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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa Rassegna Stampa
28.03.2003 Il paragone fuorviante del ministro inglese Straw
La differenza tra le risoluzioni Onu contro Israele e quelle contro l'Irak

Testata: La Stampa
Data: 28 marzo 2003
Pagina: 30
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Che c'entra Saddam?»
Riportiamo un articolo di Fiamma Nirenstein pubblicato su La Stampa venerdì 28 marzo 2003.
Ci si può soltanto augurare che si realizzi subito il desiderio di Tony Blair che, proprio in tempo di guerra in Oriente, finalmente sia resa nota la Road Map, ovvero il piano di pace del Quartetto, e che Sharon e Abu Mazen siedano al tavolo di pace. I protagonisti delle due parti dicono pure che sia Blair sia Bush mettono in rapporto la pace fra i palestinesi e Israele con la guerra in corso in modo strumentale; ma, alla fine, è un´occasione che ambedue le parti cercheranno di utilizzare: per non dispiacere a Bush gli israeliani, per non urtare gli europei i palestinesi, e in fondo perché entrambe sono stravolte della guerra. Ma gli equilibri saranno delicatissimi, guai a dire una parola sbagliata: e ha cominciato davvero male il ministro degli Esteri inglese Jack Straw quando ha detto alla Bbc che il mondo occidentale si è comportato ipocritamente non chiedendo a Israele di conformarsi alle risoluzioni dell´Onu come invece si è chiesto a Saddam. È un paragone fuorviante, che invece di aiutare le parti dà a una di esse l´idea di essere perseguitata ingiustamente, all´altra di poter contare, qualsiasi cosa faccia (anche gesti di terrorismo come quelli che conosciamo), sull´Inghilterra. Perché è fuorviante? Prima di tutto per un motivo di sostanza: con quale perversione si può paragonare Israele a Saddam? Ma abbandoniamo la sostanza per passare all´improponibilità tecnica del paragone. Due capitoli della Carta dell´Onu chiarificano i poteri del Consiglio di Sicurezza e delle sue risoluzioni. Quelle adottate sotto il capitolo 6 trattano di accordi con «risoluzione pacifica delle dispute» e si realizzano con «processi di negoziazione, conciliazione o arbitrato». La risoluzione 242 del novembre ´67 appartiene a questo gruppo e insieme con la risoluzione 338 comporta un ritiro israeliano «da territori» (non dai territori) che Israele prese nella guerra dei Sei giorni. La risoluzione non condanna la conquista del `67, nata da una guerra cui Israele fu trascinata, e non da una guerra di invasione come quella di Saddam in Kuwait. La risoluzione non può, persino, essere applicata da Israele unilateralmente, perché richiede proprio la negoziazione che fino al 1980 è stata rifiutata dai palestinesi che erano contro l´idea «due popoli due Stati»; poi, una volta presa in considerazione, ha trovato sulla sua strada il rifiuto di Arafat a Camp David. Le risoluzioni dell´Onu che riguardano Saddam sono prese sotto il capitolo 7, «Minacce alla pace, infrazioni della pace e atti di aggressione», dedicato a chi si impegni in un atto chiaro di aggressione: queste risoluzioni obbligano l´Iraq o quant´altri a agire unilateralmente. Inoltre, nell´articolo 42 della sua Carta l´Onu indica la necessità di misure militari se la risoluzione è ignorata dall´aggressore. Chi ha trattato sottobanco con l´Iraq grandi commerci di petrolio ha certo violato le risoluzioni delle Nazioni Unite. La verità è che trattative sono auspicabili da tutti, e la prima condizione (lo sa anche Straw) è che gli autobus e i supermarket non esplodano nelle vie di Israele. Su questo si costruisce qualsiasi accordo di pace, da qui verrà lo sgombero di territori da parte di Israele. Ce lo insegna la storia, perché è già successo.
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