Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Tra le bombe nel Donbass Cronaca di Daniele Raineri
Testata: La Repubblica Data: 15 aprile 2022 Pagina: 4 Autore: Daniele Raineri Titolo: «Bombe russe sul Donbass: 'Con il sole sfonderanno'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 15/04/2022 a pag.4 con il titolo "Bombe russe sul Donbass: 'Con il sole sfonderanno' " la cronaca di Daniele Raineri.
Daniele Raineri
Il capitano dell’esercito ucraino Yagodka Sergii è asciutto, veloce, conosce il suo settore di fronte metro per metro. Indica in direzione di Donetsk, la capitale dei separatisti filorussi: il loro fuoco parte da lì, ci passa più o meno sopra, cade là e fa un gesto vago verso le posizioni degli ucraini nascoste fra i campi e le file di alberi; il nostro fuoco va in direzione opposta. Razzi e colpi d’artiglieria. Nei giorni scorsi in questo settore si sentivano colpi sporadici, ogni tanto, come a ricordare ai passanti che si tratta di un’area del Donbass che non ha mai smesso di essere in guerra dal 2014. Adesso però il ritmo del conflitto ha accelerato, i minuti di frastuono sono molti di più dei minuti di intervallo, si va verso il grande giorno che tutti aspettano, quello che potrebbe cambiare per sempre la geografia dell’Ucraina: lo sfondamento delle linee da parte dei russi per ottenere infine una vittoria sul campo, dopo l’umiliazione rimediata a nord di Kiev. E per questo grande giorno le batterie russe preparano il terreno. Loro cercano le nostre postazioni, noi cerchiamo le loro, dice il capitano Sergii. E tutti, soldati ucraini e russi con i carri, si spostano (vietato filmare! vietato fotografare!), lasciano soltanto segni di cingoli nel terreno morbido dei campi, spariscono nei boschi. Il tempo è troppo brutto per la sorveglianza aerea, piove e durerà per giorni. Richiesta al capitano: andare a vedere queste formazioni di soldati nascoste, senza scattare immagini. No, perché non abbiamo pale in più per i giornalisti, risponde il vice del capitano. Forse è humor nero, un riferimento al fatto che chi va a vedere i soldati impegnati a spararsi con i russi dev’essere pronto alla sepoltura? No, abbiamo tutti una pala in dotazione, quando il fuoco russo ci individua e i tiri d’aggiustamento cominciano a stringere su di noi usiamo in velocità la pala nel terreno, facciamo una buca alta così – usa le mani: è poco profonda – e ci buttiamo dentro per sopravvivere fino a quando i colpi si spostano. Il fante durante un bombardamento si aggrappa al terreno, vi affonda con le mani e la faccia, fa diventare ogni centimetro un muro scriveva Erich Maria Remarque ed era più di un secolo fa.
Siamo ad Avdiivka, un paese sulla linea di confine tra l’Ucraina e la cosiddetta repubblica indipendente di Donetsk – la capitale è così vicina che si vedono le cime dei palazzi più alti. In centro pochi abitanti emergono dai rifugi e vanno a comprare cibo, si fidano per un po’ del fatto che i colpi non cadranno sulle case ma cercheranno i soldati fuori dal paese. Ma da due settimane tutti hanno capito che si va verso il peggio, l’evacuazione continua tutti i giorni. «Abbiamo creato un gruppo Telegram apposta, ogni giorno mandiamo un messaggio per avvisare che chi è pronto avrà a disposizione un mezzo per scappare – spiega il capitano – Una volta al giorno sempre a ore diverse, per motivi di sicurezza, non vogliamo creare un pattern riconoscibile». Vediamo il mezzo: è lo scuolabus giallo, preceduto da una jeep della polizia. Gli abitanti di Avdiivka sono i più scafati della nazione, i più abituati al conflitto fin dal 2014, i più assuefatti alla casualità dell’artiglieria. Se se ne vanno è perché capiscono che la Russia sta per lanciare un’offensiva di terra senza precedenti. C’è una stessa domanda che corre lungo tutto il confine del Donbass, da Avdiivka a Sud a Sieverodonetsk a Nord fino a Kramatorsk nel mezzo (che l’intelligence britannica indica come prossimo obiettivo dell’offensiva russa): quando è il momento giusto per andarsene da una città per non restare intrappolati in un accerchiamento russo? I segni dell’offensiva in arrivo sono dappertutto. Ai checkpoint ieri mattina i soldati ucraini con escavatrici creavano montagne di terra sulla strada per obbligare i veicoli a procedere a zig zag, quindi più lenti, quindi più facili da colpire, e non c’erano prima. Nei campi ai lati della strada i cartelli avvertono: mine. I russi tentano già lo sfondamento in qualche punto e sfonderanno di sicuro appena torna il cielo sereno, stanno distruggendo in queste ore Popasna – «oggi per la prima volta in vita mia sono terrorizzato », dice una fonte ucraina di ritorno da lì – e combattono sulla strada tra Lyman e Zarichne. Sono nomi di luoghi così piccoli che di solito non contano, ma l’indicazione che se ne trae è: i soldati russi avanzano nel Donbass. In teoria dovrebbero aspettare per molti motivi, per il maltempo che blocca elicotteri e aerei, per i rinforzi che ancora non sono arrivati, perché non sono ancora in posizione. Ma hanno la consegna di ottenere una vittoria entro il 9 maggio, è una consegna impossibile da rispettare perché c’è troppo poco tempo e il ritardo diventa più grave ogni giorno. Nel Donbass oggi c’è la certezza di una seconda fase della guerra più aggressiva della prima fase attorno a Kiev.
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