Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Vogliamo aggiungere alcune notazioni alle notizie con le quali in questi giorni i media ci bombardano, perché queste informazioni sono spesso generiche, di fonte incerta, e comunque non contribuiscono a rendere comprensibile al comune lettore quanto sta avvenendo nello scacchiere mediorientale. Sul piano della visibilità, le azioni militari sembrano aver preso nuovamente il sopravvento sui tentativi di dialogo. A Gaza le formazioni terroristiche bombardano le località israeliane con i missili Qassam, impiegando per la prima volta, domenica mattina, quelli a più lunga gittata che fino ad ora non avevano fornito esiti soddisfacenti. In Iraq, l'attentato costato la vita a tre militari inglesi sembra far capo all'Iran, e pare configuri una rappresaglia per l'arresto dell'ex ambasciatore iraniano in Argentina, accusato da un cumulo di prove ed indizi di aver coordinato per conto del suo governo il terribile attentato contro l'edificio che a Buenos Aires ospitava le istituzioni ebraiche di assistenza, e che nel 1994 anni fa era costato la vita ad 85 persone. A Ramallah, Arafat avrebbe nominato il generale Yousef, autorevole esponente dell'OLP, responsabile degli apparati di sicurezza nazionali; in tal modo egli vorrebbe superare con un tentativo di esautorare Dahlan ed il governo di Abu Mazen, le fortissime se non addirittura violente pressioni esercitate su di lui dall'inviato del presidente egiziano Mubarak, allo scopo di indurlo a cedere il controllo sulle forze di sicurezza palestinesi. Tuttavia, malgrado questi segnali certamente allarmanti, pare che anche nel sottofondo dello scontro politico fra le varie fazioni palestinesi stia emergendo una linea di approccio diplomatico, tale da ridare una qualche apparenza di concretezza alla hudna, la cosiddetta tregua unilaterale proclamata e revocata dai gruppi terroristici palestinesi. Solamente Farouk Qaddumi, il leader dell'OLP nel Consiglio Nazionale Palestinese, ha scritto a Kofi Annan che l'unica via che i palestinesi possono seguire per conferire dignità alle loro aspirazioni è quella della "resistenza" armata. Va ricordato in questo contesto che l'atteggiamento di Fatah nei confronti della hudna era, nello scorso giugno, di relativa flessibilità, in quanto la strategia del movimento capeggiato da Arafat ha del contenzioso con Israele una visione politica e non dottrinale; le altre organizzazioni terroristiche, invece, si prefiggono come unico sbocco possibile dello scontro la distruzione di Israele, e considerano questa fase esclusivamente tattica. Concludiamo questa breve carrellata con una nota di speranza. Le forze di sicurezza palestinesi che rispondono a Dahlan ed Abu Mazen hanno iniziato a chiudere ermeticamente i primi 4 dei numerosi tunnel scavati tra Gaza ed il territorio egiziano a ridosso del confine, ed usati da lungo tempo per introdurre clandestinamente armi e munizioni da usare contro Israele.