Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
La Road Map approvata da palestinesi ed israeliani si basa su un concetto politico diverso da quello seguito da Clinton a suo tempo: se Clinton aveva un preferito elaborare un percorso tattico, in cui ogni fase richiedeva verifiche e deliberazioni, Bush ha privilegiato un approccio strategico, sottoponendo alle parti un pacchetto con la scritta "prendere o lasciare". La cautela di Clinton ha ceduto il passo, dopo aver dimostrato la propria debolezza dinanzi all' aggressiva arroganza di Arafat, ad un azzardo firmato Bush che è sicuramente più brutale nella sua semplificazione di ogni passaggio intermedio.
La domanda: come si risolveranno conflitti ed inadempienze? e quella che le fa da corollario: una inadempienza grave blocca tutto il processo di pacificazione? rimangono, per Bush, prive di una risposta preordinata e certa. Ma siamo già, appena avviata la sua strategia, in condizione di doverne verificare il senso.
Abu Mazen, uscendo dall' ufficio di Sharon, ha voluto dichiarare nelle interviste rilasciate a varie agenzie che Arafat è sempre il capo supremo, e che nulla si fa senza il suo consenso. Prudenza, o ammissione di sconfitta? Si vedrà.
Ma sono altri i segnali che preoccupano realmente, nella loro indiscutibile evidenza.
Il Ministero dell' Educazione dell' Autorità Palestinese ha indetto un concorso letterario nel quale un milione di scolari erano invitati a scrivere una lettera. Tra le lettere pervenute, le migliori dieci scelte dal ministero sono state premiate.
Nessuna di queste dieci lettere, pubblicate a cura dell' Autorità Palestinese nel quotidiano Al-Quds,, fornisce una visione positiva della pace con Israele, tutte affrontano il tema del conflitto con espressioni di odio ed inviti alla violenza.
La prima lettrera, indirizzata "al mio nemico", dice: "Sono Lara di Lod , sono una bambina di 11 anni che vive a Ramallah. Mi sono abituata ad accettare che Ramallah sostituisce Lod, e che il grande mare è stato scambiato con una piccola piscina. Tuttavia, ciò malgrado voi avete rubato il mio semplice sogno. Voi siete venuti alla mia casetta e l' avete conquistata; voi avete ucciso, voi avete distrutto, voi avete eseguito arresti. Per questo voi non meritate di avere Lod, e da ora in poi non accetterò più di avere la piccola piscina. Sognerò il mare di Jaffa ed il sole di Lod.
Lara Amar, Scuola Al-Janan
La seconda lettera è di Mahmoud Naji Chalilah della scuola elementare maschile Jaba di Jenin: " Io sono colui che ha visto la morte di suo fratello (Majdi) quando è divenuto uno shahid (martire suicida). Il mio cuore è divenuto un triste blocco di dolore. Un giorno comprerò un' arma e farò sparire le catene.Sospingerò il mio corpo vivente-morto fra le tue braccia, padre (morto nell' operazione israeliana di Jenin), e tu mi accoglierai nelle tue mani..."
La terza lettera è di Jhouk Tarek abd Al-Chalim: "Al mio compagno nell' umanità, il soldato israeliano al posto di blocco. Noi abbiamo celebrato la Festa della mamma e poi siamo andate da una famiglia di vicini per unirci a loro e benedirli perché il loro figlio non c'è più. Fratello, sai perché non c'è più? E' morto dopo che uno dei tuoi camerati gli ha sparato, è stato ucciso a 14 anni.
Tua madre ha festeggiato la Giornata della Mamma? Non credo tu abbia festeggiato con lei a causa degli ordini che devi eseguire contro i palestinesi. Propongo che quando le farai visita dovresti portarle un dono: una bottiglia col sangue di un bambino palestinese che hai assassinato sulla strada e la cui madre ancora lo sta cercando. Sono certa che tua madre sarebbe molto soddisfatta con questo dono".
"A Aharon, senza saluti. Sharon, non sai quanto vorrei incontrare i tuoi nipoti per domandare loro se giochi con loro.Ti chiamano nonno? O hanno paura di te? Vorrei dirti il segreto del mio odio per te....ti odio perché tu odi i bambini del mio popolo...".
La quinta lettera è indirizzata ai genitori di Rachel Corey, morta sotto un bulldozer israeliano, qui chiamata "Shahida del popolo palestinese". La sesta è per l' ambasciatore svizzero, con la richiesta di indurre il governo israeliano ad allontanare dalla scuola, costruita con fondi raccolti in Svizzera, il muro di sicurezza che stanno costruendo.
Nella settima lettera uno scolaro si rivolge ad un soldato israeliano al posto di blocco:"...La tua schiena è carica di munizioni, il tuo equipaggiamento è troppo pesante per te, il tuo viso è indurito, nel tuo cuore vi sono preoccupazione e paura. Vedo i miei amici che vanno a scuola, sulle loro schiene la cartella è piena di libri, sul loro viso vi sono speranza e gioia...Tu vivi con la speranza del potere, noi viviamo con il potere della speranza".
Le ultime tre lettere premiate e pubblicate forniscono, nuovamente, una immagine negativa degli israeliani, avvertiti come nemici del popolo palestinese. A Kofi Annan un bambino chiede perché tace mentre così orrendi crimini sono commessi contro il suo popolo.
E' mai possibile che neppure un bambino, su un milione, abbia scritto un messaggio di pace e di speranza? E se ve ne sono, per quale motivo il Ministero dell' Educazione non ha ritenuto di inserirne almeno una, in modo simbolico, fra le dieci premiate? Se accostiamo i risultati di questo concorso con le immagini che scorrono quotidianamente sugli schermi dei televisori palestinesi, spot voluti pagati e creati dall' Autorità Palestinese in cui si enfatizza il ruolo eroico del martirio suicida e si esalta la violenza contro gli israeliani presentati come crudeli nemici mortali, se accostiamo tutto ciò dobbiamo pensare che una verifica su uno dei punti chiave della prima fase della Road Map, la cessazione dell' istigazione all' odio ed alla violenza, sia opportuna per non dire indispensabile. Un ultimo segnale negativo arriva da Arafat. Ha dichiarato ieri che ogni martire di Gerusalemme ne vale 40 altrove. E bravo il vecchio Abu Ammar (buon padre),ottimo il suo contributo al processo di pace.
Dal 29 settembre 2000 al 28 maggio 2003 sono stati uccisi a causa di 17.633 attacchi terroristici ed atti di violenza armata 781 israeliani, di cui 545 sono civili e 236 appartenenti alle forze di sicurezza; i feriti sono 5.471, di cui 3.845 civili e 1.626 appartenenti alle forze di sicurezza. Gli attacchi sono stati 7.588 in Cisgiordania, 9.338 nella Striscia di Gaza, 707 in altre parti del paese. Gli attacchi suicidi hanno causato la morte di 300 civili e 30 appartenenti alle forze di sicurezza.
Se dobbiamo accettare che il passato sia passato, ed il futuro si costruisca anche su una forza d' animo che porti a dimenticare quanto sangue innocente è stato versato, dobbiamo tuttavia garantire che questo futuro sia veramente di serenità e di sicurezza per le giovani generazioni israeliane e palestinesi.