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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Informazione Corretta Rassegna Stampa
04.06.2021 Il nuovo accerchiamento di Israele
Analisi di Antonio Donno

Testata: Informazione Corretta
Data: 04 giugno 2021
Pagina: 1
Autore: Antonio Donno
Titolo: «Il nuovo accerchiamento di Israele»
Il nuovo accerchiamento di Israele
Analisi di Antonio Donno

A Gaza noi di Hamas non ci siamo arresi. E abbiamo dimostrato che Israele  non è impenetrabile

La recente aggressione di Hamas a Israele e gli eventi che si sono verificati a Gerusalemme e nelle città israeliane a popolazione mista pongono al governo israeliano e alle sue forze di difesa un problema mai emerso finora nei confronti militari tra Israele e i palestinesi, a qualsiasi gruppo terroristico essi appartengano: l’accerchiamento. In realtà, sia la guerra del 1948-49, sia quella del 1967, sia ancora quella del 1973 erano impostate secondo la strategia dell’accerchiamento, ma oggi la situazione è diversa. In quelle precedenti circostanze erano gli Stati arabi con le loro forze armate a stringere d’assedio Israele, con il sostegno politico e militare dell’Unione Sovietica. Erano, di fatto, episodi che rientravano nella logica della Guerra Fredda, il che comportava un confronto tra Mosca e Washington, che apertamente sosteneva Israele. La sconfitta dei paesi arabi rappresentò una cocente sconfitta politica dell’Unione Sovietica. I contendenti si affrontarono a viso aperto, senza che i sovietici e gli americani entrassero direttamente nel gioco della guerra, perché ciò avrebbe comportato un conflitto tra le due superpotenze dagli effetti tragici a livello globale. Sia Mosca, sia Washington ne erano perfettamente consapevoli: sapevano bene che un confronto diretto avrebbe comportato la distruzione reciproca.

Dopo il crollo dell’Unione Sovietica è venuto meno questo equilibrio planetario. Il Medio Oriente ne ha risentito pesantemente e lo stesso Israele si è trovato a fronteggiare nuovi nemici entrati prepotentemente, da protagonisti, nello scenario mediorientale. L’Iran e la formazione terroristica ad esso collegata (Hezbollah), la Jihad islamica, Hamas che controlla Gaza: sono tutte forze che fanno riferimento al progetto globale islamico di conquista del mondo attraverso la guerra santa, a cominciare dalla distruzione dello Stato di Israele, il nemico numero uno. Queste formazioni non hanno alcuna connessione politica progettuale con potenze esterne al contesto mediorientale – come nei decenni della Guerra Fredda – perché si muovono in totale indipendenza, ispirate da una finalità religiosa globale.

Ne deriva che l’accerchiamento messo in atto da queste forze ha caratteristiche del tutto diverse da quelle presenti nell’azione combinata degli eserciti dei paesi arabi nel 1948-49, nel 1967 e nel 1973. Innanzitutto, il fanatismo religioso, di cui si è detto. Se nelle guerre citate, il dato politico era prevalente nell’azione araba, secondo il progetto del protettore sovietico, il cui fine era quello di egemonizzare il Medio Oriente utilizzando lo strumento arabo, oggi è il fanatismo religioso, la jihad, a rendere l’azione islamica indipendente da qualsiasi protezione esterna, perché volta al trionfo dell’Islam nell’intera regione, e poi ancora più avanti. Il fattore religioso, l’ideologia islamista, dunque, non conosce ostacoli perché è libera da legami politici connessi a valutazioni d’ordine strategico, come – è utile ripeterlo – durante la Guerra Fredda.

L’ideologia islamista di conquista del Medio Oriente porta a considerare il secondo fattore del nuovo accerchiamento: i palestinesi presenti in modo significativo all’interno di molte città israeliane. Così, l’attacco di Hamas a Israele ha coinvolto non solo i palestinesi presenti nei territori amministrati dall’Autorità Nazionale Palestinese, ma anche – per la prima volta – i palestinesi che vivono nelle città israeliane. Questa novità rappresenta un successo per Hamas, perché il suo richiamo ideologico-religioso ha fatto breccia in molti settori arabo-israeliani. Il nuovo accerchiamento si arricchisce, così, di un fattore esplosivo interno alla stessa realtà territoriale israeliana. Infine, il terzo elemento che distingue l’attuale accerchiamento da quello delle tre guerre precedenti è la modernità degli armamenti, che provengono dall’Iran e, in parte, dalla Turchia. Nelle guerre contro Israele, gli arabi hanno combattuto facendo uso delle armi tradizionali, facendo affidamento su un’azione di penetrazione armata nel territorio di Israele, secondo la consueta strategia militare. Oggi gli aggressori di Israele utilizzano missili, razzi e tutte le novità tecnologiche della guerra moderna. Se questo tipo di aggressione dovesse implicare l’azione congiunta delle formazioni terroristiche (Hamas, Jihad islamica, Hezbollah) lungo l’intero arco dei confini dello Stato ebraico, i problemi difensivi di Gerusalemme si moltiplicherebbero, ponendo una gravissima minaccia alla tenuta difensiva del Paese.

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Antonio Donno

takinut3@gmail.com

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