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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Dopo Capucci, monsignor Sabbah 02-04-03
Michel Sabbah non è un signore qualunque. E'il patriarca di Gerusalemme, come dire l'autorità numero uno dei cattolici della Terra Santa. E se viene a tenere una conferenza al centro delle Missioni della Consolata di Torino, l'avvenimento non è periferico ma riveste , soprattutto in un momento come questo, rilevanza nazionale.

Non sarà male ricordare che Sabbah è il successore di quel Mosignor Hylarion Capucci, che invece di occuparsi delle anime del suo gregge aveva trovato un'altra occupazione più interessante, quella di corriere che procurava armi per l'organizzazione di Arafat. Le autorità israeliane lo colsero in flagrante quando scoprirono che la sua mercedes diplomatica non trasportava documenti vaticani riservati ma bombe, bazooka,fucili e pistole destinati al terrorismo palestinese. Non valse la pur lecita invocazione del Capucci alla lesa immunità diplomatica. Un conto è il passaporto diplomatico, un altro farsi di fatto corriere del terrorismo. Arrestato, fu condannato a diversi anni di prigione. Fu liberato dopo averne scontato solo una piccola parte su insistenza del Vaticano. In cambio della libertà a Israele venne promesso che Capucci non si sarebbe mai più occupato di politica, meno che mai mediorientale, e che avrebbe esercitato il suo mandato pastorale in qualche paese dell'America latina. Promessa non mantenuta, visto che Capucci è presente in Italia in tutte le manifestazioni pro-palestinesi, assiste fiero al rogo delle bandiere americane e israeliane, lanciando proclami di pura violenza. E non sono rare le immagini che lo vedono accanto al Papa.

Fiero evidentemente di tanto predecessore anche Mosignor Sabbah ne segue le orme. Fatto salvo, fino a prova contraria, del traffico delle armi, il liguaggio e la politica esercitata sono gli stessi.

Anche a Torino ha parlato contro l'attacco anglo-americano contro Saddam Hussein, perchè,sostiene, a causa della guerra si sta trasformando in eroe, in un simbolo. "Lo scontro non doveva avere luogo, perchè nulla può permettere ad un paese, qualunque sia la sua forza, di invaderne un altro" ha dichiarato, forse ricordande quando durante la prima guerra del golfo il Vaticano si schierò con Saddam Hussein contro gli alleati. Eppure allora un paese, l'Iraq, invase il Kuweit. Come mai allora Sabbah si schierò con uno stato che ne invadeva un altro ? Oggi è sbagliato e allora era giusto ?

"Questo conflitto deve cessare quanto prima altrimenti si continua a condannare l'umanità al sentimento della guerra", ha poi affermato il monsignore. Incurante del fatto che Saddam Hussein è non solo un pericolo per la pace mondiale, ma un dittatore criminale nel confronti del suo stesso popolo. Mai una parola di cristiana pietà sui curdi gasati a migliaia, mai un accenno al regime di terrore nel quale vivono gli iracheni, mai sentite nominare le fucilazioni e impiccagioni quotidiane per chi osa avanzare anche timidamente qualche critica.

Tutto questo sfugge a Monsignor Sabbah, tutto preso dal ricordo "dei 13 palestinesi che trovarono rifugio nella chiesa della Natività a Betlemme". Che la storia sia andata diversamente poco importa al disinvolto patriarca. Adesso è la volta del cattivo Israele, si può anche mentire capovolgendo le cifre. I palestinesi cristiani starebbero abbandonando Israele, mentre è vero il contrario. L'esodo degli arabi cristiani avviene dai territori palestinesi, dove le condizioni di vita imposte dalla maggioranza musulmana sono sempre più difficili da sopportare. E da lì che se ne vanno gli arabi cristiani, non da Israele,

Ma questo il patriarca non lo dice, preferendo la parte dell'agit-prop. Lui la Palestina la vuole così. Anti-israeliana, anti-americana e anti-occidentale. Alla fine invoca la pace e invita il pubblico ad affidarsi alla preghiera e alla speranza. Un invito corretto, peccato che arrivi alla fine di un incontro dove la difesa della democrazia ha ceduto il passo alle posizioni più estreme in difesa delle dittature.

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