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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
09.08.2022 Taiwan: la Cina è in trappola nella sua geografia
Federico Fubini intervista Giuseppe Izzo,grande esperto su Taiwan

Testata: Corriere della Sera
Data: 09 agosto 2022
Pagina: 10
Autore: Federico Fubini
Titolo: «Taipei non è solo semiconduttori e chip»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 09/08/2022, a pag.10, con il titolo "Taipei non è solo semiconduttori e chip" l'intervista di Federico Fubini a Giuseppe Izzo.

Federico Fubini, Autore presso Fondazione Luigi Einaudi
Federico Fubini

Giuseppe Izzo, ex presidente e oggi vicepresidente della Camera di commercio europea a Taipei e manager di punta nel settore semiconduttori vive a Taiwan da trent’anni. Probabilmente è l’italiano che conosce meglio l’isola e le ragioni che ne fanno un territorio di importanza strategica per l’economia globale.

Izzo, il blocco navale di fatto che la Cina sta imponendo in questi giorni è un trauma per i taiwanesi?
«Assolutamente no. I fatti di questi giorni passano sopra la testa della gente. Nella società non è successo proprio nulla, non vedo rallentamenti. L’altro giorno cadeva l’equivalente cinese di San Valentino e nei ristoranti non c’era un solo posto libero. Gli shopping mall sono strapieni».

Fuori però, a poche miglia marine, navi da guerra cinesi stanno sparando e simulano un’aggressione armata dell’isola…
«Sono questioni non nuove, queste storie vanno avanti dal 1949. Nel ’96 quando ci furono le prime elezioni democratiche, i taiwanesi attraversarono momenti anche più difficili».

Lei crede che l’élite di Taipei e la popolazione in genere si sentano pronte a resistere a un attacco?
«C’è la sensazione di un’accelerazione. Ma la si vive più come una disputa fra Stati Uniti e Cina, anche se è effettivamente una minaccia».

C’è chi teme che una guerra sull’isola sarebbe uno choc per l’economia mondiale. Quanto è sistemica Taiwan per le catene globali del valore?

«La maggior parte dell’export taiwanese va in Cina, non altrove. Sono prodotti semilavorati, che vengono completati in Cina e poi esportati altrove. Taiwan ha grandi gruppi di elettronica di consumo come Foxconn, Quanta, Inventec, grandi produttori per conto terzi. Ormai a Taiwan si fa solo la parte della ricerca e sviluppo e dell’ingegneria. Poi i telefoni della Apple si assemblano in Cina e così molti altri prodotti. I grandi costruttori taiwanesi danno lavoro in Cina a circa 15 milioni di persone. Dunque un blocco navale di Taiwan avrebbe un impatto sull’economia mondiale, ma attraverso la Cina. Va anche detto che i taiwanesi di recente hanno iniziato a diversificare gli investimenti, soprattutto in India, Indonesia e Thailandia».

 Dunque Taiwan dipende per molti aspetti dalla Cina, ma è vero anche il contrario.
Le mire del dragone La Cina è chiusa a Nord da mari ghiacciati, a Est da Giappone e Corea. La conquista di Taiwan significherebbe dominio incontrastato del Pacifico «È un intreccio simbiotico, difficile da sciogliere. I taiwanesi in Cina fanno molti prodotti destinati agli Stati Uniti o per conto di imprese americane. I taiwanesi producono il 12% della Tesla — tutta la parte elettronica — poi l’assemblaggio avviene in Cina. Una dinamica simile ha luogo per i computer di Hp, le scarpe Nike e Adidas o la filiera delle biciclette. La Giant, taiwanese, è la più grande azienda mondiale del settore».

Un’invasione cinese ridurrebbe in maniera drammatica la produzione di semiconduttori, perché la taiwanese Tsmc è di gran lunga il primo gruppo mondiale del settore. Non trova?

«È l’aspetto più sensibile. In questi ultimi due anni si è molto discusso sui microchip per i problemi di produzione insufficiente e penuria. In tempi normali è solo questione di tempo per recuperare. Ma Taiwan ha questa vulnerabilità, è vero».

Ce l’ha Taiwan o ce l’ha il resto del mondo, che dipende da Taiwan?

«La coreana Samsung Semiconductors fa prodotti simili e l’americana Intel sta investendo molto, ma sicuramente ci sarebbero ritardi enormi nella filiera. Perché Tsmc non produce solo i chip microscopici che vanno nei cellulari, ma anche molte altre tecnologie altrettanto avanzate».

La Cina, come la Russia, sarà pronta a subire un violento degrado della propria economia in nome dell’obiettivo geopolitico di conquistare un proprio vicino?

«Bisogna pensare che la Cina è intrappolata nella sua geografia. Taiwan non rappresenta solo un simbolo emotivo, culturale o storico, ma uno sbocco nel Pacifico. Xi Jinping ha speso centinaia di miliardi di dollari nella Via della Seta per accelerare l’export verso l’Europa. Ma verso Occidente la Cina è chiusa a Nord dai mari ghiacciati, poi dalla Corea, dal Giappone, dalle Filippine e da Taiwan. Conquistare l’isola per loro vuol dire conquistare l’accesso incontrastato al Pacifico. Tenga anche presente che circa metà della popolazione a Taiwan non sarebbe ostile a una riunificazione purché avvenga in modo pacifico».

Intende dire che la Cina non si fermerà?

«Lo si capirà dopo il prossimo Congresso del partito a Pechino, sulla base dei capisaldi che Xi Jinping metterà nel suo programma».

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