mercoledi` 07 maggio 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



Clicca qui






La Repubblica Rassegna Stampa
10.08.2021 Iran: Raisi 'a processo' in Svezia
Cronaca di Gabriella Colarusso

Testata: La Repubblica
Data: 10 agosto 2021
Pagina: 15
Autore: Gabriella Colarusso
Titolo: «Iran, i fantasmi del presidente Raisi a processo in Svezia»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 10/08/2021, a pag.15, con il titolo "Iran, i fantasmi del presidente Raisi a processo in Svezia", la cronaca di Gabriella Colarusso.

Risultati immagini per gabriella colarusso repubblica
Gabriella Colarusso


Ibrahim Raisi

Nell’estate del 1988, Bijan Bazargan aveva 28 anni. Era stato condannato a 10 anni di prigione per aver fatto parte di una formazione comunista che si opponeva alla Repubblica Islamica dell’Iran, nata 10 anni prima con la rivoluzione Khomeinista. Bazargan non scontò mai la sua pena: fu giustiziato senza processo come migliaia di altri prigionieri politici alla fine della guerra con l’Iraq, un massacro su cui non è mai stata fatta luce e per il quale Amnesty international e altre organizzazioni per i diritti umani chiedono un processo giusto e trasparente. Il paradosso è che pezzi di verità potrebbero venire non dall’Iran, dove l’argomento è tabù, ma dalla Svezia. Oggi infatti a Stoccolma si apre il processo contro Hamid Noury, all’epoca dei fatti assistente del vice procuratore della prigione di Gohardasht, a est di Teheran, che secondo l’accusa avrebbe avuto un ruolo importante negli interrogatori e nelle esecuzioni. La famiglia di Bazargan si è costituita parte civile insieme ad altre 39 persone. Noury respinge le accuse, ma i procuratori svedesi hanno accumulato una mole tale di documenti e testimonianze da potersi appellare al principio della giurisdizione universale, che consente a uno Stato di giudicare presunti gravi crimini commessi in un altro Paese. Un processo altamente sensibile per la leadership iraniana. Nel comitato dei quattro giudici che decisero le esecuzioni sulla base di due fatwa emesse dall’ayatollah Khomeini c’era anche Ebrahim Raisi, allora 28enne vice procuratore generale, l’uomo che cinque giorni fa ha giurato come nuovo presidente dell’Iran. Raisi è stato messo sotto sanzioni dagli Stati Uniti nel 2019 per le violazioni dei diritti umani legate anche ai fatti dell’88. Il massacro è stato l’evento più traumatico e sanguinario della storia recente iraniana. Molti dei condannati a morte erano membri del Mek, Mujahedin-e-Khalq, un gruppo armato di opposizione che si era schierato con l’Iraq contro la neonata teocrazia islamica, ma tra le vittime c’erano anche comunisti, laici, attivisti di sinistra, semplici cittadini accusati di apostasia, racconta lo storico Ervand Abrahamian nel suo libro "Tortured Confessions ". Per la società civile iraniana è un trauma mai elaborato: non se ne parla, non se ne può parlare. Ai parenti delle vittime è vietato anche piangere i loro cari nel grande cimitero di Khavaran a sud di Teheran, dove molti di loro sono stati seppelliti senza lapidi.

Per inviare la propria opinione a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

rubrica.lettere@repubblica.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT