Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Cessate il fuoco nemico della pace Editoriale di Claudio Cerasa
Testata: Il Foglio Data: 23 novembre 2023 Pagina: 1 Autore: Claudio Cerasa Titolo: «Un cessate il fuoco è ancora nemico della pace. Tregua sì, ma senza dimenticare il 7 ottobre»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 23/11/2023, a pag. 1, con il titolo 'Un cessate il fuoco è ancora nemico della pace. Tregua sì, ma senza dimenticare il 7 ottobre' l'editoriale del direttore Claudio Cerasa.
Claudio Cerasa
Tregua senza resa. La guerra di libertà contro Hamas, ha scritto ieri giustamente l’Economist, si trova improvvisamente a fare i conti con la sua più grande contraddizione. Il 22 novembre, dopo settimane di negoziati, il governo israeliano, come sapete, ha approvato un accordo che prevede la liberazione di 50 donne e bambini da parte di Hamas, una piccola frazione dei circa 240 ostaggi detenuti a Gaza. Israele dovrà dunque fermare per qualche giorno la guerra contro gli stessi terroristi che il 7 ottobre hanno riportato l’orrore della Shoah dentro ai confini di Israele e dovrà mettere nel conto che la tregua umanitaria servirà a Hamas a prendere tempo, a riorganizzarsi, a riarmarsi, a utilizzare gli aiuti umanitari inviati ai palestinesi per alimentare i suoi tunnel del terrore, a creare le condizioni per tendere ulteriori imboscate alle truppe israeliane e a creare pressioni, con la complicità di un pezzo della comunità internazionale, affinché la guerra sospesa temporaneamente da Israele non riprenda più. Obiettivo: congelare il conflitto, prolungare il cessate il fuoco nella speranza di renderlo permanente, arrivando magari, come teme il Wall Street Journal, a rivedere in corsa la politica di rilascio degli ostaggi, chiedendo a Israele di ritardare ancora la ripresa delle ostilità, accettando dunque il rischio di dare a Hamas la possibilità di continuare a governare nella Striscia, di impedire all’esercito di Israele di iniziare la campagna a sud di Gaza, dove l’esercito ritiene che i leader di Hamas si siano rifugiati, di preparare nuovi olocausti, di tornare a minacciare nuovamente Israele e tutti noi. Niente di più sbagliato. “La guerra continua, e continuerà finché non raggiungeremo tutti i nostri obiettivi”, ha detto il premier israeliano Benjamin Netanyahu prima del voto del governo di martedì sulla tregua con Hamas e il rilascio degli ostaggi. Su questo punto Netanyahu ha ragione e sa di avere dalla sua parte, per fortuna, anche l’Amministrazione americana, che a differenza di quanto fece nel 2008 George W. Bush con Ariel Sharon, ai tempi della guerra di Israele in Cisgiordania, non sembra avere alcuna intenzione di dire all’esercito israeliano: “Stay back”. Biden, grazie al cielo, sa che un cessate il fuoco è nemico della pace, perché consentirebbe a Hamas di continuare a governare su Gaza con la forza, con la maggior parte delle armi ancora a sua disposizione e con i suoi combattenti ancora in grado di arrecare lutti a Israele. E sa che non fare tutto il possibile per neutralizzare e sradicare Hamas significherebbe sottovalutare improvvisamente il fatto che Israele, oggi, si trova di fronte a una minaccia esistenziale, minacciata e assediata da un gruppo di terroristi che ha messo in discussione l’assunto su cui si basa la sua stessa storia: avere una terra dove gli ebrei sanno che non saranno uccisi o perseguitati solo perché sono ebrei. Il momento in cui l’accordo nasce, in verità, nota bene il Wsj, non è negativo per Israele. La comunità internazionale è ancora dalla sua parte, tranne poche sfumature, e dal 7 ottobre a oggi è sempre stata attenta a non cadere nel tranello retorico della simmetria delle violenze ricordando sempre che differenza vi è tra un paese che corre rischi militari per salvare i suoi cittadini e un gruppo di terroristi che usa i civili palestinesi per salvare le sue milizie. Buona parte dei paesi arabi, tranne l’Iran, che in modo impunito continua e continuerà a finanziare gruppi di terroristi fino a che la comunità internazionale non gli impedirà di continuare a farlo, non ha mosso un dito per sostenere la causa di Hamas. E la stessa operazione militare di Israele indica che alcuni obiettivi sono stati ottenuti: ha assunto una posizione dominante nel nord di Gaza, ha preso il controllo di Gaza City e si prepara ora a rivolgersi a sud. Domenica, il viceconsigliere americano per la Sicurezza nazionale Jonathan Finer ha sottolineato che “è necessario più tempo prima di un’avanzata israeliana per determinare come proteggere i civili nel sud di Gaza”. Il presidente Biden ha detto che Hamas deve essere distrutto. E sarà anche suo compito ricordare che Israele ha ancora un lavoro da finire a Gaza e che “una tregua temporanea intesa a facilitare uno scambio di prigionieri non significa una fine permanente della lotta contro Hamas”. Tregua sì, cancellare il 7 ottobre anche no, grazie.
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