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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Italia Oggi Rassegna Stampa
24.03.2023 Il castello dei giornalisti al processo di Norimberga
Commento di Roberto Giardina

Testata: Italia Oggi
Data: 24 marzo 2023
Pagina: 12
Autore: Roberto Giardina
Titolo: «Il castello dei giornalisti al processo di Norimberga»
Riprendiamo da ITALIA OGGI di oggi 24/03/2023, il commento di Roberto Giardina dal titolo "Il castello dei giornalisti al processo di Norimberga".

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Roberto Giardina

Corte penale internazionale - Wikipedia

Da Norimberga all´Aja. Putin, accusato di crimini di guerra, dovrebbe comparire innanzi alla Corte criminale internazionale, ma non avverrà. Joe Biden plaude all´incriminazione, ma anche gli Stati Uniti, come la Russia, e la Cina, non hanno aderito alla nascita del Tribunale dell´Aja. Solo un tribunale negli Usa può giudicare un imputato americano. Putin non verrà arrestato a meno che non si costituisca, o sia tanto incauto di recarsi in un Paese ostile. E´ la giustizia dei bianchi, criticano gli africani. Già dopo la Grande Guerra si voleva processare l´ultimo Kaiser Wilhelm II, che fuggì in Olanda che gli concesse asilo politico. Le radici del Tribunale dell´Aja, che cominciò a operare nel 2002, risalgono al Processo di Norimberga, subito dopo la fine del III Reich, imputati i capi nazisti. E´ appena uscito un bel libro di Uwe Neumahr, non fa la cronaca del processo ma descrive la vita dei giornalisti di tutto il mondo inviati a Norimberga: “Das Schloss der Schrifstellerr”. Nurberg ´46 , Treffen am Abgrund- Verlag C.H. Beck; 304 pagine; 26 euro). Il castello degli scrittori, Norimberga ´46, incontro sull´abisso. I colleghi erano divisi, quelli dei paesi vincitori ospitati nel castello alla francese, una villa enorme, della famiglia che produceva pastelli e olii, i tedeschi dovevano trovarsi una stanza nella Norimberga in macerie. Tra i privilegiati Erika Mann, la figlia di Thomas, che aveva la cittadinanza americana, e Willy Brandt tornato in Germania con la divisa norvegese, John Dos Passos, Rebecca West, e Martha Gellhorn, fino al ´45 moglie di Ernst Hemingway, e giornalista più credibile di Papa. E c´era Markus Wolf, allora 23 anni, il futuro leggendario capo del controspionaggio della Ddr, ebreo e emigrato con la famiglia a Mosca all´avvento di Hitler, che indossava la divisa sovietica. Neumann descrive invidie e rivalità professionali, intrighi e amori, e le condizioni di vita che anche nella villa o castello non erano eccezionali. Il gusto era terribilmente teutonico, lamentano gli americani E´ un mondo maschile, critica Erika Mann, che viveva in coppia con la giornalista Betty Knox. Le donne erano molto poche. Anche i telefoni e le telescriventi. Una foto del libro mostra i giornalisti correre per conquistare una cabina il primo ottobre del ´46, e trasmettere dopo la sentenza. Vinse Wes Callagher dell´Associated Press. Un´immagine giornalistica di un passato che appare remoto nell´éra di internet. Intervistai Wolf, ormai in pensione nel ´90. E mi raccontò del processo. Passava il tempo giocando a poker allo Schloss, “e vincevo sempre”. “Non ho dubbi”, commentai. Il giovane Markus, Il futuro maestro delle spie, aveva un´amichetta e desiderava farle un regalo. “Vai dal colonnello americano, il capo della sicurezza al tribunale”, gli consigliarono i colleghi. “Ma non è possibile”, obiettò Markus, Mischa per gli amici. “Vai tranquillo, fa contrabbando di gioielli e sigarette con la Svizzera”. Il colonello non si offese, gli spalancò un cassetto pieno di anelli e collane. “Scelsi un orologio d´oro, mi raccontò Wolf, e da quel giorno capii che gli americani fanno tutto per i soldi. Per questo ho sempre vinto nella guerra delle spie. Gli agenti occidentali lavoravano per i dollari e le sterline, i miei per un´ideale.” La mia prima intervista importante la feci a Albert Speer, l´architetto di Hitler. Quel primo di ottobre scampò alla forca per essere stato l´unico a dichiararsi oggettivamente colpevole, e fu condannato a venti anni. Era appena uscito dal carcere di Spandau. “Lei sapeva delle camere a gas di Auschwitz?” gli chiesi ancora. “No, mi sorrise nella sua villa di Heidelberg, ma se avessi voluto l´avrei saputo.” Quindi lo sapeva, ma una parola lo salvò, colpevole oggettivamente, non personalmente. A Norimberga furono condannati al capestro solo i grandi capi, Göring si uccise, l´ammiraglio Dönitz ebbe 20 anni come Speer, ma le condanne furono indirettamente un´assoluzione per milioni di tedeschi complici di Hitler, piccoli criminali che sostenevano di aver obbedito agli ordini. Una giustizia dei vincitori, ma sarebbe mai stato possibile un tribunale tedesco per i tedeschi?

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