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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale Rassegna Stampa
02.03.2020 Israele domani al voto: Netanyahu in vantaggio nei sondaggi
Analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 02 marzo 2020
Pagina: 11
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Israele al voto, ultima occasione per Netanyahu»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 02/03/2020, a pag. 11 con il titolo "Israele al voto, ultima occasione per Netanyahu" l'analisi di Fiamma Nirenstein.

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Fiamma Nirenstein

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Benny Gantz, Benjamin Netanyahu

Quello che veramente tutti gli israeliani sperano per le prossime elezioni, è che sia l'ultima volta per un bel pezzo. E' infatti la terza volta che il dilemma Netanyahu attanaglia la vita politica e che gli israeliani sono costretti, in pochi mesi, ad andare alle urne: sono soldi, stress, accuse, scontri mortali, maldicenze e attacchi che spaccano il Paese e la sua tradizionale unità. Dopo undici anni da Primo Ministro, Bibi soffre un assedio che ha determinato una campagna elettorale poco sostanziale: sia il Likud di Netanyahu che "Blu e Bianco" di Benny Gantz piuttosto che impegnarsi sui temi strategici sono stati tutti presi da un tema solo: "Solo Bibi" oppure "Tutto fuorché Bibi". Questo ha spinto a calunnie, uso smodato di registrazioni telefoniche, continue accuse di indegnità e corruzione e di riferimenti al processo cui Netanyahu sarò sottoposto il 17 marzo; e ce n'è anche per Gantz, sospetti di corruzione e sesso improprio compresi. Il Paese è spaccato a metà, anche se nelle ultime ore il partito di Netanyahu ha guadagnato un seggio per raggiungere il numero magico di 61, quello con cui si forma la coalizione. Al momento, Netanyahu può contare su 58 seggi con gli alleati (il Likud ne ha 34) e Gantz arriva a 57 solo con la lista araba, con cui dice di non volersi imparentare. Il solito Yvette Lieberman col suo partito russo ora 7 seggi, che è mosso da un evidente odio per Bibi può impedire la formazione di qualsiasi governo. Complica le cose la scelta di Gantz e dei suoi partner di scegliere una strada quasi identica a quella di Bibi: sicurezza e difesa mentre si cerca la pace coi Palestinesi; rispetto dell'ebraismo religioso ma anche per la laicità (ambedue i leader sono laici); grande passione per l'high-tech senza dimenticare i piccoli imprenditori, gli impiegati, i lavoratori; sicurezza sociale nella sanità, la scuola... Tutto uguale. C'è una differenza, anche se sfumata: Trump. Netanyahu è lo statista che ha stabilito col presidente USA un rapporto che li ha condotti a disconoscere il patto con l'Iran, a portare l'ambasciata a Gerusalemme, a riconoscere il Golan come parte d'Israele e a disegnare un piano che vede i territori disputati in buona parte dentro Israele. Gantz anche se ha dichiarato che adotterà il piano, ci tiene a aggiungere che stabilirà di nuovo un buon rapporto con i democratici americani. Un'impresa difficile, tuttavia, da quando Bernie Sanders attacca Israele frontalmente con toni corbyniani. Non sono i democratici alla Clinton quelli di oggi. Ma del resto Gantz, che vuole raccogliere sotto la sua egida la sinistra, non è Ytzchak Rabin, o Shimon Peres.

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