Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Testata: Italia Oggi Data: 06 marzo 2021 Pagina: 14 Autore: Roberto Giardina Titolo: «Svizzera, referendum sul burqa»
Riprendiamo da ITALIA OGGI di oggi 06/03/2021, a pag.14 con il titolo "Svizzera, referendum sul burqa" il commento di Roberto Giardina.
Roberto Giardina
È un paradosso che mentre siamo tutti obbligati andare in giro con la mascherina anti Covid, domani in Svizzera si andrà a votare per il referendum sul «divieto di dissimulare il volto». In realtà si vuole vietare il burqa e il nikab, che lasciano intravedere appena gli occhi delle donne. Ma per, diciamo, dissimulazione democratica, il divieto riguarda ovviamente gli ultras allo stadio, e manifestanti. Giusto o sbagliato? Il burqa è già proibito dal 2011 in Francia e in Belgio, in Austria dal 2017, e in Danimarca dal 2018. E anche paesi islamici lo vietano: in Tunisia dal 2019, e in Marocco è vietato anche fabbricare e vendere nikab e burqa. In Svizzera, con un referendum sono vietati nel cantone di St. Gallen e in Tessino. E dal 2009 sono vietati i minareti. La legge approvata con referendum è entrata nella Costituzione federale. Nel 2013, il giornalista di Lugano, Giorgio Ghiringhelli, 69 anni, lanciò l'iniziativa «Guastafeste», e ottenne il 65% di «sì». «Oggi vogliamo che il divieto sia esteso a tutta la Confederazione», ha dichiarato. Secondo i sondaggi dovrebbe raggiungere almeno il 60%, ma non è sicuro. Gli oppositori sono forti, anche in parlamento, e come sempre, i liberali e i progressisti hanno lasciato campo libero ai conservatori e ai partiti di estrema destra: chi è contro il burqa è subito accusato di razzismo, e di islamofobia, una definizione in realtà priva di senso. Avere paura di qualcosa o di qualcuno, sia pure immotivata, non è un sintomo di razzismo. I musulmani in Svizzera sono circa 450 mila, e sono bene integrati. Le donne, meno della metà, sono 200 mila, e coloro che portano i burqa sarebbero tra venti e trenta mila. Una battaglia per un problema più che trascurabile? «E una protesta civile», risponde Ghiringhelli, «la Svizzera deve dare un segnale. Diciamo, una questione di principio».
Chi non è d'accordo sostiene che le donne in burqa sono in gran parte turiste, che ignorano il divieto, e a subire un danno sono gli hotel che perdono una clientela ricca. Ma a chi arriva già vengono distribuiti volantini in più lingue. «Siamo contro la strisciante islamizzazione della Svizzera», ha dichiarato Anian Liebrand, promotore dell'Égerkinger Komitee, a favore del «sì». «La nostra cultura è cristiana», ha aggiunto. In realtà, non è questo il problema. Nikab, burqa, e anche il velo islamico non vengono nemmeno nominati nel Corano, sono uno strumento di oppressione maschile, come sostiene l'Imam di Berna Mustafa Memeti. La moschea università al-Azhar al Cairo nega che il burqa sia un simbolo religioso. «E un chiaro segnale che la donna deve essere dominata», ha denunciato l'attivista per i diritti umani, Saika Keller Messahli, svizzera di origine tunisina, «il burqa è uno strumento del fascismo islamico». Non è d'accordo Stefan Manser, del movimento «Operation Libero», secondo cui lo Stato non si deve occupare dell'abbigliamento dei cittadini: «Se proibiamo il burqa non siamo meglio dei Paesi in cui è un obbligo». Siamo sicure che le donne musulmane siano libere di scegliere? «Non si velano perché lo ordina un uomo», Andreas Tunger Zanetti, studioso dell'Islam di Zurigo, non ha dubbi. D'accordo è la sociologa francese Ages De Feo: «Le donne lo fanno per libera scelta, per protesta contro lo sfruttamento del corpo femminile in Occidente». La signora Keller-Messahli, risponde: «Le europee, perfino le femministe, sostengono che deve essere una scelta delle donne, ma civettano con il diritto di scegliere la schiavitù perché sono al sicuro, e mettono in pericolo milioni di donne islamiche che rischiano la vita se si ribellano».
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