Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Cara Deborah Fait,
è una fortuna che l'attentato contro Trump non abbia avuto esito mortale. America e il mondo sarebbero sprofondati in un baratro infernale. L'attentato sarebbe stata la miccia che avrebbe dato fuoco alle polveri. E le polveri sono il clima d'odio, senza freni e senza limiti, che ci è dato constatare da qualche decennio in qua. Un odio, che manifestato impunemente da pulpiti "emeriti", incendia le piazze e arma i cosiddetti squilibrati, legittimandone le azioni delittuose. E, guarda caso, quei pulpiti sono gli stessi che "denunciano l'odio", gli stessi che costituiscono commissioni contro l'odio, gli stessi che demonizzano i supposti avversari ( per dare una parvenza morale al proprio odio). Se l'avversario è un bruto, contro di lui è legittima nonché desiderabile (per il bene generale, si dice) ogni azione interdittiva, al grido " no pásaran". Così, si colpisce Trump, si colpisce l'ebreo, si colpiscono quanti fanno professione SINCERA di antisemitismo ovvero non fanno parte del mainstream di lorsignori.
Un cordiale shalom
Angelo Costanzo
Caro Angelo,
Non oso pensare cosa sarebbe successo se Donald Trump fosse stato ucciso ma sono indignata dai commenti che sento in alcuni talk show dove politici e giornalisti, naturalmente di sinistra, che non fanno che elencare i “peccati” di Trump e le sue esternazioni nei confronti degli avversari da quando era ancora presidente. Praticamente continuano a sparargli contro parole velenose dando, seppur non lo dicano apertamente, a lui la colpa dell’accaduto. L’odio, come scrive lei giustamente, è grande e induce, senza il minimo senso di buona coscienza, a demonizzare la vittima. Nonostante gli sforzi degli odiatori di professione, l’immagine iconica di Donald Trump che, ferito, alza il pugno al cielo gridando Fight Fight Fight mentre il popolo gli risponde all’unisono IU ES EI, IU ES EI, IU ES EI, resterà nella storia a dimostrazione che il presidente del paese più potente del mondo deve essere forte e coraggioso, non un vecchio fragile e balbettante.
Un caro shalom
Deborah Fait