Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
'Destini. La fatalità del Male', di Bruno Nacci Recensione di Carlo Baroni
Testata: Corriere della Sera Data: 04 agosto 2021 Pagina: 39 Autore: Carlo Baroni Titolo: «L'ombra del Male nel destino di cinque uomini»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 04/08/2021, a pag.39, con il titolo ''L'ombra del Male nel destino di cinque uomini" l'analisi di Carlo Baroni.
La copertina (Ares ed.)
Il canovaccio è sempre lo stesso. Come in una recita con le battute scontate. Il Male, quando esce dalle pagine dei libri e dei giornali e si fa corpo, ci sorprende alle spalle peggio di un ladro in una notte buia. Non lo comprendiamo, ne cerchiamo le ragioni nascoste. Proiettiamo i nostri stereotipi su vite di cui, in realtà, non sappiamo assolutamente nulla. Cos'è il Male? Banale come lo descriveva Hannah Arendt o iscritto nel cuore umano fin dall'inizio, a pensarla come Albert Einstein. Il Male non occulta il Bene. I due estremi coesistono magari persino nello stesso momento. In Schindler's List di Steven Spielberg, durante una retata di nazisti nel ghetto di Cracovia, una SS trova un piano e comincia a suonare Mozart. E quella musica sublime fa da colonna sonora alle urla, agli spari, allo strazio. Bruno Nacci con il suo Destini, la fatalità del Male, edito da Ares (pagine 192, €16), prova a indagare questo sentimento che tutti respingiamo e che tutti attrae, raccontando l'altra vita di cinque cattivi per antonomasia. O sarebbe meglio dire quattro perché Seneca è una new entry sorprendente. Un malvagio non nasce malvagio o forse sì. E in ogni caso non manifesta sempre e subito questa sua natura. L'autore parla di «fatalità» come a dire che c'è una sorte ineluttabile. Ma non è neanche così. Qualche studioso della mente umana o delle neuroscienze scoverebbe cause recondite. Nacci racconta esistenze. Quella di Nguyen Ngoc Loan, pacifico gestore di un ristorante a Burke, negli Stati Uniti. Ma dietro la gentilezza, l'affabilità, c'è il feroce generale vietnamita che spara a bruciapelo alla tempia di un nemico. Una foto simbolo della guerra del Vietnam. II passaporto che serve al reporter che l'ha scattata per vincere il premio Pulitzer. E allora la malvagità questa volta si incarna anche nell'animo dello spregiudicato cronista. L'altra vita di Albert Speer, l'architetto geniale del nazismo, è un viaggio di oltre trentamila chilometri. Attraversa il mondo, valica montagne, naviga sugli oceani. Vede luoghi lontani nello spazio. E li descrive come un Bruce Chatwin ante litteram in un taccuino che ha le pagine che non finiscono mai: la sua mente. Un viaggio che avviene tutto dentro le mura del carcere di Spandau, dove è rinchiuso da quando è finita la guerra. L'Adolf Hitler di prima delle adunate e della barbarie è un uomo che non sa ancora quale strada prendere nella vita. Insicuro e indeciso. Basterebbe un attimo per fare di lui un senzatetto relegato al margini della società. Trova rifugio in un ostello per diseredati, sfanga le giornate dipingendo e vendendo cartoline illustrate. La timidezza è il tratto caratteriale del Pol Pot di prima degli eccidi dei Khmer Rossi in Cambogia. Da studente della Sorbona tira fuori la sua aggressività solo dando calci ad un pallone. Dicono fosse promettente. E un giovane uomo sensibile che ama le arti e la musica raffinata. L'indole da leader sanguinario occultata da un sorriso persino troppo ingenuo. Il cattivo più improbabile è Seneca. Tacciato al più di cinismo. Distacco emotivo, poca empatia. Un filosofo che scavalca le fragilità quotidiane con la supponenza di chi la sa lunga. Supponenza che poi è cultura e profondità di pensiero. Ma c'è anche un Seneca malvagio. Quello che emerge dalle lettere che scrive prima di suicidarsi. Un j'accuse rivolto a sé stesso. E non sono manchevolezze o cedimenti umani. Ed è forse proprio lui l'immagine di una doppiezza che sempre sorprende, nonostante i mille avvertimenti che la vita ci mette davanti.
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