Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Da alcuni giorni il conflitto israelo - palestinese è entrato nella fase iniziale del percorso segnato nella Road Map. Pur con alcuni sussulti, le apparenze della cronaca quotidiana ci inducono a riporre concrete speranze nella buona volontà di tutti coloro alla cui responsabilità è stata affidata l'attuazione dei presupposti di questa faticosa marcia di avvicinamento alla pace. Eppure, non tutte le informazioni di cui i nostri media dispongono sono state adeguatamente valutate e sottoposte all'attenzione dei lettori o telespettatori. Proviamo, pertanto ,noi a colmare questa lacuna.
Di cosa in realtà significhi il termine arabo "hudna", usato per indicare questa tregua, è stato scritto a sufficienza; basta dunque ricordare, come premessa, che si tratta di una concezione che nella forma, ma anche nella sostanza, si allontana da quella occidentale, e concentra la sua valenza tattica sulla possibilità di riorganizzarsi e rafforzarsi per riprendere con maggior vigore la lotta.
Traduciamo ora (dall'inglese) il testo integrale della dichiarazione firmata domenica scorsa da Hamas e dalla Jihad Islamica.
"Nel nome di Allah il Misericordioso, il Compassionevole: una dichiarazione di iniziativa. In conseguenza del nostro desiderio di unità delle forze palestinesi in questa pericolosa fase che il nostro popolo e la nostra causa stanno attraversando, ed allo scopo di proteggere la nostra unità nazionale ottenuta grazie all'intifada e la resistenza e comprovata dal sangue dei martiri, e come nostro contributo al consolidamento il dialogo nazionale palestinese sulla base dell'adesione ai diritti del nostro popolo, ed allo scopo di proteggere il nostro fronte interno dai pericoli di uno scisma e di uno scontro, ed allo scopo di impedire al nemico di trovare delle scuse per demolirlo, e come affermazione del diritto legittimo a resistere all'occupazione come opzione strategica fino alla fine dell'occupazione sionista della nostra patria, e fino a che otterremo tutti i nostri diritti nazionali, ed in risposta agli sforzi di molti nel campo palestinese ed arabo che hanno a cuore l'unità delle fila nazionali palestinesi, noi dichiariamo l'iniziativa che segue:
Sospensione delle operazioni militari contro il nemico sionista per tre mesi, in vigore da oggi, come contropartita per le seguenti condizioni: 1) Una immediata cessazione di ogni forma di aggressione sionista contro il nostro popolo palestinese incluse le incursioni, le demolizioni, le chiusure, e l' assedio di città, villaggi e campi profughi. Questo include l' assedio imposto al presidente Yasser Arafat, demolizioni di case, devastazione di terreni agricoli, ed assalti contro terreni, proprietà e luoghi santi cristiani ed islamici, in particolare la santa Moschea di Aksa. Inoltre, la cessazione immediata di tutte le operazioni di assassinio individuale, i massacri, tutti gli arresti e le deportazioni contro il nostro popolo, i leaders, i quadri, ed i combattenti.
2) La liberazione di tutti i prigionieri e di tutti i detenuti, palestinesi ed arabi, dalle prigioni di occupazione senza condizioni o limitazioni ed il loro ritorno alle loro case , innanzi tutto e sopra tutto di coloro che vi hanno trascorso lunghi periodi o che stanno scontando lunghe sentenze, donne, bambini, ammalati ed anziani. Nell' eventualità che il nemico non si attenga a queste condizioni ed a questi impegni, od infranga uno qualunque di essi, noi ci consideriamo sciolti da questa iniziativa e riteniamo il nemico responsabile delle conseguenze".
Si noti che: a) si tratta di una iniziativa unilaterale, non concordata con l' Autorità Palestinese; b) che questa iniziativa impone condizioni tassative ad Israele; c) che tra queste ci sono la liberazione indiscriminata di tutti i detenuti arabi e palestinesi, senza distinzione fra reati, ed ogni iniziativa di contenimento militare del terrorismo; d) che il ritardo con cui questa dichiarazione unilaterale è stata firmata da Hamas e dalla Jihad è dovuto principalmente alla discussione se si potesse o meno nominare Israele, con la scelta di non nominarlo altro che come "nemico sionista"; e) che le altre organizzazioni responsabili di terrorismo (ed in particolare le Brigate dei Martiri di Al Aqsa ed i Tanzim, facenti capo ad Arafat) non hanno sottoscritto la dichiarazione; f) infine, che l' opzione della violenza contro Israele viene esplicitamente definita strategica, in considerazione del fatto che queste organizzazioni considerano illegittima l' esistenza stessa di Israele, per cui la chiave di lettura delle parole "fine dell' occupazione sionista della patria palestinese" è semplicemente quella di un annientamento di Israele.
A completamento di queste informazioni che riteniamo essenziali per comprendere fin da ora come si potrà forse evolvere la situazione, aggiungiamo un estratto dell'intervista rilasciata domenica scorsa ad un gruppo di giornalisti palestinesi da Rashid Abu Shabak, capo della Sicurezza Preventiva dell'Autorità Palestinese a Gaza. "Coloro che ritengono che la Road Map richieda il disarmo delle fazioni palestinesi sono in errore...tutte le fazioni sono certe che un accordo di cessate il fuoco non ha lo scopo di confiscare le loro armi". L' Autorità Palestinese intende evitare scontri fra palestinesi che possano condurre ad una guerra civile, ha affermato Shabak, negando anche che le forze di sicurezza alle sue dipendenze stiano collaborando con Israele nell' impedire attacchi terroristici. Alla domanda se le sue forze avessero arrestato membri di Hamas e della Jihad Islamica, Abu Shabak ha risposto: "Sfido chiunque affermi ciò a fare il nome di un solo combattente palestinese che sia stato arrestato dalla forze di sicurezza palestinesi". Shabak ha invece riaffermato il suo impegno a rintracciare tutti coloro che siano sospettati di collaborare con Israele, affermando di averne già fatti arrestare diversi; alcuni di questi sospetti sono già stati giustiziati ed altri sono stati condannati a morte, ha soggiunto Shabak. Per questi ultimi, l' esecuzione avverrà non appena Arafat avrà dato il suo consenso, ha concluso. E si noti che ha usato sempre il termine "sospetti" e "sospettati", senza fare cenni a prove , testimonianze, o regolari processi.
Se questo è il punto di partenza della Road Map secondo la visione che ne hanno i palestinesi, temiamo che noi dovremo essere preparati a dolorose disillusioni.