Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Questo libro trae spunto dal ricordo di un amico e dai racconti che il nonno di questi soleva fare sui propri antenati, risalendo di generazione in generazione fino all'anno Mille. Questo libro, sfociando nella tragedia dell'Olocausto, fa di questo fatto storico l'ultimo atto del lungo percorso dell''essere' ebraico e di una continuità storica che era soprattutto continuità spirituale. Il legame tra passato e presente, il filo unico di questa continuità, è affidato alla 'leggenda dei giusti', uomini che assumono su di sé la sofferenza degli altri, rendendone possibile la sopravvivenza in un mondo carico di dolore.
"Il sole, sorgendo sopra un villaggio polacco o lituano, più non incontrerà alla finestra un vecchio ebreo che biascia salmi e un altro che s'avvia alla sinagoga" (Isaac Katznelson, Canto del popolo ebraico assassinato)
"Sotto le nereggianti volte dell'alba, quel piazzale calpestato da centinaia di piedi ebraici non sembrava reale. Presto però l'occhio avido di Erni colse particolari allarmanti: qua e là, sul terreno frettolosamente scopato giacevano ancora oggetti abbandonati, fagotti di indumenti, valigie spalancate, pennelli da barba, pentolini smaltati...."
"Ascoltavano senza capire: un'ombra di sorriso correva sulle loro labbra martoriate"
Questo di Schwarz Bart, un autore che Elie Wiesel nelle sue memorie festeggia con sentita partecipazione e rinnovato interesse, è un libro intenso, malinconico, narra della persistenza della parola, echeggia il grido ricacciato in gola dei deportati, le vittime di ogni dove del totalitarismo. E' malinconica la scrittura, la sua musica intrinseca, perchè "questa storia non finirà su una tomba che un giorno andremo memori a visitare", ed è forse questa la cosa più terribile, che i cari, i parenti di chi non c'è più, non hanno avuto nemmeno la possibilità di recitare il kaddish per di defunti. Paul Celan lo sapeva bene, intuì la terribile inconsistenza di una morte resa cenere, trasparente, una "montagna" come la chiama lui, la Niemandrose.