Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Cannabis terapeutica: una non-notizia diventa uno spunto per un commento contro Netanyahu Da parte di Davide Frattini
Testata: Corriere della Sera Data: 10 febbraio 2018 Pagina: 17 Autore: Davide Frattini Titolo: «Una telefonata dagli Usa. E Netanyahu rinuncia all’affare della cannabis»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/02/2018, a pag. 17, con il titolo "Una telefonata dagli Usa. E Netanyahu rinuncia all’affare della cannabis", il commento di Davide Frattini.
La cannabis terapeutica continuerà a essere legale in Israele. Quella ripresa da Davide Frattini è perciò una non-notizia, funzionale però al suo commento astioso verso Benjamin Netanyahu, accusato di aver cambiato idea sulle esportazioni israeliane di cannabis terapeutica dopo una telefonata con Donald Trump. I giudizi di Frattini non sono però supportati da dati certi, ma solo da supposizioni e dai pregiudizi del giornalista.
Ecco l'articolo:
Davide Frattini
I due ministri camminano insieme nella serra, accarezzano le foglie verdi, si fermano davanti alla telecamera. Un comizio circondati dalle piante di marijuana. La più persuasiva è Ayelet Shaked, alla Giustizia e tra i leader nel partito dei coloni: «Siamo la locomotiva, non possiamo diventare uno dei vagoni». Ovvero perdere il primato nella coltivazione di cannabis terapeutica e rinunciare a oltre 1,2 miliardi di dollari in esportazioni. È quello che vuole dal suo governo il premier Benjamin Netanyahu: ha imposto di congelare la legge e il progetto approvati un anno fa , un favore — scrivono i giornali israeliani — che gli avrebbe chiesto Donald Trump. Il presidente è contrario alla legalizzazione promossa dal predecessore Barack Obama, l’erba per scopi medici è ormai acquistabile nei dispensari di 28 Stati americani e in altri è disponibile anche per uso ricreativo. Netanyahu avrebbe raccontato della telefonata ricevuta dalla Casa Bianca e spiegato di non voler irritare il leader americano, anche se gli Stati Uniti non diventerebbero il compratore principale. Israele così rinuncerebbe a essere il pioniere di un flusso planetario che gli analisti finanziari ormai chiamano l’«oro verde».
A Tel Aviv si ritrovano fra un mese e mezzo gli innovatori, inventori, investitori di questo mercato globale. Per due giorni alla fiera Cannatech discutono dei nuovi metodi per estrarre gli oli essenziali dalle piante (i medici israeliani prescrivono ai bambini epilettici le gocce ripulite degli ingredienti psicoattivi) o dei vaporizzatori che permettono ai malati di cancro (è efficace contro la nausea e il dolore) di assumere la marijuana terapeutica senza gli effetti nocivi del fumarla. Nel 2016 il gigante americano del tabacco Philip Morris ha investito 20 milioni di dollari nella start-up israeliana Syqe che produce un inalatore per controllare il dosaggio fino ai milligrammi. Il premier israeliano spiega in modo ufficiale di aver cambiato idea dopo aver letto un nuovo rapporto del ministero degli Interni, che pure un anno fa aveva dato il via libera: la crescita nella produzione aumenterebbe il rischio che la marijuana di Stato finisca sulle strade, alimenti il mercato dello spaccio.
Benjamin Netanyahu
Ayelet Shaked da ministra della Giustizia risponde che le denunce (zero) dimostrano l’opposto: «In tutti questi anni non ci sono stati casi di furti o condanne per il traffico di cannabis coltivata nelle aziende autorizzate. Sono sicura che nel prossimo incontro con Netanyahu riusciremo a convincerlo dopo avergli illustrato i dettagli. Personalmente sono anche impressionata dai benefici che ho visto sui pazienti». Permettere l’esportazione — un piano sostenuto da gran parte della destra al governo e dai partiti di opposizione — aiuterebbe anche a rivitalizzare i kibbutz, le comunità cooperative in crisi economica e ideologica. «Aziende agricole e investitori che hanno puntato sulla decisione precedente rischiano adesso di fallire — commenta l’avvocato Hagit Weinstock, che rappresenta i coltivatori di marijuana —. La scusa che l’erba finirebbe nelle mani degli spacciatori è ridicola: Israele ha già decriminalizzato l’uso personale e tutti fumano, l’eccesso di produzione non farebbe la differenza». Secondo l’Autorità israeliana antidroga il 27 per cento della popolazione tra i 18 e i 65 anni avrebbe fumato erba almeno una volta l’anno scorso. I pazienti che sono autorizzati all’uso di quella medica sono invece 25 mila, ogni mese ne vengono distribuiti quasi 500 chili.
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