Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
L'odiosa violenza di quelle parole Commento di Elena Loewenthal
Testata: La Stampa Data: 20 marzo 2023 Pagina: 7 Autore: Elena Loewenthal Titolo: «L'odiosa violenza di quelle parole»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 20/03/2023, a pag.7, con il titolo 'L'odiosa violenza di quelle parole', l'analisi di Elena Loewenthal.
Elena Loewenthal
Fabio Rampelli
Secondo il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, se due persone dello stesso sesso chiedono il riconoscimento «e cioè l'iscrizione all'anagrafe di un bambino che spacciano per proprio figlio, significa che questa maternità surrogata l'hanno fatta fuori dai confini nazionali». Di fronte a un pensiero e a un linguaggio del genere il primo impulso è quello di sgranare gli occhi per la brutalità, per lo scatto di spietata indifferenza verso tutto ciò che significa la genitorialità: cura, fatica, responsabilità, ma soprattutto un amore che non è un cristallo inerte ma cresce e cambia e si fa giorno per giorno. E che ben poco se non nulla a che vedere con l'accertamento di un Dna condiviso. La genitorialità, cammino bello e difficile come nessun altro, chiede innanzitutto un rispetto assente in quelle parole pronunciate, con una disinvoltura che sconfina nella volgarità. Di fronte a quella frase tutti i genitori, uomini e donne, eterosessuali o gay, non possono non indignarsi. Che bisogno ci sarà mai di usare parole del genere? Si può pure non essere d'accordo su un'idea di genitorialità che non sia strettamente legata al genere e all'orientamento sessuale di chi è padre o madre, si può pure. Ma perché lanciare parole del genere, come se per una categoria di persone stabilita dalle preferenze sessuali essere padre o madre fosse, a prescindere da qualunque altra circostanza, un atto criminale pari a quello di smerciare stupefacenti? Espressione di un disprezzo totale, tanto incontenibile quanto incomprensibile, parole del genere offendono tutto ciò che significa diventare ed essere un genitore.Ma le parole del vicepresidente della Camera, onorevole Fabio Rampelli, non solo la malaugurata uscita di un impulso irrefrenabile. Sono anche il fragile segno di una battaglia contro i mulini a vento, una specie di involontaria bandiera bianca. Perché la società progredisce, la famiglia cambia. Essere genitori resta un dono incalcolabile, e finalmente questo dono è, o sta diventando – non senza ostacoli e incidenti di percorso – per tutti. Uomini e donne, eterosessuali o gay. Non c'è nulla da fare, non c'è santo che tenga, per fortuna: dalle battaglie per i diritti non si deve né si può tornare indietro. Verrà un giorno, forse meno lontano di quanto non ci si aspetti e di quanto l'onorevole Rampelli non speri, in cui il sesso e l'orientamento sessuale dentro la famiglia non saranno più una questione politica. Anzi, non saranno più nessuna questione.
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