Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
La democrazia israeliana ha ancora molto da insegnare all’Occidente, che invece gli addossa ogni colpa 18/04/2020
Riprendiamo dal BOLLETTINO della Comunità ebrica di Milano, aprile 2020, a pag.11, con il titolo "La democrazia israeliana ha ancora molto da insegnare all’Occidente, che invece gli addossa ogni colpa", il commento di Angelo Pezzana.
Angelo Pezzana
L'eterogenea cittadinanza israeliana, in cui tutti hanno pari diritti
Se c’è un paese che incarna in pieno i valori e le regole della democrazia, questo è Israele. Una constatazione che dovrebbe suscitare ammirazione, almeno da parte dei paesi democratici, che, contrariamente di Israele, non devono dipendere la loro sopravvivenza dagli stati confinanti, come è costretto lo Stato ebraico, minacciato di sterminio sin dalla proclamazione nel 1948. Un pericolo reale ancora oggi, tanto da considerare la difesa uno dei valori condivisi da tutti i cittadini. Una democrazia talmente perfetta persino nell’indire per tre volte in un anno le elezioni politiche, non essendo stato possibile la formazione di un governo. E, mentre scriviamo, non è detto che una quarta sia da escludersi. Se Israele di comportasse come i paesi confinanti, tutto sarebbe più semplice. I militari, oltre a essere un bastione a difesa del paese, nel caso di una candidatura in un partito politico, non escluderebbero l’ipotesi di un golpe, soluzione molto popolare nei regimi mediorientali, mai presa in considerazione in 70 anni di campagne elettorali. Anche il numero dei partiti non sarebbe così numeroso da rendere difficile anche un governo di coalizione. Che dire poi della presenza di una coalizione araba diventata il terzo partito alla Knesset? Eppure l’accusa a Israele di essere uno Stato dove vige l’apartheid è diffusa in tutto l’Occidente. E le guerre? Per Israele sono state tutte di difesa, non è mai esistito un governo che abbia dichiarato guerra per primo, eppure le democrazie occidentali continuano a schierarsi dalla parte dei nemici di Israele, abbondano le accuse all’Occidente di essere alla radice di tutte le guerre imperialiste, leggasi Usa e Israele, ignorando i regimi terroristi che le guerre le fanno davvero, arrivando, come in Iran, a minacciare la distruzione nucleare di Israele.
La Knesset
La metà dell’elettorato israeliano continua a votare Netanyhau, l’altra metà, pur riconoscendogli tutti i meriti che gli spettano, non riesce a mettere insieme i voti indispensabili per raggiungere il 61%, pronta ad allearsi al Partito arabo, una scelta che – grazie al sistema democratico di Israele- porterebbe a condividere le stanze del potere un raggruppamento politico che potrebbe significare la sconfitta in un prossimo, possibile, attacco terroristico. Una eventualità sottovalutata da una coalizione anti-Bibi che ha dimenticato l’eredità progressista di David Ben Gurion che ha posto le basi di uno Stato che ancora e soprattutto oggi ha molto da insegnare alle deboli, annaspanti democrazie europee.
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