Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Nel settembre del 1946 una oscura rivista in lingua yiddish di Buenos Aires, "El diario di israelita", pubblicava "Yossl Rakover si rivolge a Dio" presentandolo come ultimo messaggio scritto da un combattente del ghetto di Varsavia mentre il cerchio della morte si stringeva minuto dopo minuto, intorno a lui - e ritrovato "tra cumuli di pietre carbonizzate e ossa umane, sigillato con cura in una piccola bottiglia". Pochi conoscevano allora con precisisone la storia della rivolta ebraica di Varsavia e della tragedia che con essa si consumò, ma subito il testo dell'ignoto combattente che, simile a un nuovo Giobbe, chiama in causa Dio e il suo silenzio di fronte al trionfo dell'orrore cominciò una lunga e singolare peregrinazione per il mondo, fra Israele, Germania, Francia, Stati Uniti - trasformadosi via via, di traduzione in traduzione, in leggenda.
Così la breve e fiera apostrofe a Dio di Yossl Rakover divenne simbolo, lascito testamentario di chi si rivolta contro l'iniquità. E quando il vero autore si fece vivo, rivelandosi come un ebreo lituano emigrato in Palestina allo scoppio della guerra, ci fu chi non volle accettare i fatti. Ne nacque una lunga vicenda di dispute, altamente borgesiana, che finalmente Paul Badde è riuscito a ricostruire: il suo resoconto viene qui proposto insieme a un saggio di Emmanuel Lévinas, che già nel 1955 aveva letto il testo di Kolitz come un "Salmo moderno" nel quale "tutti noi superstiti riconosciamo con sbalordito turbamento la nostra vita".