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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Informazione Corretta Rassegna Stampa
26.05.2003 Si fa in fretta a parlar male
Una critica al nuovo libro di Manuela Dviri e all'articolo del Corriere della Sera

Testata:Informazione Corretta
Autore: Barabara Mella
Titolo: «Si fa in fretta a parlar male»
Nel libro di Manuela Dviri il dolore e le contraddizioni del conflitto arabo-israeliano. «La pace? Può arrivare solo dal dialogo»

"Le parole di Manuela: un’arma per battere la violenza"

SPERANZE di Giorgio De Rienzo


Intendiamo criticare, in questo intervento, sia Manuela Dviri che il giornalista che commenta il suo libro.

La guerra negli occhi inizia con una lettera di Manuela Dviri al Primo Ministro Nethanyau, dopo la morte del figlio Joni, di vent'anni, in territorio libanese. «Le infilo nella busta - scrive Manuela - una foto del mio Joni. Era un bel ragazzo, vero? Me lo guardi negli occhi. No, non sposti lo sguardo. Lo guardi bene. Doveva proprio morire? Lei è proprio sicuro che non c'era un'altra scelta?». Da un lutto doloroso può nascere una vita nuova: e la vita di Manuela Dviri non si chiude in un dolore sterile, si apre a una coraggiosa opposizione contro l'interminabile conflitto tra israeliani e palestinesi che, attraverso una serie di articoli (molti apparsi su questo giornale), invoca il dialogo contro l'odio
Se il giornalista ha letto i suoi articoli, dovrebbe sapere che la signora Dviri invoca, più che altro, la resa di Israele a tutte le richieste palestinesi, ossia il suicidio collettivo, come stato e come individui.

Tutti, musulmani, ebrei cristiani sono invitati ad ascoltare, ciascuno per proprio conto, le ragioni dell'altro. E così - come scrive Guido Olimpio - questo «diario da Tel Aviv» che inizia il 4 luglio 2001 e arriva ai nostri giorni diventa «un libro aperto dove le emozioni personali, struggenti, si mescolano alle riflessioni pacate di una cittadina israeliana».
Manuela Dviri narra delle feroci spedizioni punitive dei soldati israeliani nei campi dei profughi palestinesi,

diciamo che narra quelle che LEI chiama feroci spedizioni punitive, e che in realtà non sono altro che azioni di autodifesa
delle bombe umane che vanno a farsi esplodere nei mercati, nei ristoranti, nei bus portando il panico nella vita quotidiana.

ma per le quali ha molta più comprensione che per gli israeliani che muoiono.

Manuela punta il dito contro «la stupidità politica» di Sharon e Arafat che spargono sangue e terrore, per la loro testardaggine di non cercare il modo di parlarsi.
Falso: Sharon non ha mai smesso di cercare di parlare con la controparte. Deve saperlo Manuela Dviri e deve saperlo anche il giornalista.

Le sue pagine prendono una straordinaria efficacia da una scrittura scarna ed essenziale

ma per piacere! Se ha la scrittura più sgangherata e sgrammaticata che si possa immaginare!

che bene interpreta e incarna una sorta di pudore della parola, ormai contaminata dal tragico vociare dei politici, i quali, chiusi nei loro Palazzi, minacciano ritorsioni o blandiscono con promesse che non manterranno, ma anche di tanti intellettuali che intessono i loro arabeschi concettuali, le loro dotte analisi, nel riparo di studi televisivi lontani.
Al di là della denuncia e del suo coraggio intellettuale,

più che coraggio intellettuale abbiamo notato, negli scritti della signora Dviri, una pressoché totale mancanza di pietà per le vittime israeliane del terrorismo

il pregio del libro sta proprio in questo tentativo di un recupero estremo della parola, anche della parola letteraria, che risuona nella propria autenticità, sia che esprima la dolcezza di una mesta confidenza personale, sia che si alzi in uno sdegno di rabbia sempre contenuto, che non si lascia soffocare dalla sua apparente impotenza.
C'è uno sfondo di nostalgia nel libro. La nostalgia di una normalità, che è quasi un sogno nel vivere precario della quotidianità. «Alle nove di mattina la temperatura è già sui 25 gradi: mare tranquillo. Spiagge affollate di ragazze in bikini, ben unte. Sul lungomare gli sportivi si danno allo jogging. Improvvisamente, come in un brivido, la voce passa: anche oggi un attentato, anzi due, forse tre. Dove? Come? Quando? Quanti? La mano va al cellulare...».

Visto? Ha una scrittura sgangherata e sgrammaticata! (e ci mancava solo "lo" jogging!)

Su questo sfondo d'angoscia suonano, con semplice solennità, pensieri elementari:

Sì, molto elementari. Addirittura da prima elementare.
«Per negoziare i compromessi ci vuole tanta forza purtroppo. Per uccidere basta essere deboli. La vendetta e la morte sono più facili del dialogo, odiare viene più facile che ragionare».

Peccato che questo non lo vada a dire ai suoi amici palestinesi, visto che sono loro a rifiutare da sempre ogni dialogo, a odiare, a uccidere indiscriminatamente.

Su questo sfondo si stagliano domande che possono apparire persino ingenue: «Come si fa a spiegare che la sicurezza è un mezzo non un fine?

Esatto: è il mezzo per poter sopravvivere ...

Che la sicurezza, da sola, non basta?...

Può darsi, ma se prima non c'è quella, è un po' difficile che resti spazio per qualcos'altro.
Che fidarsi solo dei muri divisori e della "offensiva decisiva e schiacciante contro il terrorismo" vuol dire arrendersi»?
E’ in questi pensieri, in questi interrogativi semplici ma forti che la parola trova quella sacralità di cui parlavo. E' una lezione esemplare, non foss'altro, almeno per la letteratura.

Quante parole vuote per nascondere il vuoto di pensiero negli scritti di Manuela Dviri!
Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com ad inviare la propria opinione alla redazione del Corriere della Sera. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.

lettere@corriere .it

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