Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Ucraina: la Chiesa ortodossa pro-Putin Analisi di Lorenzo Cremonesi
Testata: Corriere della Sera Data: 06 marzo 2023 Pagina: 12 Autore: Lorenzo Cremonesi Titolo: «I monaci ucraini filorussi: «L’Ovest vuole dividerci». L’esercito di Putin sgancia la superbomba»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 06/03/2023, a pag.12, con il titolo "I monaci ucraini filorussi: «L’Ovest vuole dividerci». L’esercito di Putin sgancia la superbomba" la cronaca di Lorenzo Cremonesi.
Lorenzo Cremonesi
Putin
Di questi tempi non è facile trovare persone che si dichiarino apertamente filorusse in Ucraina. Anche nelle regioni prevalentemente russofone del Donbass investito dai combattimenti, coloro che vedono Putin come un «liberatore», o comunque non lo considerano un «invasore», in genere preferiscono tacere per non essere accusati di «collaborazionismo» col nemico e venire imprigionati per «alto tradimento». Non così però nella cittadina di Sviatohirsk e nel suo storico complesso monasteriale risalente agli inizi del Sedicesimo secolo. «Questa è una zona molto difficile, la grande maggioranza della popolazione ci considera nemici, non fa nulla per nasconderlo. I più sono emigrati nelle regioni autonome del Donbass o addirittura in Russia. Chi resta spera invece nella nostra sconfitta in attesa del ritorno dei soldati russi», ammettono i militari ucraini che pattugliano le zone urbane devastate dai combattimenti dell’anno scorso. Ieri mattina nella basilica principale del monastero i monaci celebravano la messa domenicale benedicendo il patriarca Kirill di Mosca di fronte ai fedeli in preghiera. «Russia, Ucraina, Bielorussia e tante altre zone qui attorno sono parte integrante della stessa regione. Kiev fu la madre di Mosca, della nostra religione, della lingua e della cultura comune. Non esiste alcun motivo per separarci. Chi lo fa agisce per conto di una terza potenza, interessata a dividerci per imporre il suo dominio sul mondo», ci spiega padre Bonifazio, nato 52 anni fa a Zaporizhzhia. Lui non vuole esplicitamente puntare il dito contro gli Stati Uniti e la Nato. «Sono un monaco, un uomo di chiesa, non voglio fare politica», si schernisce. Ma il suo discorso ricalca le parole di Kirill e di Putin: non ci sono differenze tra ucraini e russi, chi le enfatizza fa il gioco americano e del fronte occidentale. A Sviatohirsk praticamente nessuno ha abbracciato lo scisma del patriarcato di Kiev, che negli ultimi mesi si è completamente separato da Mosca proprio in reazione alla guerra lanciata da Putin con la benedizione entusiasta di Kirill. Una delle ultime mosse è stato decidere di celebrare Natale il 25 dicembre come le chiese latine e contro la tradizione ortodossa del 7 gennaio. I servizi di sicurezza ucraini hanno anche effettuato perquisizioni e arresti nelle chiese rimaste fedeli alla Russia, compresi gli antichi monasteri della Grande Lavra di Kiev, considerati ormai alla stregua di covi di ribellione e «quinte colonne» del nemico. Il fronte dei combattimenti si trova una trentina di chilometri più a est. Ieri il presidente Volodymyr Zelensky ha dichiarato che il suo esercito è impegnato in una battaglia «dolorosa e difficile» in Donbass contro le forze russe, che per la prima volta, sostengono fonti di Kiev, avrebbe sganciato la superbomba planante Upab-1500B da 1,5 tonnellate ad Avdiivka e nella regione di Chernihiv. Sviatohirsk fu attaccato dalle truppe russe ai primi di giugno. Una chiesa antica in legno venne carbonizzata dalle bombe e i danni sono evidenti su ogni muro. Nelle aiuole di fronte alla basilica ci sono le tombe di tre monaci e due suore morti nei combattimenti. I soldati ucraini ne ripresero il controllo l’11 settembre durante la campagna militare che permise di liberare le regioni a sud di Kharkiv, sino a Lyman. Oggi vi risiedono un centinaio di monaci, oltre 30 monache e circa 200 civili profughi dai villaggi vicini. «Ma è inutile farsi illusioni: almeno l’80 per cento dei 5.000 abitanti locali è favorevole a Putin, sono i figli dei trasferimenti di popolazione forzati voluti da Stalin 80 anni fa», ci dice Evgenii, un negoziante cinquantenne filo-Zelensky che con tanti suoi vecchi compagni di scuola ormai non parla più.
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