Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Israele, l’ultima nazione dell’Occidente Analisi di Antonio Donno
Testata: Informazione Corretta Data: 11 luglio 2022 Pagina: 1 Autore: Antonio Donno Titolo: «Israele, l’ultima nazione dell’Occidente»
Israele, l’ultima nazione dell’Occidente
Analisi di Antonio Donno
La copertina (Rubbettino ed.)
“Israele: l’ultima nazione dell’Occidente” è intitolato uno dei capitoli di Quadrante occidentale, di Renato Cristin (Rubbettino, 2022), professore di Ermeneutica filosofica nell’Università di Trieste. Che cosa vuol dire Cristin con questo titolo? Israele è la nazione dell’Occidente che ha conservato, sviluppato e proiettato nel futuro i valori fondativi dell’Occidente, valori che l’Occidente va perdendo progressivamente: “Se […] l’origine spirituale dell’Occidente – scrive Cristin – consiste nella libertà e nella verità, Israele è in sintonia con la propria origine perché vive nella libertà e nella verità, mentre dal resto dell’Occidente l’origine è stata dimenticata” (p. 156); e, a differenza di Atene e Roma, che rappresentano soltanto il nome di un passato glorioso, Gerusalemme è “la cosa di un presente vivente” (ibid.). In queste due brevi citazioni è racchiusa tutto il profondo significato che Cristin attribuisce all’esistenza stessa di Israele, come espressione dell’interiorizzazione dell’amor di patria che è, allo stesso tempo, un dato religioso, morale, culturale e politico della sua popolazione in pace e in guerra.
Renato Cristin
Eppure, il resto dell’Occidente fa finta di non riconoscere in Israele la presenza di quei valori che hanno nutrito la sua civiltà fin dall’inizio e ha lasciato che in sé nascesse e si sviluppasse un odio crescente verso Israele, cioè verso se stesso. E così l’antisemitismo, che Cristin definisce “funzionale” alla distruzione di Israele e perciò dell’intero Occidente, è un processo di auto-eliminazione di un’intera civiltà: l’odio per il popolo ebraico è l’odio verso se stessi. È ciò che per tanto tempo i nemici dell’Occidente hanno sperato di ottenere: non vi sono riusciti in un conflitto durato secoli, vi stanno riuscendo attendendo con soddisfazione l’auto-immolazione del nemico. Così il “furore israeloclastico” (definizione di Cristin) finisce per essere un “furore occidentoclastico” (mia definizione), un desiderio coltivato nel tempo di vedere distrutta la civiltà occidentale e i suoi valori considerati negativi (in particolare, il capitalismo), secondo lo schema comunista e dei suoi discendenti. Cristin fa assai opportuno riferimento a Pierre-André Taguieff che parla di “islamo-nazismo”, di “islamo-comunismo” e di “islamo-gauchisme”.
L’odio verso l’Occidente si esprime al massimo grado nell’odio verso Israele, perché i suoi nemici sanno bene che Israele rappresenta oggi quel sistema di valori che l’Occidente va perdendo sotto l’incalzare dei suoi nemici esterni e delle forze alleate che prendono progressivamente possesso dei gangli vitali nei vari settori della cultura occidentale. A cominciare dalle istituzioni internazionali, che hanno posto Israele sotto un attacco continuo e forsennato, nel quale i progressisti occidentali, ergendosi a difensori della causa palestinese, lavorano alacremente per smontare pezzo per pezzo i principi basilari della civiltà occidentale. Per questo motivo, Israele, che oggi è il centro che incarna la verità di questi principi, è sotto attacco costante.
Dopo le ripetute sconfitte militari, alcuni Paesi arabi sono addivenuti agli Accordi di Abramo con Israele, accettando di fatto la sua esistenza: “[…] Il re arabo-islamico-palestinese – scrive Cristin – è nudo, ma l’ideologia antisionista occidentale continua a rivestirlo” (p. 175). Con tutto ciò, il popolo israeliano ha interiorizzato questa minaccia perché possiede “[…] un’identità forgiatasi nei millenni e affermata sempre con orgoglio, a dispetto delle sventure che ha dovuto subire, soprattutto in Europa, da popoli fratelli ma, per molto tempo, ottenebrati da odii e ideologie” (p. 176). Di conseguenza, il popolo israeliano ha imparato a vivere con il terrore, non nel terrore, conclude Cristin nel suo splendido capitolo. A differenza di molti Paesi occidentali, Israele ha una radicata coscienza identitaria e, quindi, nazionale. È una solidissima base per il suo futuro, e per l’ebraismo internazionale. La ragione è così sintetizzata da Cristin: “Israele è riuscito a sfuggire all’oblio dell’origine e, anzi, ha fatto dell’originario la rampa di lancio con cui il presente viene difeso e proiettato nel futuro” (p. 157).