Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Testata:Informazione Corretta Autore: la redazione Titolo: «Arafat arrestra i suoi terroristi»
IL GIORNALE "Arafat fa arrestare venti ricercati" LA STAMPA "Arafat fa arrestare 17 militanti palestinesi" LA REPUBBLICA "Arafat fa arrestare 18 militanti" CORRIERE DELLA SERA "Arafat 'arresta' 17 militanti ricercati da Israele" AVVENIRE "Arafat fa arrestare nella Muqata 18 suoi 'ospiti'"
Abbiamo citato alcuni titoli dei quotidiani di ieri domenica 3 agosto 2003 per poterli poi confrontare con la notizia di oggi che li smentisce tutti. A parte il numero degli arrestati, che varia da giornale a giornale, rivelando così l'inaccuratezza con la quale si seguono le nostize di provenienza palestinese, fa impressione vedere come tutti ci abbiano creduto e abbiano preso per buona l'affermazione di Arafat. Si salva, come sempre, AVVENIRE, che, grazie alla ottima corrispondenza di Graziano Motta che riportiamo più avanti,almeno il dubbio lo esprime in un titolo ironico. Ma tutto il resto della stampa italiana ci è cascata in pieno. Oggi, infatti, i giornali riferiscono che i "militanti" arrestati non sono mai stati nè presi nè incarcerati. Non si sono mai mossi addirittura dalla Muqata, dove soggiornano come prima tranquilli fra le amorevoli cure di Arafat. E' cammbiato - ma solo leggermente - il loro status giuridico: adesso sono agli arresti domiciliari. E quando il domicilio è la Muqata si può immaginare come vivono: esattamente come prima. Ma perchè tutti i giornali prendono per buono tutto quello che dice Arafat? Già, perchè? E' forse questa la domanda da porre. Dalla risposta capiremmo perchè Abu Mazen conta ancora così poco e Mohammed Dahlan ha tuttora le mani legate e di terroristi non può arrestare (davvero) nessuno. Ma i nostri grandi giornali non hanno il tempo di occuparsi di simili sottigliezze, hanno altro da fare. Devono puntare il cannocchiale su Israele per poterlo centrare meglio con le loro critiche. Chi ha tempo di seguire il terrorismo palestinese? Ecco l'articolo di Graziano Motta su AVVENIRE di ieri: La crisi israelo-palestinese ci ha riservato parecchi colpi di scena, ma quello di ieri fa sensazione: Arafat ha acconsentito ai suoi servizi di sicurezza di arrestare a casa sua, ovvero nella Muqata di Ramallah da più di un anno sotto assedio, ben diciotto suoi ospiti e fedelissimi seguaci, membri delle Brigate dei martiri di al-Aqsa ricercati da mesi dai servizi israeliani. Sembra nel contesto di un'intesa raggiunta nei giorni scorsi a Washington (verosimilmente durante la visita di Abu Mazen) che prevede la fine dell'assedio israeliano del rais e la riconquista della sua libertà di movimento. In effetti fonti bene informati assicurano che dell'operazione il ministro per la sicurezza Mohammed Dahlan abbia preventivamente informato sia la Casa Bianca sia il governo Sharon. I diciotto avrebbero avuto la scelta di trasferirsi nel carcere di Gerico o in quello di Gaza. Uno degli arrestati, Mohamed Razan, ha fatto sapere che lui e tutti i suoi compagni "caduti in un tranello" cominciavano uno sciopero della fame. Un altro, però, dichiarava:"Seguiremo le istruzioni di Arafat, sceglieremo di andare chi a Gaza, chi a Gerico". Ma a Jenin il portavoce locale di al-Aqsa -una emanazione del partito al-Fatah, di cui Arafat è leader- proclamava la fine della tregua e la ripresa della lotta armata contro Israele, compresi gli attentati suicidi. Questi sviluppi sono intervenuti proprio in concomitanza con il ritorno nella regione di John Wolf, l'alto funzionario americano incaricato di seguire con un gruppo di collaboratori l'applicazione della Road map e alla vigilia della riunione della commissione interministeriale israeliana per la scarcerazione dei prigionieri palestinesi pare con l'istruzione di ampliare di alcune centinaia di nomi la lista dei liberandi. Si tratterebbe cioè di una nuova concessione israeliana alle insistenti richieste americane di sostenere le attese di Abu Mazen, pressato a sua volta dalle organizzazioni della rivolta che hanno accettato la tregua nella "certezza" che tutti i prigionieri, circa seimila, sarebbero stati rilasciati da ISraele. Un altro segno di buona volontà israeliana -dopo l'irrigidimento sulla "barriera di sicurezza"- verrebbe nei prossimi giorni dallo smantellamento in Cisgiordania di diciotto punti illegali di espansione degli insediamenti dei coloni ebrei. Tutti questi sviluppi verrebbero valutati da Sharon e Abu Mazen la settimana ventura nel corso di un loro incontro, di cui però non si hanno conferme ufficiali. Delle pressioni della Casa Bianca perchè il percorso della Road Map possa essere ripreso dalle parti al più presto si ha indiretta conferma da una rivelazione di un suo alto funzionario al New York Times, secondo cui l'amministrazione Bush avrebbe riconsiderato la sua rigida posizione sullo smantellamento immediato delle infrastrutture terroristiche palestinesi e si accontenterebbe del cessate il fuoco proclamato dalle organizzazioni della rivolta, tenuto conto della attuale debolezza delle forze di polizia del governo Abu Mazen. Secondo la stessa fonte, Washinton si attende da ISraele la sospensione della costruzione della "barrier di sicurezza" in particolare dove penetra in profondità nel territorio palestinese. Ma a Gerusalemme dicono di non sapere nulla di una modifica della posizione americana.