Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Quel che i media ci nascondono diamoci un'occhiata
Testata:Informazione Corretta Autore: Federico Steinhaus Titolo: «Segnali da interpretare, ostacoli da eliminare»
Le notizie sui progressi della Road Map si accavallano, in questo momento, dopo giorni di silenzio e di interrogativi sulla reale possibilità di verificare sul campo la buona volontà dei palestinesi.
Lo scontro fra Arafat ed Abu Mazen è arrivato a punte di parossismo con la minaccia del primo ministro di dimettersi, e la sua successiva ammissione che non sarebbe andato a Washington se non avesse ottenuto il benestare di Arafat. Arafat sembra aver perso un round con la firma messa in calce ad un divieto di incitare all' odio, che ufficializza finalmente quel che da parte israeliana (e non solo) si denuncia da anni come il più grave e permanente attentato contro qualsiasi parvenza ed ipotesi di convivenza pacifica fra israeliani e palestinesi.
Ma cosa NON ci viene detto dai nostri media? Proviamo a fare una brevissima rassegna limitata agli ultimi giorni.
Lo scorso 17 luglio ha concluso la propria attività un campo dedicato ai giovani palestinesi nella città di Kalkiliya, gestito e controllato dall' amministrazione scoutistica di quella città sotto il controllo del Ministero Palestinese per la Gioventù e lo Sport, finanziato dall' ONU attraverso l' UNICEF.
Sarebbe tutto molto incoraggiante e confortante, se non fosse che le circa 100 ragazze ospiti del campo hanno trascorso questa piacevole parentesi vacanziera nel nome e nel ricordo di Wafa Idris, la prima donna kamikaze che si era fatta saltare in aria a Gerusalemme il 27 gennaio dello scorso anno. Già, perché a lei era intitolato il campo, ed era lei che con questa iniziativa si voleva onorare come eroina. Con i soldi dell' UNICEF ed il benevolo silenzio della nostra cara Europa.
Restiamo nel settore giovanile, perché siamo consapevoli che i giovani palestinesi di oggi saranno la leadership domani e dopodomani, e saranno loro a dover fare le scelte cruciali per il loro popolo (ed il popolo d' Israele).
Nella Striscia di Gaza esiste una NGO che si chiama Palestine Children's Welfare Fund, una Fondazione per il benessere dei bambini palestinesi dunque. Il sito web www.pcwf.org proclama la propria apoliticità e dà il benvenuto a chiunque, senza limitazioni, voglia contribuire a dare ai bambini palestinesi un futuro luminoso. Scuola, salute, un futuro senza violenza ed odio sono gli scopi dichiarati. E le donazioni, anche generose, arrivano a pioggia.
Vediamo qualcuna di queste attività educative che la Fondazione si vanta di promuovere.
In un concorso di disegno per bambini dai 6 ai 14 anni, intitolato "Perché amo la Palestina", la giuria ha premiato quasi esclusivamente i disegni che hanno affrontato il tema proposto con una carica di violenza che è molto significativa per verificare gli effetti dell' educazione all' odio impartita dall' Autorità Palestinese ad ogni livello. Il messaggio che i disegni premiati trasmettono è quello dell' annientamento dello stato d' Israele.
Un 'altra sezione del sito propone per la vendita oggetti di artigianato palestinese; fra questi, spicca una T-shirt con la seguente poesia:
" O mia patria
la gioventù non si stancherà
il loro scopo è la tua indipendenza
o la loro morte
Berremo dalla morte
ma non saremo schiavi del nostro nemico.
Non vogliamo
una umiliazione eterna
né una vita miserabile
Non vogliamo
ma torneremo
alla nostra grande gloria
o mia patria
o mia patria ".
Forse qualcuno dei nostri lettori sarà capace di trovare un legame fra questo incoraggiamento al "martirio" ed all' odio, e gli scopi dichiarati da questa Fondazione. Se vi riesce, ce ne dia comunicazione.
Questo sito ha anche istituito un forum, nel quale compaiono messaggi che parlano di "olocausto palestinese", e di un Israele che si vuole estendere fino al Nilo a sud ed all' Iraq a nord.
Un altro messaggio del forum recita:
"Vi do Adolf Hitler, uccisore di ebrei,
vi do Sharon, uccisore di palestinesi".
Una notizia di segno diverso proviene da Mohammed Daraghmeh dell' Associated Press. A nablus, nei giorni scorsi, circa 500 palestinesi sono scesi in strada per protestare contro gli abusi e le violenze perpetrate da gruppi armati di loro concittadini, che spadroneggiano e terrorizzano quella città (come altre, anche se i loro cittadini non dimostrano uguale coraggio). Un gruppetto armato era entrato in una farmacia per sequestrare un uomo, ed uscendone aveva sparato a caso nella folla con i kalashnikov, uccidendo una donna ed il bimbo di due mesi che teneva in braccio. In un altro "incidente" è morto un ragazzo di 14 anni che aveva trovato una bomba inesplosa, preparata per un attentato contro Israele. Il governatore della regione di Nablus, Mahmoud Aloul, ha confermato che molti crimini vengono commessi con il pretesto della lotta nazionale e con il silenzio complice delle autorità palestinesi.
Infine, i nostri media non ricordano che Hamas rifiuta di riconoscere l' OLP come il solo legittimo rappresentante dei palestinesi, né l' Autorità Palestinese come detentrice legittima del potere decisionale. Hamas persegue lo scopo strategico della liberazione di tutta la Palestina storica, che per legge islamica e per statuto costitutivo di Hamas è irrinunciabilmente terra dell' Islam. Che Fatah, cuore e cervello dell' OLP, si sia collegata operativamente ad Hamas nel corso dell' Intifada costituisce con certezza uno dei principali ostacoli sulla via che Abu Mazen spera di poter percorrere, ed Arafat ne è la personificazione politica.