perché ha seguito una strategia diametralmente opposta a quella consigliata dai presunti “esperti”.
La seconda: quelli della “nuova fase” (“adesso voltiamo pagina”, dicono e scrivono). Come dire: la morte di Sinwar, magicamente, decreterebbe il finale di partita, e dunque l’esercito israeliano dovrebbe andarsene in vacanza. Ma ogni persona ragionevole capisce che il punto non è la morte di uno o più capi, ma la ragionevole convinzione- che Gerusalemme deve ancora raggiungere - che i nemici non siano più in condizione di nuocere.
La terza: quelli del ”e ora con chi si potrà interloquire?”. Incredibile ma vero, abbiamo dovuto leggere anche questo dopo l’eliminazione di Sinwar, come se il macellaio-capo di Hamas, l’architetto del 7 ottobre, potesse essere protagonista positivo di un qualche dialogo.
La quarta: gli “impietositi” per l’immagine di Sinwar morto, inevitabilmente diventata virale.
Lungi da noi infierire su un cadavere, per quanto di un uomo orrendo: ma non si può non notare come quelli che da 36 ore sono improvvisamente schizzinosi e carichi di pietas non abbiano versato molte lacrime per le vittime del 7 ottobre e per tutto il sangue (israeliano e anche palestinese) versato o fatto versare da Sinwar, o comunque da lui ritenuto funzionale alla causa, come sosteneva a proposito del sacrificio della sua gente, deliberatamente usata come scudo umano. La quinta: quelli per cui “Israele resta circondata” e non può permettersi di stare sempre in guerra. Anche qui si mescola allegramente il vero e il falso allo scopo di fabbricare una manipolazione astuta. Pure Netanyahu sa bene che una guerra guerreggiata permanente è impensabile, meno che mai su sette diversi fronti: ma è esattamente per questo che ora intende chiudere la partita in modo chiaro, evitando che il suo paese si ritrovi tra qualche mese nella stessa situazione di adesso. E infine, la sesta: i teorici dei “due Israele”, che insistono sulla divisione esistente nella politica e nella società israeliana. E non c’è dubbio su quanto sia profondo lo scontro interno a quel paese. Ma quella frattura si ricompone quando è in gioco un rischio esistenziale, come accade tuttora: e la politica di Gerusalemme sa sempre distinguere il momento bellico (nel quale si è uniti) dalle fasi successive in cui si regolano i conti tra partiti e fazioni. COSA SUCCEDE ADESSO E allora, come insieme a Mario Sechi e alle firme di Libero non abbiamo smesso di fare dal 7 ottobre di un anno fa, tentiamo di delineare uno scenario alternativo rispetto agli schemi cari a troppi presunti esperti. Benjamin Netanyahu è un uomo razionale, e dunque terrà conto di molti fattori: ma non si fermerà se prima non avrà ottenuto qualcosa che assomigli a un vero finale di partita.
Primo: serve il ritorno a casa degli ostaggi israeliani, che teoricamente (se fossero tutti ancora vivi) sarebbero ben 101. Tocca ad Hamas e ai palestinesi restituirli alla libertà e alle loro famiglie. Gerusalemme ha già fatto sapere che saranno risparmiate le vite dei sequestratori che li rilasceranno.
Secondo: serve che gli avversari depongano le armi. Chi è ora l’apparente leader di Hamas?
Realisticamente si tratta di Khaled Mashal, che sta in Qatar, protetto da quel paese, oltre che dalla Turchia e dall’Iran. Che aspettano i leader occidentali, anziché rivolgersi a Netanyahu, a fare pressioni su quei governi affinché Mashal sia estradato e comunque dichiari la resa di Hamas? O siamo al solito errore logico, e cioè quello di continuare a incalzare Gerusalemme anziché la parte avversa?
Terzo: che succede a Gaza dopo la fine della guerra? Ripetere lo slogan dei “due Stati” omettendo il fatto che l’entità statuale palestinese non possa - com’è successo finora - rimanere sotto il controllo di un gruppo terroristico è un inganno che Gerusalemme, giustamente, non accetta più.
Quarto: che succede a Teheran, dove ha sede il regime che è responsabile diretto o indiretto di tutto l’avvelenamento dell’area?
Anche in questo caso Netanyahu (e fa benissimo) non ha alcuna intenzione di stare a guardare, dopo che per anni (prima ai tempi di Obama e poi durante il quadriennio Biden-Harris) si sono rilegittimati politicamente gli ayatollah consentendo loro di portare avanti un programma nucleare potenzialmente letale contro Israele. Pensare che Gerusalemme non si ponga il problema è pura illusione.
Quinto: Hezbollah continua a sparare dal Libano usando di fatto come scudo la missione Unifil (Onu), mentre una delle guardie del corpo di Sinwar è stata trovata con un documento che lo presentava come insegnante Unrwa (sempre Onu). Suvvia, qualcuno pensa che Israele abbia intenzione di chiudere gli occhi davanti a questa situazione, mentre le massime autorità delle Nazioni Unite, Guterres in testa, continuano ad avere un solo obiettivo polemico, e cioè sempre e soltanto Israele?
Abbozzare una previsione non è dunque difficile. Netanyahu sta vincendo proprio perché ha scelto la strada di una deterrenza forte. E non smetterà di seguire questa tattica fino a quando non avrà validi motivi per ritenere che la partita sia davvero conclusa con la chiara e inequivocabile sconfitta del nemico terrorista. Non saremo noi a dargli torto: anche perché ha totalmente ragione. E meriterebbe semmai la gratitudine di un Occidente intontito e addormentato, incapace di riconoscere il nemico che vuole ucciderci o sottometterci.

Per inviare a Libero la propria opinione, telefonare: 02/99966200, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@liberoquotidiano.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT