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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Lettera da Israele 2a parte - Libero 20-02-04
E' una strana guerra questa. Da una parte c'e' un esercito tra i meglio preparati e quindi piu' forte del mondo. Dall'altra terroristi fanatici, senza divisa, che aspirano piu' a morire che a vivere, organizzati in gruppi che hanno fatto dell'attivita' criminale contro Israele la loro ragion d'essere. Le forze in campo sono decisamente sproporzionate, ma paradossalmente la maggior potenza di Israele non gioca a suo favore. Cosi' come l'essere uno stato democratico sotto attacco non ha prodotto comprensione e solidarieta' dagli stati europei anch'essi democratici. Al contrario. Si direbbe che a Israele manchino quelle parole che invece il furbo Arafat ha saputo abilmente lanciare sulla scena internazionale, con l'aiuto incondizionato dei media. Intifada, Occupazione, entrano dritte dritte nel cervello della gente, non hanno bisogno di spiegazioni. Bastano le immagini della televisione che non vanno per il sottile. Guardare sul piccolo schermo un soldato israeliano che controlla un palestinese a un checkpoint (quasi sempre disarmato, a volte anziano oppure una donna con un bambino in braccio) vuol gia' dire farsi una opinione. Preconcetta, perche' lascia lo spettatore privo della storia che c'e' dietro a quelle immagini. Israele ha invece il difficile compito di spiegare perche' ha il diritto-dovere di difendersi, di proteggere i suoi cittidini. E di spiegarlo soprattutto ad una opinione pubblica europea che del Medio Oriente conosce soltanto le semplificazioni. Ecco perche' e' cosi' facile mettere Israele sotto processo per la costruzione della barriera difensiva, quel " muro" che nei prossimi giorni verra' brandito come una clava al tribunale internazionale dell'Aja.

Siamo andati a guardare in faccia quel muro, per chilometri e chilometri, per capire perche' e' stato costruito, per spiegarne le ragioni, per cercare di raccontare quanto quel muro non sia altro che una risposta al terrorismo. mischiato all'azione di delegittimazione, che finora Arafat ha condotto con indubbia abilita'.

Diciamo subito che la barriera difensiva non e' quel muro che un giornalismo compiacente e complice ha voluto farci credere. Quando il reticolato, perche' questo e' il suo vero nome, sara' completato avra' una lunghezza di circa 700 Km, dei quali soltanto meno del 3% sara' un muro vero e proprio. Una rete alta tre metri, dove non passa nessuna corrente (come sovente e'stato scritto), ma solo dei sensori che segnalano se qualcuno cerca di attraversarla illegalmente. Quel qualcuno sono i terroristi suicidi che finora sono entrati in Israele per fare strage di cittadini., mentre ora, nei luoghi dove la barriera e' stata costruita, non e' piu' possible. Se si osserva la carta geografica di Israele appare evidente la facilita' con la quale i terroristi arrivavano in Israele dai territori palestinesi. La vicinanza con le citta' israeliane rendeva fin troppo breve il viaggio dei terroristi. Fra Tulkarem e Natanya ci sono 14 Km, tra Kalkilia e Kfar Saba 7, da Jenin ad Afula 14. Numeri che spiegano quanto fosse urgente per Israele risolvere il problema della sicurezza. Di fronte ad una Autorita' palestinese che non solo non ha fermato il terrorismo, come richiesto dalla risoluzione 425 del Consiglio di Sicuerra dell'ONU prima e dalla Road Map dopo, ma che ha fatto di tutto per aumentare gli atti criminali con la seconda intifada, cosa poteva fare Israele, dopo che tutti i tentativi per difendersi si erano dimostrati inutili ?

Che la barriera circondi poi i villaggi arabi , impedendo la liberta' di movimento ai palestinesi che si troverebbero imprigionati in una sorta di prigione, e' un altro falso che ci e' stato servito in abbondanza. La rete si frappone solo come divisione verso Israele, lasciando completamente libera la circolazione all'interno dell'Autorita' palestinese. Ma anche dove la barriera esiste vi sono porte aperte al passaggio sia delle persone che delle merci. Sono molto visibili dal loro colore giallo, porte che sono aperte per un periodo totale di sette ore in quattro momenti della giornata. Certo l'ingresso in Israele e' diventato piu' complicato, ma i palestinesi devono chiederne conto alla loro leadership, che non ha dato alternative. . Anche il passaggio attraverso i checkpoint non e' una esperienza piacevole. Ma non e' vero che i soldati israeliani siano come li dipingono molti media che invece di fare informazione hanno preferito la propaganda. Vengono descritti come insensibili e incuranti alle sofferenze di chi e' costretto a fare lunghe code prima di entrare in Israele.

"Vedo una donna con un bambino in braccio che piange, vado verso di lei per aiutarla, ma di colpo mi fermo", ci racconta un giovane soldato con la divisa verde di Zahal (le forze di difesa), " ma poi mi fermo di colpo. E se fosse una terrorista pronta a farsi saltare in aria ? E' una tecnica gia' usata altre volte, se fosse cosi' tra un minuto sarei morto anch'io, Mi fermo e non mi avvicino. Sono davvero insensibile ?"

A Gerusalemme est, al confine della citta' con Abu Dis (forse la futura capitale dello stato di Arafat) il muro c'e' davvero. Alto otto metri, finora ha impedito che da quel punto entrassero nella capitale altri terroristi, dopo i diciannove che vevano scelto quel facile ingresso. E' lungo solo un chilometro e ottocento metri, ma il suo effetto lo fa. Se nossono negare pero' le conseguenze positive per la vita stessa degli israeliani ?

Non va dimenticato poi che la barriera/muro non e' una risposta definitive, e non vuole essere altro che una misura di difesa, che puo' essere eliminata in qualsiasi momento. Tradotto in pratica vuol dire quando Arafat si rendera' conto che ha vinto e puo' vincere ancora molte battaglie, ma la guerra l'ha persa. Definitivamente.

La barriera non e' nemmeno un confine stabilito da Israele a danno dei palestinesi, come e' stato scritto. Sara' un accordo di pace, che prima o poi arrivera', a stabilire la divisione tra lo stato ebraico e quello palestinese. A quel punto il muro potra' essere rimosso, con buona pace di quanti hanno evocato l'apartheid, il colonialismo, il muro di Berlino e Hitler. Dimenticando che la morte di cittadini innocenti e' intollerabile in qualunque democrazia. Negli stati che circondano Israele si possono eliminare migliaia di cittadini nell'indifferenza dell'opinione pubblica mondiale. La notizia dura ventiquattr'ore e poi scompare. Ma guai a Israele se si permette di difendersi. Si delegittima lo stato e si demonizza un muro e una rete metallica.

E chi uccide cittadini innocenti non e' un assassino, un terrorista. E' un militante. C'e' da stupirsi se quella di Arafat non e' ancora stata chiamata resistenza.

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