Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
La distruzione dell’occupazione russa Analisi di Paola Peduzzi
Testata: Il Foglio Data: 06 settembre 2023 Pagina: 1 Autore: Paola Peduzzi Titolo: «Una lezione sulla Crimea»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 06/09/2023, a pag. 1, con il titolo 'Una lezione sulla Crimea', l'analisi di Paola Peduzzi.
Paola Peduzzi
Bucha, dalla nostra inviata. La strada delle esecuzioni è stata ripulita da molto tempo ma è fissata nitida nella memoria: a Bucha per la prima volta abbiamo visto quanto è feroce l’occupazione russa. E’ importante ricordarlo oggi perché quando molti parlano di concessioni territoriali alla Russia, quando sottolineano l’intransigenza ucraina e ripetono sciagurati che Kyiv non vuole negoziare, non vuole la pace, non vuole fare concessioni, stanno parlando di questo orrore: vivere sotto il regime russo. Non è una questione esclusivamente geopolitica o di legalità internazionale: è vivere in Ucraina o vivere in Russia, e lo sappiamo che fa tutta la differenza del mondo, soprattutto se sei ucraino. A Irpin il ponte crollato è ancora lì, c’è un signore che pesca, di fianco c’è il nuovo ponte appena ricostruito: non è ancora operativo ma lo sarà presto. L’altro distrutto dai russi resterà lì, simbolo di questa costruzione della memoria in tempo reale che l’Ucraina sta facendo, ricordando e continuando a combattere, tutto nello stesso momento. Sul centro culturale distrutto durante la breve e crudele occupazione dei russi appena dopo l’invasione del 24 febbraio 2022, c’è un grande qr code per la raccolta di fondi: la ricostruzione è un’urgenza – fin da subito gli ucraini hanno voluto ripulire le macerie e seppellire i morti – ma non è sempre una scelta. I soldi vanno trovati, anche per gli spogliatoi del campo di calcio accanto, sventrati, con ancora brandelli delle divise della squadra giovanile che gioca e si allena lì. Anche questo è un aspetto che col tempo si tende a dimenticare: la solidarietà a singhiozzo ha effetti visibili, non tutto vorrebbe essere un museo a cielo aperto del terrorismo russo, qualche ferita si vorrebbe chiudere, ma non vi si riesce. Anche perché Irpin e Bucha non sono la periferia della capitale come ce la immaginiamo noi: la piazza di Bucha con la statua di Taras Shevchenko con il buco in testa fatto da un missile russo è molto grande, il condominio con i mobili penzolanti e i jeans appesi come una bandiera è molto grande. Ed enorme è anche lì il qr code su sfondo nero con cui si può aderire alla campagna per far uscire la Russia dalle Nazioni Unite. Grande vuol dire: tanta vita, tante vite, e in ogni conversazione, in ogni luogo si inciampa in questa convivenza della vita con la morte, al memoriale costruito sulla fossa comune a Bucha con i nomi e le date di morte – tutte nel marzo 2022 – ma anche in molte altre strade e storie colpite dai russi. Questa convivenza è struggente ed è la battaglia esistenziale dell’Ucraina: tutto precipita quando si pensa all’occupazione russa. Alla Crimea Platform, la direttrice Maria Tomak dice che la situazione nella penisola peggiora sempre più. La Crimea Platform è un’iniziativa della presidenza ucraina, si occupa di organizzare il reintegro della Crimea e la ricostruzione istituzionale della penisola, è vista da molti come il centro dell’intransigenza di Kyiv. Tomak racconta quel che fa la Russia nei territori occupati, le sparizioni, le torture e i processi con sentenze esorbitanti per chi è sospettato di essere filoucraino – e “basta avere lo smalto delle unghie azzurro e giallo” per essere interrogati. Poi c’è la “ripopolazione” con cittadini russi perché la Crimea multiculturale è spaventosa per il Cremlino, è una delle ragioni per cui l’intera Ucraina è stata attaccata e anche se non ci sono dati certi si sa che la persecuzione dei tatari è in corso e che la mobilitazione voluta da Putin nella penisola è stata fatta con percentuali sulla popolazione totale ben più alta rispetto al resto della Federazione russa. L’obiettivo è chiaro: far combattere gli ucraini contro gli ucraini, la mostruosità imperialista che si ripropone. In questa stanza in cui si rincorrono testimonianze tristi e progetti pieni di energia e speranza, il refrain occidentale sui crimeani-tutti-filorussi – Tomak cita anche la recente intervista dell’ex presidente Barack Obama a conferma – suona inaccettabile così come l’idea di facili concessioni territoriali per far finire una guerra che Putin non vuole finire, una condanna a vivere sotto l’occupazione russa.
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