Hamas le spara grosse, ma occorre stare all’erta 
Analisi di Antonio Donno
Sul “Foglio” di ieri, 8 ottobre, Daniele Raineri ci informa che  Hamas ha tenuto, negli ultimi giorni di settembre, una conferenza nel  cui documento finale descrive che cosa occorrerà fare una volta che  Israele sarà sconfitto e eliminato dalla carta geografica del Medio  Oriente. Il documento è abbastanza analitico sui provvedimenti da  adottare verso i soldati israeliani, la popolazione dello Stato ebraico e  coloro che all’estero sostengono Israele. In questo modo, Hamas  conferma la sua posizione di sempre: nessun accordo con Israele, guerra  continua contro Israele, distruzione di Israele. È noto che il gruppo  terroristico di Gaza è sostenuto politicamente e militarmente dall’Iran,  cosicché le affermazioni contenute nel suo documento non possono essere  sottovalutate. E tuttavia, questa ulteriore presa di posizione si  colloca in un momento di stallo di due eventi molto importanti: le  trattative fra Hamas e Israele, dopo la fine della guerra scatenata dai  terroristi di Gaza nel maggio scorso, e le trattative ancora in corso a  Vienna tra Stati Uniti e Iran sulle questioni nucleari di Teheran. 

 
Queste due questioni ancora irrisolte della crisi mediorientale  sono taciute dal documento di Hamas per un motivo molto semplice. Hamas  non può, in questo momento, attaccare militarmente  lo Stato ebraico,  essendo in corso le trattative con Gerusalemme, ma, nello stesso tempo,  non può sparire dalla scena inducendo i suoi sostenitori a credere di  essere in difficoltà nella sua battaglia contro il nemico sionista. Per  questo motivo, la conferenza e il conseguente documento hanno il fine di  tenere alto il morale dei suoi adepti e confermare l’obiettivo storico  del movimento: l’eliminazione di Israele e il ritorno di quella terra  all’Islam. Per quanto il documento sia molto enfatico – e per questo  alquanto ridicolo agli occhi delle persone di buon senso – nel  descrivere spocchiosamente tutta una serie di iniziative punitive verso  gli ebrei di Israele, una volta portata a termine la distruzione di  quest’ultimo, esso ha l’evidente scopo di tener unito il blocco dei  nemici ad oltranza dello Stato ebraico. Hamas, più le spara grosse, più  eccita la fantasia degli antisemiti di ogni risma. 
Nonostante tutto questo, gli Stati Uniti non devono sottovalutare  qualsiasi minaccia che provenga dal mondo fondamentalista islamico nei  confronti di Gerusalemme. Sarebbe un errore gravissimo, che potrebbe  causare una crisi irreversibile nello scenario del Medio Oriente. Per  questo motivo, Washington non deve concedere nulla di sostanziale a  Teheran nelle trattative in corso, per non incentivare le ambizioni  regionali degli ayatollah e, di conseguenza, l’aggressività dei suoi  scherani: Hezbollah in Libano e Hamas nella Striscia di Gaza. Occorre  che, alla luce del documento di Hamas, gli Stati Uniti valutino  attentamente i tempi e le modalità del loro ritiro dal Medio Oriente. 
Nello stesso tempo, Israele deve considerare che, nonostante la  situazione di stallo nelle trattative Iran-Stati Uniti, Teheran continua  a tessere la sua tela in molte parti della regione. Le prossime  elezioni in Iraq non modificheranno la situazione nel paese, dove gli  sciiti filo-iraniani detengono buona parte del potere politico ed  economico; e, nel contempo, il regime non disdegna di approcciare  diplomaticamente Riad, che, pur non avendo ancora sottoscritto gli  Accordi di Abramo, rappresenta il nucleo centrale di quel blocco di  paesi arabi sunniti che hanno firmato gli storici accordi. Israele è ben  consapevole delle mosse diplomatiche di Teheran e, per questo motivo,  deve imprimere sempre più vigore a quelle intese sottoscritte da una  parte assai importante del mondo politico ed economico del Medio  Oriente. 
     Nonostante la pressione della parte oltranzista del team di  Biden, tradizionalmente contraria a Israele e favorevole all’estremismo  islamista, l’Amministrazione di Washington non può ignorare che il  ritiro definitivo americano dalla regione potrebbe aggravare i pericoli  per lo Stato ebraico e, perciò, per tutta la regione. Gli Accordi di  Abramo, che pure Biden e i suoi hanno accolto con grande favore,  subirebbero un crollo di peso politico a vantaggio del fondamentalismo  islamista e delle ambizioni di Teheran. 

Antonio Donno