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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa Rassegna Stampa
12.12.2019 Algeria oggi al voto per le presidenziali
Cronaca di Francesca Paci

Testata: La Stampa
Data: 12 dicembre 2019
Pagina: 16
Autore: Francesca Paci
Titolo: «Oggi alle urne per il presidente tra boicottaggi e proteste»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 12/12/2019, a pag.16, con il titolo "Oggi alle urne per il presidente tra boicottaggi e proteste" l'analisi di Francesca Paci.

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Francesca Paci

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L'Algeria va al voto

Sarà l'ex ministro della cultura e giornalista Mihoubi, oggi sostenuto dal Fronte di liberazione nazionale, a occupare la poltrona che per vent'anni è appartenuta a Bouteflika? Oppure Tebboune, che nel 2017, durante i suoi tre mesi da premier, sfidò, giustizialista ante litteram ancorché integratissimo insider, gli oligarchi al potere? E' possibile anche che il prossimo presidente algerino sia Bengrina, leader del partito islamista moderato MSP, quella Fratellanza Musulmana su cui negli anni '90 il Paese ha fatto leva per sconfiggere il terrorismo fondamentalista. Gli altri due candidati, l'ex premier Benflis e Abdelaziz Belaid, paiono in queste ore meno favoriti, ma, in assenza di sondaggi, tutto è possibile. Ed è questa, al netto delle proteste in corso da dieci mesi, la vera novità del voto algerino, l'unico punto su cui governo e opposizione concordano: il 22 febbraio 2019 segna il punto di non ritorno.

Gli auto-esclusi «Per la prima volta in Algeria i 5 sfidanti si sono confrontati in tv come finora nella regione è successo solo in Tunisia, per la prima volta hanno tutti le stesse chance» spiega Milat Abdelhafid, numero due dell'Autorité Nationale Indépedante des Elections, il nuovo organismo supervisore del voto che la piazza contesta in quanto espressione del "pouvoir" ma che di fatto svolge un compito finora appannaggio esclusivo del ministero dell'Interno. Il movimento, in arabo "hirak", non demorde. Affiancato dai partiti d'opposizione, che non hanno presentato candidati perché considerano le procedure con cui sono state pianificate le elezioni espressione del vecchio sistema, sfila e invoca il boicottaggio. Domani, quando arriveranno i risultati, a migliaia promettono di ritrovarsi in strada per ribadire che «tutti vuol dire tutti», che dopo Bouteflika deve andar via l‘intera struttura di potere. Gli attivisti di "hirak", nonostante gli arresti delle ultime tre settimane, giurano che andranno avanti. La sensazione però è che il vento del cambiamento soffi anche nei palazzi delle istituzioni, che una nuova generazione abbia preso il posto di quella legittimata dalla Storia. Prova ne sia, conferma l'avvocato e leader dell‘opposizione Zubeida Assaoul, la repressione molto contenuta: «I manifestanti non hanno rotto una sola vetrina ma anche la polizia non ha mai usato la forza, è come se il trauma della violenza della guerra civile permei l‘intera società, nessuno ha nostalgia del sangue».

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