Israele e la guerra russo-ucraina
Analisi di Antonio Donno
A destra: una manifestazione pro Ucraina in Israele
La guerra russo-ucraina ha posto il governo di Israele in una  situazione difficile. L’opinione pubblica israeliana è tutta dalla parte  degli ucraini e la stampa riserva giudizi molto negativi sull’operato  di Putin, operato giudicato foriero di una grave crisi internazionale,  cui la Cina potrebbe non essere estranea. Ma il realismo politico, di  cui Ben-Gurion è stato maestro, è sempre stato il punto di forza della  politica dello Stato ebraico e della sua straordinaria capacità di  interpretare la realtà politica internazionale.   
     Durante gli anni del suo premierato – soprattutto gli ultimi –  Netanyahu si è recato spesso a Mosca per parlare con Putin. La  questione più urgente era il processo di acquisizione dell’arma nucleare  da parte dell’Iran. Benché storicamente Israele sia vicino agli Stati  Uniti, per ragioni che risalgono alla sua stessa nascita e alla sua  difesa, Netanyahu temeva che la Russia di Putin si avvicinasse  politicamente e militarmente al nemico numero uno di Gerusalemme, cioè  Teheran. Partendo dal dato di fatto dell’immigrazione massiccia di ebrei  russi in Israele, Netanyahu poneva al centro dei suoi incontri con  Putin il pericolo che il mondo islamico mediorientale, che desiderava la  distruzione di Israele, fosse sostenuto militarmente da Mosca, e si  impegnava di fornire alla Russia l’alta tecnologia di cui disponeva lo  Stato ebraico. Dopo la firma degli Accordi di Abramo – evento  fondamentale per la sicurezza di Israele e per questo oggetto di  fortissime critiche da parte degli ayatollah iraniani nei confronti dei  Paesi arabi sunniti che avevano sottoscritto quegli accordi – una buona  parte delle minacce arabe era venuta meno. Restava in piedi, tuttavia,  il pericolo nucleare dell’Iran. 
     Si tratta di un pericolo sempre più presente nello scacchiere  mediorientale; e la guerra in Ucraina non fa altro che incrementare  questo pericolo. Israele avrebbe voluto volentieri essere estraneo alla  questione russo-ucraina, ma il numero degli attori presenti direttamente  o indirettamente nella scena bellica ha esteso il campo del conflitto  in modo tale da coinvolgere anche Israele. Zelensky ha chiesto a  Gerusalemme forniture militari, ma Israele ha fornito soltanto ospedali  da campo e materiale non bellico. Israele non poteva rompere gli  accordi, non scritti ma molto impegnativi, che a suo tempo Netanyahu  aveva concluso con Putin nei suoi numerosi viaggi a Mosca. La richiesta  di Zelensky ha messo in grave difficoltà Israele, soprattutto alla  vigilia di cruciali elezioni politiche che determineranno il nuovo  assetto parlamentare israeliano. E tuttavia, sia Naftali Bennett, sia  Yair Lapid, succeduti a Netanyahu, non hanno inteso violare gli accordi  con Putin raggiunti dal loro predecessore, rendendosi conto che gli  esiti raggiunti da Netanyahu nei suoi incontri con il presidente russo  non potevano essere rovesciati in una circostanza così grave come la  guerra tra Russia e Ucraina. 
     Ma le circostanze attuali hanno aggravato la situazione  bellica in Ucraina. Putin ha richiesto i cosiddetti droni suicidi a  Teheran che glieli ha prontamente forniti. Il loro uso minaccia di  rovesciare la situazione sul terreno e per questo motivo Zelensky ha  chiesto a Israele di fornirgli la tecnologia che dà vita a Iron Dome,  il potente sistema di difesa che consente a Gerusalemme di intercettare  i missili di Hamas provenienti da Gaza e da altre zone controllate dai  terroristi arabi. Una richiesta che per Israele è impossibile da esaudire.  La tecnologia straordinariamente avanzata che sostiene Iron Dome è un  segreto militare che garantisce esclusivamente la sicurezza di Israele.  Impiantare Iron Dome in Ucraina significherebbe permettere ai russi e  poi anche agli iraniani di impossessarsi dei segreti tecnologici di  questo sistema di difesa, con le conseguenze che ne deriverebbero per la  sicurezza di Israele nel suo conflitto con l’Iran.