Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Testata: Il Foglio Data: 07 dicembre 2023 Pagina: 1 Autore: Cecilia Sala Titolo: «I soldati di Kyiv e noi»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 17/11/2023, a pag.1, con il titolo "I soldati di Kyiv e noi", l'analisi di Cecilia Sala.
Cecilia SalaSoldati ucraini
Roma. I soldati ucraini al fronte nel Donetsk leggono le notizie. Non siamo più noi a chiederci cosa pensino e come stiano, sono loro a chiedersi cosa ci passa per la testa, se davvero ci siamo stancati, se ci siamo scordati perché la resistenza ucraina ci riguarda e si domandano quanto in fretta i nostri sentimenti – o le nostre distrazioni – riescano a influenzare i pacchetti di aiuti occidentali, cioè la possibilità per molti ucraini di restare vivi e liberi. Dimko Zhluktenko, che va a trovare i soldati in trincea ogni giorno, dice che quello in cui ci troviamo ora “è uno dei momenti più bui dall’inizio dell’aggressione russa”, e questa volta non è colpa del nemico, ma degli amici. “I soldati per esempio non capiscono, genuinamente, perché i polacchi stiano bloccando il confine più importante per la logistica dell’Ucraina in guerra”. Ieri i soldati del Donetsk sono usciti dalle trincee gelide e bagnate e hanno respinto un altro attacco dei russi ad Avdiivka.
Di giorno combattono e di notte rimuginano: “Kyiv oggi è debole nel gioco politico, ma i droni e i missili arrivano ancora, per non parlare dei colpi d’artiglieria”. Gli ucraini sono grati per la generosità (che generosità non è) degli alleati, ma sono preoccupati per la memoria a breve termine, per la curva di apprendimento debole, che si può permettere soltanto chi vive al sicuro e non ha un nemico alle porte, o già dentro casa. I giornali e i social network sono pieni di promemoria: ehi, europei, avete già fatto lo stesso errore nel 2014, avete sottovalutato Vladimir Putin e la sua annessione illegale della Crimea pensando che si sarebbe fermato lì; vi siete illusi fosse vantaggioso continuare a dipendere dal suo gas a basso prezzo e avete scoperto quanto vi foste sbagliati soltanto a febbraio del 2022, e poi con la crisi energetica; se vi distraete di nuovo ora, pagherete un prezzo più salato di quanto costi aiutarci nell’immediato nel 2030 o tra un anno, a gennaio del 2025, soprattutto se alla Casa Bianca dovesse insediarsi Donald Trump. Quando pochi giorni fa il Belgio ha promesso di cedere alcuni dei suoi aerei F-16 all’Ucraina a partire dal 2025, Dimko ha commentato la notizia su X così: “Sono grato al Belgio, per gli aerei e anche perché dà serenamente per scontato che l’Ucraina ci sarà ancora nel 2025!”. Dimko sa e ripete in continuazione che quasi nessuno, tranne gli Stati Uniti, è in grado di sconfiggere Putin da solo: “I comandanti ci hanno detto che i combattenti ucraini sono stati eroici nel contrastare le spinte dei russi, abbiamo riconquistato un po’ di territori occupati, ma nessun esercito del mondo può superare le linee di difesa costruite con perizia per mesi da Mosca senza copertura aerea”. Il problema è che gli aerei non ci sono ancora e i missili a lunga gittata Atacms sono arrivati quando le fortificazioni russe erano già pronte, altrimenti avrebbero permesso di provare – con buone possibilità di successo – a impedirne la costruzione. Dimko rincasando in auto dalla linea del fronte dice che “questa guerra potrebbe trascinarsi per un altro decennio e io – dati i valori in cui credo – non ho altra scelta che accettarlo. Molti sembrano non rendersi conto che l’invasione non è una questione in capo al governo, riguarda ogni cittadino”. Le parole di Dimko servono a bloccare la strumentalizzazione delle divisioni dentro le istituzioni di Kyiv che – vere o esagerate che siano – non cambiano nulla nella sostanza di questa guerra. La ricercatrice e influencer ucraina Mariia Kramarenko ha pubblicato un post molto condiviso in cui scrive: “Zelensky prima o poi si dimetterà: è ovvio che non rimarrà qui per sempre”, ma “se l’Ucraina non riceverà i mezzi che servono a respingere i russi, dovrà fare qualcosa di diverso: aprire le frontiere e creare un governo in esilio come abbiamo già fatto cent’anni fa per preservare la nostra nazione e noi stessi. Gli uomini e il morale non sono infiniti soprattutto se restiamo disarmati. Scapperemo a decine di milioni e vi lasceremo un Putin che si sentirà imbattibile ai confini dell’Unione europea. A quel punto ve ne dovrete occupare voi”.
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