Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Algeria, continuano le proteste: 'Basta dittatori!' Cronaca di Francesca Paci
Testata: La Stampa Data: 06 aprile 2019 Pagina: 21 Autore: Francesca Paci Titolo: «'Basta dittatori': non si ferma la protesta degli algerini»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 06/04/2019, a pag. 21, con il titolo " 'Basta dittatori': non si ferma la protesta degli algerini", la cronaca di Francesca Paci.
Francesca Paci
Abdelaziz Bouteflika
L’ormai ex presidente algerino Abdelaziz Bouteflika è stato messo da parte, si è scusato, ha chiesto perdono, ma non serve: la piazza, dopo 30 anni di silenzio, non è più disposta a tacere accontentandosi di vaghi compromessi in nome della pace sociale. Così ieri, per il settimo venerdì consecutivo, decine di migliaia di giovani e meno giovani hanno manifestato nel centro di Algeri (ma anche a Orano e Constantine) chiedendo «la fine pacifica del regime dittatoriale» e la cancellazione delle «3 B» (alias il potente trio del partito di Bouteflika, Fln: il presidente della Camera alta e formalmente presidente ad interim Abdelakder Bensalah, il capo del Consiglio Costituzionale ed ex ministro dell’interno Tayeb Belaiz e il primo ministro Noureddine Bedoui). Rafforzati da quanto ottenuto finora senza violenza, gli algerini non arretrano, vogliono «il completo superamento della struttura politica» del Paese, vale a dire Bouteflika ma anche tutto «le pouvoir», come viene chiamata la catena di comando.
Il ruolo dell’esercito In meno di 2 mesi il gigante africano, ricchissimo di gas e di petrolio ma anche di un capitale giovanissimo quanto marginalizzato, si è ritrovato sottosopra. Le manifestazioni, iniziate in protesta contro la ricandidatura dell’82enne e gravemente malato Bouteflika per conquistare il quinto mandato, hanno visto gli studenti guadagnare via via il consenso di fette sempre più ampie della società e infine dell’esercito che una settimana fa, per bocca del ministro della Difesa e capo delle forze armate Gaid Salah (un coetaneo del presidente), ha rotto gli indugi schierandosi con il popolo. A poco sono valsi la rimozione del presidente, il rimpasto di governo, la road map offerta per riscrivere la Costituzione e da ultimo ieri il siluramento del capo degli 007 generale Tartag . Gli algerini - che hanno coniato il verbo «vendredir» per indicare «il manifestare, il protestare e lo sfilare ogni venerdì fino alla gioiosa cacciata di un potere corrotto» - sono determinati a compiere la traversata nel deserto, quell’emancipazione politica rinviata finora perché gravata dai fantasmi della guerra civile costata al paese 200 mila morti e la paralisi di una generazione. Gli slogan parlano chiaro, la volontà della piazza è impedire che gli ex-fedelissimi del presidente caduto gestiscano la transizione. «Non perdoneremo», hanno scandito per ore i cortei dispiegati nella capitale, riferendosi alla lettera di scuse inviata alla nazione da Bouteflika. La chiave di volta, concordano gli analisti, è l’esercito. Le potenze regionali, dall’Arabia Saudita all’Egitto (ma anche la Francia) seguono vigili. Nel 2011 la frustrazione popolare, forte sin da allora, rientrò negli argini in extremis per la paura, spontanea o indotta, di un nuovo bagno di sangue stile anni ’90. Ora però tocca ai Millennials, quelli più liberi dal passato ma consapevoli come i genitori.
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