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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Informazione Corretta Rassegna Stampa
21.08.2003 L'ONU ha fatto il miracolo:
passiamo in rivista le opinioni più diffuse

Testata:Informazione Corretta
Autore: Federico Steinhaus
Titolo: «L'ONU ha fatto il miracolo»
Tre anni di intifada, tre anni di orrendi attentati contro i civili israeliani, non hanno avuto la capacità di fare quanto ha ottenuto un solo attentato contro la sede ONU in uno stato arabo: far convergere cioè i giudizi dei politici, dei diplomatici e della stampa con la medesima forza critica contro il terrorismo arabo ed islamico. E' una constatazione triste, che ci ricorda la analoga considerazione che gli israeliani fecero l'11 settembre di due anni fa, scossi ed addolorati per quanto era avvenuto a New York e Washington: finalmente - dissero ad alta voce - il mondo capirà le condizioni nelle quali noi viviamo ogni giorno.
I giornali sono saturi di dolore, ed associano senza pudore i venti morti della sede ONU di Baghdad ai venti morti dell'autobus di Gerusalemme, anzi dedicano ai primi il triplo delle pagine che dedicano ai secondi. Sono i funzionari ONU che fanno scandalo, che gridano vendetta, che finalmente fanno dire qualcosa di serio a Kofi Annan, non i bambini di Gerusalemme.

Sul Corriere di giovedì 21 agosto l'inviato Renzo Cianfanelli apre il suo articolo (L'ultimatum di Abu Mazen "Arafat fermi i terroristi o il governo si dimetterà") con una notazione che dimostra quanta poca attenzione egli abbia prestato a questi tre anni di intifada: egli infatti scrive che questo di Gerusalemme è stato "l'attacco terroristico più sanguinoso lanciato dagli estremisti palestinesi contro la popolazione civile israeliana nei tre anni dell'intifada". Senza neppure consultare gli archivi ci vengono subito in mente la bomba umana del Dolphinarium di Tel Aviv, una discoteca in cui almeno altrettanti giovanissimi desiderosi di passare una serata in allegria in discoteca furono fatti a pezzi, l'assassinio di famiglie riunite a festeggiare con la tradizionale cena, il Seder, l'entrata di Pesach, la Pasqua ebraica, e poi svariati altri attentati kamikaze che, seppure abbiano mietuto qualche vittima in meno della doppia decina, non sono stati meno orrendi per chi avevano preso di mira, per la crudeltà dell'esecuzione, per le conseguenze devastanti sulle centinaia di feriti.

E su Repubblica dei giovedi 21 agosto, Bernardo Valli (Un terremoto per l'America) sparge la sua saggezza, o meglio il suo cinismo, analizzando i danni prodotti da questi due attentati alla credibilità ed alla strategia politica di Bush. Nel suo lungo articolo egli scrive che Bush vuole "civilizzare" (la virgolettatura è sua) le popolazioni dell'Iraq, dando una definizione sprezzante e falsa di un intervento che, siano fondate o meno le critiche fatte all'epoca, ha liberato il popolo iracheno ed in particolare quanti, curdi e non, fossero le vittime predestinate della ferocia di Saddam e del suo regime di terrore. Libertà e dignità, un motivo per vivere e sperare, questo è il risultato dell'intervento americano, ed il povero inviato dell'ONU a Baghdad assassinato dai terroristi lo aveva confermato con convinzione.
Ma Valli inciampa ancora e sempre sulle sue opinioni da fazioso disinformatore. Il terrorismo palestinese viene stimolato "per simpatia", come scrive Valli, da quanto avviene in Iraq, il terrorismo palestinese è la "criminale opzione dei disperati". Ora, i casi sono tre: o Valli non segue le notizie da tre anni, o le dimentica appena le sente, oppure ancora ignora quel che non si adatta ai suoi pregiudizi.Da tre anni il terrorismo palestinese, targato Hamas, Jihad, Hezbollah, Tanzim, Brigate dei Martiri di Al Aqsa, agisce più o meno indisturbato su uno scenario in cui la devastazione e la morte sono gli scopi che si prefigge, e per realizzarli esso riceve (e riceveva da Saddam fino a quando Bush non ha "civilizzato" l' Iraq) cospicui finanziamenti da stati arabi ed islamici, e viene sostenuto promosso e coordinato da personaggi del mondo arabo ed islamico noti per nome e cognome. Altro che "arma dei disperati"! Altro che "conseguenza" del terrorismo che in Iraq mette in pericolo gli occidentali!

Vogliamo infine sottolineare che molte corrispondenze sottolineano come fosse un evento straordinario il fatto che il primo ministro palestinese Abu Mazen abbia chiesto (finalmente!) ad Arafat di prendere le distanze dal terrorismo, di condannarlo esplicitamente e di consentire a che gli vengano tagliate le fonti di finanziamento. Quel che manca in questa notizia, è il commento, che a noi appare evidente: Abu Mazen ha (finalmente!) ammesso pubblicamente dinanzi al mondo che Arafat è il protettore occulto del terrorismo palestinese, e che solamente lui e nessun altro lo potrà fermare, cessando di farsene promotore e finanziatore. E, se veramente gli sta a cuore il futuro del suo popolo, Abu Mazen dovrà anche togliere ad Arafat il giocattolo di cui egli si serve per avvelenare gli animi dei giovani e riempirli di odio e di desiderio di martirio, la televisione ed i libri di testo delle scuole.




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