Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Arafat: parole criminali Ma i nostri media non le riportano
Testata:Informazione Corretta Autore: Federico Steinhaus Titolo: «Arafat: parole criminali»
Il 15 maggio è stato giorno di commemorazioni e di ricordi: per chi di gioia, per chi di lutto. Israele, dopo aver ricordato con sempre rinnovato dolore i propri morti nella Shoah e nelle guerre contro gli arabi, ha gioito per il cinquantacinquessimo anniversario della creazione dello stato da parte delle Nazioni Unite (novembre 1947) e la sua proclamazione ufficiale (maggio 1948). Ma questo stesso giorno è percepito dai palestinesi in maniera diametralmente opposta, e segna nei loro ricordi la perdita di una terra, di una casa, delle radici. Il problema non è dato da questa percezione, legittima, bensì dalla rimozione totale delle cause di questo sradicamento: il rifiuto dei paesi arabi di accettare che su metà della Palestina storica nascesse uno stato palestinese a fianco di uno ebraico, la guerra di sterminio proclamata contro Israele e la forte sollecitazione rivolta ai palestinesi ad abbandonare le loro case per facilitare l' avanzata degli eserciti arabi e poi tornare da vincitori e predatori.
Nel cinquantacinquesimo anniversario di quello che i palestinesi chiamano Nakba, Arafat, parlando alla televisione palestinese, ha affermato che "la Palestina è la nostra patria,alla quale ogni singolo profugo palestinese ha iul diritto di tornare". "In questo giorno di lutto, lo stato d' Israele è stato fondato dalla forza delle armi e dalla cospirazione coloniale, sulle rovine della nostra patria, la Palestina, ed il nostro popolo è stato sradicato e disperso nelle sue terre originarie ed in esilio, fra i massacri". "Nel 1947 le potenze coloniali che controllavano le Nazioni Unite hanno imposto la spartizione della nostra patria, la Palestina, in due stati...Il popolo palestinese non accetterà le umiliazioni, il colonialismo israeliano e l' aggressione israeliana...Nei 55 anni passati molti martiri sono caduti per la salvezza della loro patria, per la loro libertà e per il ritorno dei profughi...ogni palestinese sa che gli sarà restiuita la sua identità solo con il suo ritorno in patria". Arafat ha poi condannato "il soggiogamento della terra e dei luoghi sacri da parte dell' occupazione israeliana...Non vi sarà alcuna pace senza un ritiro completo di Israele da tutte le nostre terre palestinesi ed arabe fino alla linea del 4 giugno 1967...nessuna pace prevarrà e nessuna sicurezza esisterà sotto l' occupazione e la colonizzazione" ed ha concluso con un appello "al nostro popolo ed alla nostra nazione araba" per serrare le fila nel rispetto della "disciplina nazionale", dell' ordine pubblico e della solidarietà sociale.
Questo è il tipo di "pace" che Arafat proclama e propone: basata sul rifiuto totale e violento perfino di quanto le varie risoluzioni storiche delle Nazioni Unite propongono come compromesso fra le diverse esigenze. I risultati pratici di questo discorso non si sono fatti attendere, nei giorni successivi, e di nuovo si contano i morti nelle strade d' Israele.Abu Mazen , secondo quanto ha dichiarato oggi il suo ministro dell' Interno Dahlan, non è in grado di esercitare alcun controllo sulle masse, in rapporto a quanto invece fanno Hamas e la Jihad Islamica.Ed Arafat ha anche diramato ai media palestinesi un ordine preciso, con il quale vuole impedire che essi diano risalto a qualsiasi dichiarazione provenga dal nuovo primo ministro. I media italiani, anche senza che vi sia stato un ordine di Arafat, hanno comunque evitato accuratamente sia di riportare il suo discorso così poco pacifico, sia di mettere in relazione quelle parole con le nuove fiammate di violenza terroristica.