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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa Rassegna Stampa
18.04.2018 Ecco come finisce un movimento irretito dall'ideologia
Commento di Giulia Zonca

Testata: La Stampa
Data: 18 aprile 2018
Pagina: 39
Autore: Giulia Zonca
Titolo: «Il pugno chiuso del Pride»

Riprendiamo dalla STAMPA - TORINO di oggi, 18/04/2018, a pag. 39, con il titolo "Il pugno chiuso del Pride", il commento di Giulia Zonca.

Giulia Zonca chiarisce come finisce un movimento irretito dall'ideologia del passato. E' la stessa ideologia - quella del pugno chiuso - che non consente di capire la realtà di Israele, l'unico Paese del Medio Oriente in cui la comunità Lgbt può vivere senza vessazioni e persecuzioni, come testimoniano i grandi gay pride che ogni anno si svolgono a Tel Aviv e a Gerusalemme.

Ecco il commento:

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Giulia Zonca

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Il Gay Pride di Tel Aviv

Un pugno è sempre chiuso, anche se è colorato. È un gesto da barricata che non si addice all’arcobaleno. Il Pride Piemonte lo ha voluto e scelto come simbolo del 2018 «come gesto di lotta» e sì, certo, c’è sempre bisogno di lottare per diritti continuamente messi in discussione, in posti che ancora faticano a riconoscere la semplice idea che un bambino possa avere due mamme. Tutto vero, ma resta un pugno. Anche con il revival messo in circolo dall’anniversario del 1968, anche con il tocco variopinto che si fa subito pesante su quella mano serrata.

Il movimento Lgbt ci ha abituato a guizzi brillanti, a tinte vivaci, a slogan contemporanei, a squarci di leggerezza. Quelli che servono per capire temi incredibilmente seri. È difficile abbinare questo fermento, questa spinta, a un gesto ancorato nel passato. Forte eppure limitato, inevitabilmente retrò: evoca resistenza e anche disperazione.
Dicono che vuole essere un’opposizione decisa ai tempi bui, ma per quello, per contrastare l’oscurità culturale, c’è l’arcobaleno che di solito arriva dopo la tempesta, oltre il tumulto, al posto dei pugni. Quando invece di resistere è ora di costruire.
L’anno scorso al Pride di Los Angeles si è visto il cartello con lettere glitter «Resist now. Brunch later». Ecco, l’ironia picchia più duro.

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