IC7 - Il commento di Dario Peirone
Dal 2 all'8 maggio 2021
Successi economici e propaganda antisionista

Akiva Tor
Da diversi mesi ormai Israele è balzato agli onori delle cronache   come mai prima, non per il conflitto con i palestinesi ma per la sua   capacità tecnologica e la rapidità nel piano delle vaccinazioni contro   il Covid19. Anche in questo caso, Israele è stato il laboratorio del   mondo, pagando il vaccino al doppio del prezzo europeo e impegnandosi a   condividere i dati sulla sua efficacia con la casa farmaceutica Pfizer.   Questa decisione coraggiosa è avvenuta principalmente grazie   all’autorevolezza e alla capacità del Primo Ministro Benjamin Netanyahu,   oggi il “grande odiato” della politica israeliana. Eppure, i risultati   che è riuscito a raggiungere negli ultimi 12 mesi sono impressionanti.  
 La relazione privilegiata con l’amministrazione Trump ha portato   risultati inimmaginabili fino a poco tempo fa, come gli accordi di pace   cosiddetti “di Abramo”. Questi accordi hanno aperto grandi opportunità   economiche per Israele che, pure, dagli inizi degli anni 2000 (anche  per  merito delle politiche economiche di Netanyahu) aveva già avuto   un’impressionante crescita del PIL e si è imposta come centro   tecnologico mondiale.  Un mio caro amico, Akiva Tor, già console   israeliano a San Francisco (in pratica, il rappresentante della Silicon   Wadi nella Silicon Valley) è stato scelto proprio da Netanyahu come   ambasciatore israeliano in Corea del Sud. Anche in questo caso,   l'obiettivo è economico: da lungo tempo si parla del primo accordo di   libero scambio tra la Corea e Israele, che sarebbe anche il primo di   Israele con un paese dell'Asia e il primo della Corea con uno stato del   Medio oriente. 
L’accordo dovrebbe produrre molti vantaggi, infatti oltre il 95%   delle esportazioni israeliane in Corea potrebbe diventare esente da dazi   doganali, con la riduzione di dazi su macchinari e apparecchiature   elettroniche, dispositivi meccanici, fertilizzanti, apparecchiature   mediche, cosmetici, prodotti in plastica, metalli, succhi di frutta e   vino. In particolare, l'accordo avrà come conseguenza l’abbassamento dei   prezzi di auto come Hyundai e il suo marchio Kia, che insieme in   Israele detengono una quota di mercato del 33%. Inoltre, diverse   automobili europee, come i veicoli elettrici di VW, utilizzano batterie   prodotte in Corea, quindi si prevede una diminuzione dei prezzi in   Israele anche per quei modelli.  Eppure, nonostante questi successi   economici, Netanyahu non è riuscito a compiere il “miracolo” politico di   riunire il paese intorno alla sua leadership, uscendo dalle ultime   elezioni leggermente rafforzato nei voti, ma politicamente ancora più   indebolito. L’attuale mancanza di leadership è un problema per un paese   come Israele, sempre sotto attacco. Non è un caso che proprio in questi   giorni stiano nuovamente scoppiando scontri con la popolazione araba e   continuino gli attacchi missilistici da Gaza. 
 Neil Rimer
Neil Rimer
Anche i successi economici, senza una forte leadership politica non   possono da soli fare da deterrente contro la propaganda antisionista. È   della scorsa settimana la denuncia del Jerusalem Post dell’ennesimo e   macroscopico esempio di ipocrisia nei confronti di Israele.    Neil   Rimer è un imprenditore svizzero-canadese che vive a Ginevra ed ha   studiato ad Harvard, Stanford e a London School of Economics. Insomma,   il meglio della formazione “progressista” internazionale ed un   formidabile club per fare business. Infatti, Rimer è il fondatore e un   partner di Index Ventures, uno dei primi fondi di venture capital creati   in Europa, con sede a Ginevra.  Dove investe alla grande Index   ventures? Ma ovvio, in startup israeliane.  Stiamo parlando di   investimenti di centinaia di milioni di dollari, con ritorni finanziari   favolosi, che sono cresciuti di anno in anno.  Attualmente, il   portafoglio di Index Ventures che figura nel database israeliano   Start-Up Nation Central comprende 21 società.  Un articolo del 2016 sul   sito web di Index Ventures elenca Israele come una delle tre località  in  cui l'azienda investe in "startup dirompenti guidate dai fondatori   migliori e più ambiziosi". Il sito presenta anche un articolo del 2014   che incoraggia con entusiasmo Israele come "leader mondiale” delle   startup.  Peccato però che lo stesso Rimer, da buon miliardario   “liberal”, sia diventato anche membro del board della ONG Human Rights   Watch (HRW) dal 2009, ed addirittura co-presidente nel 2020. Il suo   profilo sul sito web di HRW lo presenta come importante venture   capitalist, menzionando 11 aziende con cui ha lavorato o in cui ha   investito, nessuna delle quali israeliana. Un bel “venture washing”, per   usare un termine caro agli odiatori di Israele! Una delle sue prime   dichiarazioni, è stata sui pericoli dei governi che utilizzano strumenti   tecnologici per abusare dei diritti umani. Per un imprenditore che   investe in tecnologia, la cosa suona un po’ strana. 
Visto che abbiamo due indizi, ecco infine l'ultima prova. Ad aprile   2021, per la prima volta nella sua storia, Human Rights Watch ha   pubblicato un report accusando Israele di apartheid e invitando le   Nazioni Unite a punirlo con un embargo sulle armi. Alle richieste di   un’intervista da parte del Jerusalem Post, il signor Rimer e il fondo   Index Ventures non hanno però mai dato una risposta. Davvero un grande   esempio di coraggio e coerenza.  Purtroppo, come si vede da questo   esempio, le vie dell'odio contro Israele sono molteplici e subdole, e   non si fanno problemi a sfruttare i vantaggi economici della creatività   israeliana, allo stesso tempo attaccando il diritto degli ebrei a  vivere  in un loro stato.  Speriamo davvero che Israele ritrovi unità e  una  leadership politica forte, perché questa vergognose menzogne e  queste  ipocrisie vanno monitorate e combattute con forza e a testa  alta. 

Dario Peirone, Professore Associato di Economia e gestione delle imprese - Dipartimento di Giurisprudenza, Università di Torino