Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Il Libano sprofonda nella crisi Commento di Lorenzo Cremonesi
Testata: Corriere della Sera Data: 07 luglio 2021 Pagina: 17 Autore: Lorenzo Cremonesi Titolo: «Il Libano in coda per sopravvivere»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 07/07/2021, a pag.17, con il titolo "Il Libano in coda per sopravvivere", il commento di Lorenzo Cremonesi.
Lorenzo Cremonesi
La crisi è talmente catastrofica che gli esperti della Banca Mondiale non esitano a definirla «tra le tre più gravi sul nostro Pianeta dalla metà dell'Ottocento». Lo testimoniano le code di intere giornate ai distributori, i tagli continui alla rete elettrica nazionale, la mancanza di beni essenziali come le medicine, i supermercati chiusi, il crollo dei salari, il quasi azzeramento del valore della moneta nazionale e le banche serrate. Immaginate cosa significhi per un'intera popolazione scoprire che i risparmi sono congelati, non solo non c'è accesso al credito, ma soprattutto si deve vivere alla giornata, occorre arrangiarsi tra mercato nero, corruzione imperante e assenza di aiuti. Parliamo del Libano. Poco meno di un anno fa i suoi circa 6 milioni di abitanti (inclusi oltre un milione di profughi siriani arrivati dal 2011) credevano genuinamente di avere toccato il fondo. La terribile esplosione del 4 agosto che aveva devastato il cuore di Beirut (almeno 200 morti, circa 6.000 feriti e danni per miliardi di euro) era stata letta allo stesso tempo come l'ennesima prova dell'inefficienza cronica di una classe politica e amministrativa corrotta sino al midollo, ma anche quale occasione di riforme e riscatto nazionale. Le circa 2.750 tonnellate di nitrato d'ammonio giacevano da oltre 7 anni in un hangar semi-abbandonato nella zona commerciale del porto. Emerse presto che non c'era traccia di attentato, seppure diversi politici e commentatori avessero puntato il dito contro «nemici esterni» e non meglio chiariti «complotti» locali funzionali alla loro causa. Si era piuttosto trattato di un incidente. Avevano provocato la deflagrazione un banalissimo cortocircuito, unito al calore delTestate e al particolare assurdo per cui accanto al nitrato estremamente esplosivo erano accatastate scatole di fuochi d'artificio. Ma la cosa era in realtà ancora più grave. Sbatteva in faccia a tutti ciò che ogni libanese ben conosce nell'intimo: la Stato è fallito, i partiti tradizionali a parole si fanno la guerra, ma nei fatti cooperano sottobanco per restare a spartirsi la gestione del Paese. II riscatto sperato nel 2020 non è mai avvenuto: al contrario, oggi prevale la stagnazione. L'Orient le Jour, il quotidiano in lingua francese vicino alla componente antisiriana della comunità cristiana locale, sottolinea che la mancanza di carburante è alimentata dai contrabbandieri collusi con partiti e le forze di si carezza che ne permettono la vendita illegale al regime di Bashar Assad. II motivo è presto detto: in Libano il carburante è fortemente sussidiato dalle casse pubbliche, venderlo invece in Siria a prezzi molto più alti garantisce enormi incassi in nero, che vengono poi spartiti tra le autorità coinvolte. A complicare la crisi sta anche il fatto che il collasso dell'economia siriana ha praticamente azzerato gli scambi commerciali col Libano, una volta valevano miliardi. Non è strano .che ieri Hassan Diab, il premier dimissionano da circa io mesi ma costretto a dirigere il governo di transizione, abbia lanciato una drammatica richiesta di aiuto alla comunità internazionale paventando «l'imminenza di una grave e violenta esplosione sociale». In pochi mesi il prodotto interno lordo si è ridotto del 4o per cento. Due anni fa il dollaro valeva meno di 1.000 lire libanesi, oggi più di 18.000 al mercato nero (il cambio ufficiale, che nessuno usa, è fermo a 1.500). Per far fronte alle difficoltà la popolazione si adatta: niente ascensori, in famiglia si fanno i turni per stare in fila ai distributori, comunque si va a piedi, cresce ii mercato dei pannelli solari. Soprattutto, chi può emigra e ciò impoverisce privando il Paese dei professionisti migliori. Tra i più colpiti, le vittime del Covid che non trovano cure.
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