Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
In 70 anni Israele è rimasto uno stato democratico, come il suo leader Bibi Commento di Angelo Pezzana
Testata: Bet Magazine Data: 03 agosto 2019 Pagina: 11 Autore: Angelo Pezzana Titolo: «In 70 anni di guerra Israele è rimasto uno stato democratico come il suo leader Bibi»
In 70 anni di guerra Israele è rimasto uno stato democratico come il suo leader Bibi Commento di Angelo Pezzana
David Ben Gurion
Israele ha un sistema elettorale proporzionale, se possibile ancora più estremo del nostro, per cui il governo che ne deriva è sempre una coalizione. Così è avvenuto lo scorso aprile, con il risultato che ha costretto Netanyahu a indire nuovamente le elezioni anticipate il 17 settembre prossimo, un avvenimento unico nella storia di Israele, per l’oggettiva impossibilità di avere una maggioranza. Non era l’unica opzione, avrebbe potuto, secondo una prassi comune, avvalersi di un compromesso, promettere ai partiti religiosi che sarebbe venuto incontro alle loro richieste e fare altrettanto con Avigdor Lieberman, promettendo anche a lui mari e monti, attitudine molto diffusa anche da noi quando c’è da tenere in piedi un governo pericolante. Netanyahu ha invece escluso questa possibilità, ha scelto di indire nuove elezioni, con il rischio di perderle, cosa tutt’altro che improbabile considerando l’attribuzione dei seggi delle precedenti elezioni. Se questa scelta l’avesse fatta un premier di un altro paese democratico europeo, gli elogi si sarebbero sprecati: leader coraggioso, un politico dalla schiena diritta, rifiuta un compromesso e mette a rischio la propria rielezione, quando poteva tirare a campare come fanno tutti e via di questo passo. Invece no, tutti i media, persino i giornaloni, sono andati giù pesanti: Corriere della Sera ‘Bibi resta solo’, La Repubblica ‘Netanyahu, l’ultima sconfitta’, La Stampa ‘Smacco a Netanyahu’, simili a quelli che non perdono mai una occasione per attaccare Israele: Il Manifesto ‘Il crollo di Bibi, il grande mago’, Il Fatto quotidiano’Il Bruto israeliano che ha pugnalato King Netanyahu’. In un caso simile, avrebbero usato lo stesso linguaggio per Macron, Merkel, May tanto per fare dei nomi? Netanyahu, oltre all’essere israeliano, ha governato troppi anni per non destare invidie, a casa propria e ostilità nei paesi che invece di sottolineare come Israele, pur vivendo da 70 anni in un clima di guerra, è riuscita a salvaguardare le proprie istituzioni democratiche da qualsiasi tentazione autoritaria. Un merito troppo grande da riconoscere allo stesso uomo. Quello che impressiona è però l’uniformità delle critiche, che ricordano sempre –non importa quale sia il contenuto- che Bibi è sotto indagine, che potrebbe essere condannato, che il Procuratore Generale dello Stato sta per incriminarlo, peccato che non abbia le prove sufficienti. Insomma, Bibi non è innocente, ma mancano le prove per giudicarlo colpevole. Come si fa a non augurargli un meritato successo il 17 settembre?
Angelo Pezzana
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