Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
La realtà spesso supera l’immaginazione. Martedì 10 novembre è morto, vittima del Covid-19, Saeb Erekat, Segretario generale dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Questo cortese diplomatico, ben noto alle cancellerie occidentali presso cui difendeva la causa palestinese, aveva di recente protestato con forza contro la normalizzazione tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti, e poi il Bahrein. Aveva avvertito i primi sintomi della malattia all'inizio di ottobre e la prognosi era cupa, tenuto conto delle sue precedenti patologie; tre anni prima aveva subito un trapianto di polmone. Appena informato, il re Abdullah di Giordania si era dichiarato pronto a inviare un elicottero per trasportarlo in un ospedale di Amman. L'infrastruttura ospedaliera dell'Autorità Palestinese come si sa, soffre di carenze croniche, dato che i leader di Ramallah preferiscono utilizzare le enormi somme ricevute dai Paesi arabi fratelli e dall'Unione Europea per altri scopi. I palestinesi che necessitano di cure più sofisticate si rivolgono quindi agli ospedali israeliani. Sebbene li utilizzassero, a fronte delle intenzioni di annessione evocate da Israele, Abu Mazen ha posto fine a questa pratica, per colpire Israele nel portafoglio secondo una formula tristemente nota. I piani di annessione sono stati bloccati, ma il Presidente palestinese non ha annullato la sua decisione. Una decisione che senza dubbio vale solo per i comuni cittadini, perché Saeb Erekat, dopo aver cortesemente rifiutato l'offerta del sovrano hashemita, si è rivolto all'ospedale Hadassah di Gerusalemme, dove è stato ammesso l'8 ottobre. E’ morto un mese dopo nonostante le cure fornite dalle equipe mediche che hanno lottato strenuamente per lui, pur sapendo che le possibilità di successo erano scarse se non inesistenti. Per puro caso, il giorno successivo si era riunita l’Assemblea annuale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità per fare il punto sul Covid-19. Scostandosi dall’ordine del giorno, i delegati hanno intrapreso una maratona per condannare Israele, “colpevole” di minare i "diritti alla salute" non solo dei palestinesi ma anche dei siriani sulle alture del Golan.
Bisognava sentire l'indignazione della Siria, di cui conosciamo la sollecitudine nei confronti dei suoi cittadini. Nessuno, ovviamente, ha menzionato gli ospedali da campo allestiti con grande rapidità dal "nemico sionista" per curare i siriani feriti nei combattimenti vicino al confine, compresi molti civili coinvolti nei bombardamenti. Quanto ai palestinesi in Cisgiordania, sono le loro stesse autorità a negare loro i "diritti alla salute" . Lo stesso vale a Gaza, dove Hamas sta deviando fondi destinati alle infrastrutture mediche a beneficio della costruzione di tunnel di aggressione e dell'industria missilistica. Ogni giorno, tuttavia, Israele consente a dozzine di persone gravemente ammalate, spesso bambini, di venire a farsi curare nei suoi ospedali. Per quanto riguarda Israele e le Nazioni Unite, è da tanto tempo che i fatti sono irrilevanti nell'adozione delle risoluzioni. L'Oms ha così deciso di preparare un nuovo rapporto sulle “condizioni di salute nei Territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est, così come nel Golan siriano occupato.” È stata adottata una risoluzione in tal senso: 32 Paesi si sono astenuti, 78 hanno votato a favore, 14 contro tra cui Stati Uniti, Inghilterra, Canada e Germania. Purtroppo la Francia ha votato a favore. Dobbiamo capirla: mentre è così impegnata in un’operazione di pubbliche relazioni ad ampio raggio con il mondo arabo, non può certo permettersi di apparire schierata con Israele.
Michelle Mazelscrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".